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TESTO Commento su Giovanni 10,27-30

Monastero Domenicano Matris Domini  

IV Domenica di Pasqua (Anno C) (25/04/2010)

Vangelo: Gv 10,27-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. 29Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. 30Io e il Padre siamo una cosa sola».

Lectio
Contesto
Ogni anno la quarta domenica di Pasqua è centrata sulla figura di Gesù buon pastore, anche per la coincidenza della giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. Per l'anno C il brano è brevissimo, solo quattro versetti (27-30) che abbisognano di essere inseriti nel loro contesto immediato e all'interno dell'intero discorso del capitolo 10 di Giovanni, affiancando le diverse immagini proposte (la porta, il pastore, il riferimento alla festa della Dedicazione).
Ricordiamo che il capitolo decimo di Giovanni si divide in due sezioni: vv. 1-21 rivelazione di Gesù come buon pastore, ambientata durante la festa dei Tabernacoli, cfr. 7,2 (nell'anno A viene proposta la parte introduttiva con l'immagine della porta, vv. 1-10, nell'anno B il testo sul buon pastore, vv. 11-18); la seconda vv. 22-42, ambientata durante la festa della Dedicazione, in cui Gesù si rivela come Figlio di Dio. Nel quarto vangelo questa disputa anticipa il processo di Gesù che i sinottici collocano nel racconto della passione (cfr. Mc 14,61; Mt 26,63; Lc 22,67).
27 Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.
Il contesto immediato è quello della festa della Dedicazione che ricordava la riconsacrazione del tempio avvenuta nel 164 a.C. dopo la profanazione attuata dal re Antioco IV; si celebrava alla fine di dicembre (cfr. 1Mac 4, 59). Gesù si trova nel portico di Salomone, un portico colonnato, a una sola navata, posto al limite orientale dell'area del tempio (v. 23). La festa durava otto giorni e ricalcava quella delle Capanne, in essa si leggeva il testo di Ez 34 contro i cattivi pastori d'Israele e si ripeteva il rito dell'accensione delle lampade per significare che la libertà aveva brillato in modo insperato, come per Giuseppe in Egitto (così la testimonianza di Giuseppe Flavio).
La pericope è ritagliata da un dibattito con i giudei, l'ultimo presentato dall'evangelista, in cui Gesù si manifesta come Figlio di Dio.
I versetti scelti sono quelli che si riferiscono al tema del buon pastore a tema nei vv. 11-18. Il v. 23 infatti parla delle mie pecore, con un implicito e chiaro riferimento a quanto detto da Gesù al v. 14 ed esplicita le caratteristiche del rapporto tra quest'ultimo e le sue pecore: ascoltare, seguire, e (v. 28) non perire.
L'ascolto è l'atteggiamento proprio di chi crede (cfr. 5,24: Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato ha la vita eterna) ed implica la sequela, che è azione e impegno.
Questa fede si oppone alla chiusura espressa appena prima dai giudei (v. 24-26) e richiede un'affinità con la verità (3,17-21).
28 Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano.
Seguire Gesù che ha parole di vita eterna (6,68) e da la vita per i suoi (10,10-11) e li custodisce (17,12) significa essere al sicuro, non andare perduti, avere la vita eterna. Chi crede in lui ha una grande sicurezza perché nessuna forza terrena può vincere Gesù; anche se subirà persecuzione il credente è al sicuro. Ritroviamo in san Paolo un'idea simile nella lettera ai Romani (8,35-39).
29 Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre.
Viene ora fornita una prova ulteriore: il potere del Padre di Gesù: la loro comunione (versetto successivo) garantisce al credente, in comunione con Cristo di vivere sicuro nella protezione del Padre, del suo amore fedele.
Ma solo il credente riconosce in Gesù il Messia, lo sente vicino in ogni momento della sua vita, perché vede in lui il Padre da cui riceve il dono della vita eterna, la quale consiste nella conoscenza del Padre e del Figlio e nella partecipazione alla loro comunione (cfr. 6,40; 17,3.22)
Colpisce la forza plastica di questa immagine antropomorfica, che riprende alcuni testi dell'A.T. (Dt 32,39; Sap 3,1-3) e che offre anche un senso di tenerezza oltre che di forza (cfr. Os 11,4).
30 Io e il Padre siamo una cosa sola".
Questa affermazione suggerisce l'identità tra Padre e Figlio, non solo nell'agire ma anche nell'essere, che non sfugge ai giudei (v. 31, volevano lapidarlo, cfr. Mc 14,64; Mt 26,65; Lc 22,71) e riprende altri testi giovannei ( cfr. 5,17-19; 17,11.22). Siamo infatti al culmine del brano in cui Gesù si rivela come Figlio di Dio.
Meditiamo
1) Le tre caratteristiche del rapporto di fede con Gesù: ascolto, sequela, sicurezza, come interpellano la mia vita?
2) So percepire la presenza amorosa e forte di Gesù e del Padre nella mia vita? Cosa mi impedisce si sperimentarla? Credo in questa forza?
3) Comprendo la profondità e le implicazioni dell'identità di Gesù con il Padre?
4) Rileggiamo tutto il capitolo 10 di Giovanni per collocare nell'insieme il testo di questa domenica.
Preghiamo
Salmo Responsoriale ( Salmo 99)
Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida.
Acclamate il Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza.
Riconoscete che solo il Signore è Dio:
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.
Perché buono è il Signore,
il suo amore è per sempre,

la sua fedeltà di generazione in generazione.
Colletta
O Dio, fonte della gioia e della pace, che hai affidato al potere regale del tuo Figlio le sorti degli uomini e dei popoli, sostienici con la forza del tuo Spirito, e fa' che nelle vicende del tempo, non ci separiamo mai dal nostro pastore che ci guida alle sorgenti della vita. Egli è Dio...

 

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