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TESTO Commento su Luca 4,21-30

Monastero Domenicano Matris Domini  

IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (31/01/2010)

Vangelo: Lc 4,21-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 21cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

22Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». 23Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». 24Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. 25Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova a Sarepta di Sidone. 27C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».

28All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. 29Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. 30Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.

Lectio
Contesto
Il brano odierno è la continuazione del testo della III Domenica e ci presenta la reazione degli abitanti di Nazareth all'affermazione di Gesù (v.21); la comprensione del testo presuppone quindi il testo che abbiamo commentato la scorsa settimana (Lc 4,16-21). Anche la prima lettura di questa domenica, Ger 1,4-5.17-19, e il salmo 70 concorrono a fornire una chiave di lettura e le linee per un'attualizzazione del testo.
I vv. 22-30 infatti sono un insieme di testi diversi che l'evangelista raccoglie in questo episodio inaugurale per presentare in anticipo la parabola della vicenda di Gesù in rapporto al suo popolo e l'accoglienza che l'annuncio del vangelo riscosse nei primi secoli. Luca costruisce questo episodio rileggendo la vicenda di Gesù a partire dalla sua realtà di chiesa del I secolo.
La seconda lettura (1Cor 12,31-13,3) con il celebre inno alla carità ci ricorda lo stile dell'annuncio cristiano che Luca descrive come un lungo viaggio attraverso cui il vangelo raggiunge ogni popolo.
21. Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Il vangelo odierno si apre con il versetto che concludeva la pericope della domenica precedente in cui Gesù invece di commentare il testo profetico ne annuncia il compimento: egli si presenta come colui che compie la parola scritta del profeta (questa Scrittura). Oggi inizia il tempo della salvezza; l'accento è posto sulla parola, una parola evento (cfr. At 10,36-37); la stessa parola che anche per i lettori di Luca, e per ogni generazione
cristiana, rende presente l'oggi inaugurato da Gesù a Nazareth. Diventa allora importante tale annuncio.
L'inizio effettivo del ministero di Gesù Cristo, e quindi della salvezza, per Luca è segnato dall'inaugurarsi del tempo di grazie annunciato da Isaia. Notiamo che anche Giovanni il Battista aveva iniziato la sua predicazione rifacendosi ad un testo di Isaia (l'evangelista presenta abbinati ancora una volta il Messia e il suo precursore); Gesù però non invita alla conversione (cfr. Mc 6,1-16), ma annuncia che l'oggi della salvezza è arrivato, perché le Scritture si compiono in Lui.
22. Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?».
A differenza del testo di Mc 6,3, questo versetto testimonia una reazione complessivamente positiva da parte degli abitanti di Nazareth (gli davano testimonianza, nel testo il verbo greco martyrein; che ha sempre valore positivo in Luca). Lo stupore è la nota dominante (come in altri testi lucani, vedi 2,33; 9,43; il verbo greco può anche significare sgomento, o addirittura ostilità) accompagnato però da una certa superficialità (la dizione figlio di Giuseppe mette in luce l'incomprensione a riguardo dell'origine divina di Gesù).
Quello che colpisce sono le espressioni usate dall'evangelista, oltre martyrein, le parole di grazia le quali più che descrivere il breve intervento di Gesù, sembrano alludere al testo di Dt 8,3b (l'uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore) citato da Gesù nell'episodio delle tentazioni alcuni versetti prima (4,4) e qualificare le sue parole come parola di Dio.
23. Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: "Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!"».
I versetti 23-30, che seguono l'annuncio di Gesù, sono un insieme di testi (loghia) diversi raccolti da Luca per esporre la propria tesi: il Messia non può limitare la sua azione alla piccola Nazareth, ma deve andare in tutto il paese dei Giudei. Indice di questo è la citazione degli eventi svoltisi a Cafarnao, di cui Luca non ha ancora parlato. Si tratta, come dicevamo domenica scorsa di un racconto prefigurativo del destino di Gesù e dell'apertura a tutti i popoli del messaggio di salvezza che egli è venuto a portare.
E' Gesù stesso a provocare i suoi ascoltatori citando un proverbio; il riferimento ai miracoli (futuri) ci fa capire che essi non sono da intendere come atti di potenza, ma come il proseguimento della sua predicazione, il realizzarsi di quella salvezza che egli annuncia. Per questo i suoi compaesani non possono pretenderli solo per sé.
Tutto il vangelo di Luca ci mostrerà infatti Gesù in cammino (soprattutto da 9,51) per svolgere la sua missione, per annunciare il lieto annuncio ai poveri.
24. Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria.
L'introduzione solenne Amen, tradotta in italiano con in verità io vi dico, da forza all'affermazione che mette Gesù nella linea dei profeti, rifiutati e perseguitati (cfr. la prima lettura Ger 1,4-5.17.1). Ma sottolinea ancora una volta che Gesù è inviato a tutto il mondo; per l'evangelista è una specie di regola storico-salvifica che esemplifica con i vv. seguenti.
25. Anzi, in verità io vi dico: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; 26. ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. 27. C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
Luca si riferisce a due episodi dell'A.T. (notiamo che egli spesso fa citazioni in coppia, come Simeone e Anna alla Presentazione), riferiti ai profeti Elia ed Eliseo (rispettivamente in 1Re 17,7-16 e 2Re 5,1-27, unica citazione di quest'ultimo nel N. T.), semplificando un po' e presentandoli in modo unilaterale come se il loro ministero si fosse svolto tutto al di fuori di Israele.
Procede in questo modo per mettere in luce l'apertura universale del piano di salvezza di Dio, già prima di Gesù. Il riferimento ad Elia è un tratto costante nel terzo vangelo (cfr. 5,12-14; 17,11-19;18,25-43; 7,11-17 e i testi di 1 e 2Re relativi) che rafforza la presentazione di Gesù quale profeta degli ultimi tempi.
In realtà Gesù, come vediamo nel corso del racconto evangelico, si rivolse sempre prima ai giudei e solo dopo agli altri popoli (i pagani, o gentili), e così pure la prima comunità cristiana, come leggiamo negli Atti. Il comportamento di Gesù nel terzo vangelo diventa il fondamento e il modello della tesi che l'evangelista sviluppa negli
Atti degli Apostoli (G. Rossé).
Questo riferimento ci fa pensare che il detto nella sua forma attuale, sia noto in una comunità cristiana che predicava in ambiente greco per giustificare la sua missione.
28. All'udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. 29. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù.
Il cambiamento così rapido tra l'accoglienza iniziale (v. 22) e l'ostilità finale (v. 28) dei presenti non è di tipo psicologico, ma letterario e teologico (come fa notare l'esegeta G. Rossé).
Il riferimento ai pagani accosta nuovamente la vicenda di Gesù a quella delle prime comunità cristiane, ma ancor prima è una lettura anticipata di tutta l'attività di Gesù e del crescente rifiuto che incontrerà presso i giudei, sino alla sua condanna (23,13ss); il tentativo di uccidere Gesù, richiama il martirio di Stefano che leggiamo negli Atti.
Questo versetto redazionale, con una costruzione simile a At 7,54 e 19,28, è in linea con tutto il racconto di 4,16-30.
30. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
Questo versetto conclusivo richiama alcuni testi giovannei in cui Gesù sfugge alla cattura perché non era ancora giunta la sua ora (cfr. Gv 7,30.40-45; 8,59; 10,39); non è sicuramente la descrizione di un fatto reale, ma un'indicazione programmatica.
La nuova traduzione si mise in cammino è molto evocativa e fa riferimento al lungo viaggio che caratterizza la seconda parte del vangelo di Luca (iniziando da 9,51) attraverso cui Gesù raggiunge Gerusalemme dove si compirà la sua Pasqua. La predicazione del vangelo è un continuo andare, per annunciare a tutti il cangelo.
Gesù si mise in cammino... Si delinea una struttura portante che unifica e orienta tutto l'agire di Gesù nel terzo vangelo: Gesù in cammino, da Nazareth, sua patria, a Cafarnao e in tutto il paese dei Giudei (4,43s), fino a Gerusalemme (9,51), al centro di Israele. Essa corrisponde alla visione degli Atti: una Chiesa missionaria, in viaggio, da Gerusalemme, sua patria, alla Samaria, fino ai confini della terra (cfr. At 1,8; Lc ), il cui centro è Roma. (G. Rossè).
Meditiamo
1) Rileggere il testo iniziando da Lc 4,16 per cogliere l'unità dell'episodio nella sinagoga di Nazareth e la tesi lucana sul ministero di Gesù.
2) Confrontare i testi di 1Re 17,7-16 e 2Re 5,1-27 per comprendere il senso della citazione di Gesù nel suo discorso nella sinagoga di Nazareth.
3) Come vivo la mia appartenenza alla chiesa: faccio mio lo stile aperto di Gesù, sempre in cammino verso l'altro?
4) So vedere il compiersi delle Scritture nella mia vita? In quali occasioni l'ho sperimentato?
Preghiamo
Salmo Responsoriale (dal Salmo 70)
La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza.
In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso.
Per la tua giustizia, liberami e difendimi,
tendi a me il tuo orecchio e salvami.
Sii tu la mia roccia,
una dimora sempre accessibile;
hai deciso di darmi salvezza:
davvero mia rupe e mia fortezza tu sei!
Mio Dio, liberami dalle mani del malvagio.
Sei tu, mio Signore, la mia speranza,
la mia fiducia, Signore, fin dalla mia giovinezza.
Su di te mi appoggiai fin dal grembo materno,
dal seno di mia madre sei tu il mio sostegno.
La mia bocca racconterà la tua giustizia,
ogni giorno la tua salvezza.
Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito

e oggi ancora proclamo le tue meraviglie.
Colletta
Dio grande e misericordioso, concedi a noi tuoi fedeli di adorarti con tutta l'anima e di amare i nostri fratelli nella carità del Cristo. Egli è Dio e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Oppure:
O Dio, che nel profeta accolto dai pagani e rifiutato in patria manifesti il dramma dell'umanità che accetta o respinge la tua salvezza, fa' che nella tua Chiesa non venga meno il coraggio dell'annunzio missionario del Vangelo. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

 

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