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TESTO Commento su Giovanni 13,31-33a.34-35

Monastero Domenicano Matris Domini  

V Domenica di Pasqua (Anno C) (02/05/2010)

Vangelo: Gv 13,31-33a.34-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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31Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Lectio
Contesto
Il brano proposto per la V domenica di Pasqua è situato nel contesto dell'ultima cena ed è scelto per le tematiche che affronta, lasciando da parte i riferimenti immediati all'imminente passione e morte. Si collega con i testi del tempo pasquale in quanto ci vengono riproposti, dal vangelo giovanneo, elementi fondamentali per la vita cristiana inaugurata con il battesimo.
Il brano si compone di pochi versetti, ma risulta abbastanza complesso. Lo possiamo suddividere in tre parti: vv.31-32: la glorificazione del Figlio dell'uomo e del Padre; v. 33 (solo la prima parte): apertura del discorso di addio che Gesù pronuncia per i suoi discepoli; vv. 34-35: Gesù consegna ai suoi discepoli il comandamento nuovo.
31. Quando (Giuda) fu uscito (dal cenacolo), Gesù disse: "Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui.
Siamo nel contesto dell'ultima cena: Giuda esce nella notte per portare a termine il tradimento del Maestro. E' Gesù stesso che lo manda dicendogli: "Quello che vuoi fare, fallo presto" (13,27).
Dopo che Giuda se ne è andato, il profondo turbamento di Gesù al pensiero della propria passione, si trasforma, ed egli esce in un grido di esultanza. E' come se il peggio fosse passato, come se Gesù avesse già affrontato la morte e si trovasse già nella gloria del Padre. Dopo l'uscita di Giuda Gesù apre il suo cuore nell'intimità del gruppo dei discepoli.
La parola ora regge l'intera frase e segna il compimento dell'ora della sua passione e morte, ossia della sua glorificazione. In presenza dei Greci Gesù aveva definito l'ora come quella in cui il Figlio dell'uomo sarebbe stato glorificato (12,23). Egli vede già compiersi l'annuncio fatto alla folla "Ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori" (12,31). Gesù sperimenta già la vittoria sul male e
sulla morte e si sente già nel cuore di Dio. Attraverso questo ora l'evangelista Giovanni esprime la convinzione della fede dei primi cristiani: la Pasqua ha dato inizio a una nuova era.
E' evidente che questa affermazione, in quel frangente così drammatico, si rivela misteriosa e difficile da comprendere. Gesù stesso ne è consapevole e utilizza un linguaggio altamente evocativo. Innanzitutto non parla di sé in prima persona, ma ricorrendo al termine Figlio dell'uomo.
Nei sinottici Gesù parla del Figlio dell'uomo quando rivela che la sua missione lo porterà alla sofferenza e allo spogliamento. Nella letteratura apocalittica giudaica il Figlio dell'uomo è un personaggio celeste che si manifesterà alla fine dei tempi (vedi Daniele 7,13-14).
Nel vangelo di Giovanni il termine viene utilizzato nei testi in cui si afferma che Gesù appartiene a una condizione superiore a quella umana, anche quando si parla della croce. La prima volta che Giovanni adotta questo termine è al capitolo primo (Gv 1,51) nell'episodio di Natanaele, dove Gesù afferma: "Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e discendere sul Figlio dell'uomo". L'ultima volta è nel versetto che stiamo esaminando con la ripresa il tema della glorificazione (Gv 12,32), presentata qui come già realizzata.
Un altro elemento evocativo di questa frase è l'utilizzo di uno stile altamente lirico: ben cinque volte si ripete il verbo glorificare, tre volte le parole in lui, si accostano verbi diversamente coniugati al passivo e all'attivo, al presente e al futuro. Il verbo glorificare ha valore sia per il passato (Gesù ha portato a compimento la sua missione) che per il futuro prossimo (la sua Pasqua di morte e resurrezione) e definitivo (la sua gloria escatologica).
Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui
Quindi il Figlio dell'uomo è stato glorificato. Che significa questa affermazione, quando è stato glorificato? Poco prima l'evangelista indica l'uscita di Giuda, quindi la glorificazione di Cristo viene messa in relazione diretta con la morte, considerata come già avvenuta, ma non è certo Giuda la causa di tale glorificazione. Conformemente alla teologia giovannea, l'autore è Dio, uso del passivo divino, del verbo in forma passiva (è stato glorificato).
Glorificando il Figlio dell'uomo, Dio ha rivelato la propria gloria, è a sua volta glorificato.
Questa rivelazione si attua attraverso la risurrezione di Gesù, la sua esaltazione, la sua ascesa presso il Padre. Ma grazie alla sua relazione con il Padre, il Figlio era già nella gloria. Con la resurrezione egli acquista un'altra gloria: la gloria di permettere che attraverso di lui, tutti i credenti, partecipino alla vita stessa di Dio. Gesù, elevato da terra, attirerà a sé tutti gli uomini (12,32). I1 suo ritorno al Padre trascina con sé i discepoli, presenti e futuri, nella comunione con Dio, che fino ad allora era accessibile solo al Figlio.
In questo modo si realizza la riunione nell'unità, lo scopo di Dio nell'invio e nell'opera affidata al suo unico Figlio. Dio stesso si glorifica nel Figlio dell'uomo rivelando, attraverso di lui, di essere Amore.
32. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.
La prima parte di questa frase apre una prospettiva indefinita, ma subito l'orizzonte si fa più vicino: è subito che Dio lo glorificherà. Così il testo ritorna al punto di partenza, la glorificazione del Figlio dell'uomo nella sua morte. La scelta della croce attuata in modo libero da Gesù (cfr. 10,18) avvicina l'ora della salvezza, non più solo promessa, ma presente. Allora il passato ritorna ad essere un futuro prossimo.
33. Figlioli, ancora per poco sono con voi;
Come abbiamo detto, questa nuova frase costituisce un cambio di scena. Gesù si rivolge ai suoi discepoli come un patriarca che, sul punto di morire, ha riunito i discendenti per consegnare loro il proprio testamento, e usa un termine affettuoso: figlioli (letteralmente figlioletti, in greco teknia, usato solo qui nel vangelo, ma di frequente nella 1 lettera di Giovanni, cfr. 2,1.12.28; 3,7.18, ecc.).
Annunciando la sua partenza, Gesù crea una situazione nuova. Egli non sarà più con i suoi nel modo in cui lo era stato fino ad allora. Essi sono chiamati a continuare la loro amicizia con Lui attraverso una fede profonda, che non si appoggia alla sicurezza di un lontano al di là, ma che penetra nel mistero del Figlio e della sua dipartita, della sua morte.
Il versetto non viene riportato per intero in quanto per questa domenica l'interesse è centrato sul tema seguente e non sul tradimento.
34 Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.
Gli ultimi due versetti, riguardanti il comandamento dell'amore, si distolgono un poco dagli argomenti del discorso di addio di Gesù. Sono stati posti qui per sottolinearne la relazione tra l'amore fraterno e la fede nella glorificazione di Cristo. Più avanti nei capitoli 15 e 17, il tema dell'amore fraterno verrà ampiamente sviluppato.
Il comandamento rimanda subito all'idea dell'Alleanza; non più l'alleanza realizzata tramite Mosè, ma quella nuova e definitiva Alleanza portata a compimento da Gesù, ecco perché il comandamento si definisce come nuovo (kainos, che indica un cambiamento qualitativo; è con questo termine che la tradizione biblica intende nuovo, cfr. Is 42,9-20; Ger 31,31-34; Mc 1,27; 2,21-22). Il comandamento (entolé) per il quarto vangelo significa la parola che rivela l'amore di Dio Padre, per questo è uno solo.
L'avverbio greco pathos viene tradotto con il termine come: "Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri". Come intendere questo come? Forse i discepoli dovranno imitare il comportamento del proprio Maestro? Questo risulta riduttivo, si finirebbe per fare di Gesù un personaggio del passato, dal quale si ereditano delle consegne da applicare, di modo che l'azione dei discepoli perpetui nel tempo quella di Gesù.
Al contrario è possibile un'interpretazione più profonda. kathos qui, come in altri testi, non ha il senso di una similitudine, ma quello di un'origine. Si può tradurre: Con l'amore con cui vi ho amato, amatevi gli uni gli altri, versione più vicina al significato del testo. L'amore del Figlio per i suoi discepoli genera il loro movimento di carità: è il suo amore, l'amore di Gesù, che passa in loro quando amano i fratelli e ne sono riamati.
E' l'amore con il quale Gesù ama ogni uomo che rende possibile la fraternità ed impegna in questo senso ogni comunità cristiana. Un amore sempre nuovo, sempre gratuito e profondo, come l'alleanza che Dio rivela amando l'umanità e il mondo (cfr. 3,6; Ez 34-37; Ger 31,31).
35 Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri".
Anche se il testo non parla dell'amore per il prossimo in senso complessivo compresi i nemici, lo sfondo rimane universale, si porta subito al di là della comunità. L'amore reciproco dei discepoli manifesterà a tutti, perciò anche in un ambiente non credente, la loro appartenenza a Cristo, attraverso il quale ogni persona potrà passare dalla morte alla vita.
L'amore che deve vivere la comunità cristiana diventa così il volto del Risorto che vive nella sua Chiesa (1Gv 4,12), è la virtù essenziale del cristiano che vive nell'attesa del ritorno del suo Signore.
Meditiamo
1) In questo brano la morte di Gesù è indicata come la sua glorificazione e la glorificazione di Dio: riesco a percepire questa dimensione della morte di Gesù: Che influsso ha sulla mia vita di fede?
2) Vivo l'amore per gli altri come un passaggio in me dell'amore stesso che Gesù mi dona? Lascio che il suo amore mi riempia per potersi poi diffondere attorno a me? Quali sono le occasioni in cui ciò avviene?
3) Rileggere il testo all'interno del capitolo 12 e 13 per comprendere meglio il senso dell'ora di Gesù in Giovanni.
Preghiamo
Salmo Responsoriale (dal Salmo 144)
Benedirò il tuo nome per sempre, Signore.
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all'ira e grande nell'amore.
Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.
Per far conoscere agli uomini le tue imprese
e la splendida gloria del tuo regno.
Il tuo regno è un regno eterno,

il tuo dominio si estende per tutte le generazioni.
Colletta
O Dio, che nel Cristo tuo Figlio rinnovi gli uomini e le cose, fa' che accogliamo come statuto della nostra vita il comandamento della carità, per amare te e i fratelli come tu ci ami, e così manifestare al mondo la forza rinnovatrice del tuo Spirito. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

 

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