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TESTO La voce del pastore

don Roberto Rossi  

IV Domenica di Pasqua (Anno A) (15/05/2011)

Vangelo: Gv 10,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

Gesù risorto si fa riconoscere in modi diversi, suscita e alimenta la fede dei suoi. Egli entra a porte chiuse, augura ripetutamente la pace e invia lo Spirito sugli apostoli, mangia con loro; a Tommaso fa toccare le ferite e mettere la mano nella piaga del costato, chiama per nome Maria e così si schiudono i suoi occhi. La voce di Gesù è la voce che chiama, la voce che suscita e orienta tutti coloro che lo seguono e si impegnano ad imitarlo nelle diverse vocazioni cristiane. Ha chiamato gli apostoli, ha scelto i discepoli, ma continua incessantemente a chiamare. Oggi Egli a tutti dice: "Io sono la porta delle pecore", vale dire l'ingresso nel Regno, l'ingresso nella Chiesa, l'ingresso nella divina Verità e, dichiarandosi buon pastore, aggiunge: "Egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori". È ancora la voce sicura e suadente di Gesù che chiama per indicare la via, la voce che conduce ai pascoli migliori, che amorevolmente risparmia e preserva dai pericoli. È una voce amica che crea comunione e intesa perfetta tra il pastore e le sue pecore. A noi chiede l'ascolto docile e la fede più ardente. La Parola del Signore infatti risuona in continuità nella nostra Chiesa. Una voce quella del buon Pastore, che ben si distingue da quella menzognera di coloro che sono ladri e briganti e non entrano per la porta, non si curano del gregge ma fuggono dinanzi al pericolo. La voce del Signore ora è la voce degli apostoli, oggi nella prima lettura ascoltiamo ancora quella forte e impavida di Pietro, e di tutti coloro che si modellano sull'impronta di Cristo, hanno assunto lo stesso timbro e che sono capaci non solo di professare, ma anche di testimoniare la fede fino al dono della vita. Il recinto dell'ovile è la Chiesa santa di Dio e le pecore sono tutti coloro che professano l'unica fede nel Cristo risorto. Vale la pena affidarsi totalmente alla guida sicura di un Pastore che ci ha amato fino alla croce e si è fatto garante della nostra salvezza presso il Padre celeste.

Oggi è la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni.

La preghiera: perché ognuno scopra e realizzi il grande progetto di amore del Signore, ascolti la voce del Pastore buono e lo segua con gioia e generosità. La preghiera: perché il Signore ci conceda Sacerdoti, Suore, Missionari e faccia di noi dei veri collaboratori nella pastorale vocazionale.

Scrive il Papa per questa giornata: "Specialmente in questo nostro tempo in cui la voce del Signore sembra soffocata da "altre voci" e la proposta di seguirlo donando la propria vita può apparire troppo difficile, ogni comunità cristiana, ogni fedele, dovrebbe assumere con consapevolezza l'impegno di promuovere le vocazioni. È importante incoraggiare e sostenere coloro che mostrano chiari segni della chiamata alla vita sacerdotale e alla consacrazione religiosa, perché sentano il calore dell'intera comunità nel dire il loro "sì" a Dio e alla Chiesa.

Occorre che ogni Chiesa locale si renda sempre più sensibile e attenta alla pastorale vocazionale, educando ai vari livelli, familiare, parrocchiale, associativo, soprattutto i ragazzi, le ragazze e i giovani - come Gesù fece con i discepoli - a maturare una genuina e affettuosa amicizia con il Signore, coltivata nella preghiera personale e liturgica; ad imparare l'ascolto attento e fruttuoso della Parola di Dio, mediante una crescente familiarità con le Sacre Scritture; a comprendere che entrare nella volontà di Dio non annienta e non distrugge la persona, ma permette di scoprire e seguire la verità più profonda su se stessi; a vivere la gratuità e la fraternità nei rapporti con gli altri, perché è solo aprendosi all'amore di Dio che si trova la vera gioia e la piena realizzazione delle proprie aspirazioni".

E ora riporto due testimonianze:

La vocazione di Giovanni Paolo II

Nessuno potrà mai calcolare il numero di vocazioni sorte dai viaggi e dalla predicazione di Giovanni Paolo II.

Ciò che noi chiamiamo vocazione, infatti, può essere paragonato a un seme, deposto dentro di noi, che poi ha bisogno del tempo per poter crescere e diventare albero. Semi sono gli incontri, semi le parole che ascoltiamo, semi possono essere certe letture o certe esperienze particolari di gioia e di dolore.

Giovanni Paolo II aveva il dono originalissimo di parlare a milioni di persone e di essere ascoltato da ciascuno, in mezzo alla folla, come se parlasse soltanto a lui. Le sue parole erano veramente dei semi. Non provoca perciò nessuno stupore in me ascoltare da molti giovani, oggi diventati adulti, che il loro matrimonio, la loro vocazione sacerdotale o religiosa, è nata da lui. Non l'hanno mai incontrato personalmente, nel senso stretto della parola, eppure la loro vita ha ricevuto una svolta dall'incontro con lui. Come se il papa fosse stato il loro insegnante, il loro padre, il loro amico preferito.

Raramente capita di incontrare persone che scrutano con i loro occhi le interiorità più profonde del cuore di coloro che guardano. Giovanni Paolo è stato uno di queste. Per lui la vocazione non era un tema fra gli altri: era piuttosto il contenuto del suo rapporto con la persona che aveva davanti. La sua vita, il tono della sua voce, la sua baldanza, il suo coraggio sembravano dire a ogni giovane: «Ti rendi conto di quanto vali? Ti rendi conto del peso della tua vita? Sai che seguendo Cristo essa può ottenere la sua fioritura più grande?».

Durante i suoi viaggi, le udienze, gli incontri - penso soprattutto alle Giornate mondiali della gioventù - sapeva catturare l'attenzione, il rispetto e perfino la commozione di molti dei suoi giovani interlocutori. Semplicemente perché parlava loro di ciò che li interessava, li riguardava. Sapeva svelarli ai loro occhi. Massimo Camisasca

TESTIMONIANZA. Un seminarista racconta la propria vocazione nata alla giornata Mondiale della Gioventù del 2000. "Comincia la messa, il Papa è di nuovo tra noi. Inspie­gabilmente, anche se stanco, riesco a stare attento e vengo letteralmente rapito dalle sue parole: «Se qualcuno di voi, cari ragazzi e ragazze, avverte in sé la chiamata del Signore a donarsi totalmente a Lui per amarlo con cuore indiviso, non si lasci frenare dal dubbio o dalla paura». Improvvisamente i due milioni di ragazzi attorno a me scompaiono. Mi sembra di essere rimasto da solo davanti a Giovanni Paolo II. E ancora di più: io davanti a Dio. Di colpo sono messo di fronte a quel pensiero che da un po' di tempo cercavo di scacciare in tutti i modi. La paura però mi assale. Ma subito: «Dica con coraggio il proprio sì senza riserve, fidandosi di Lui che è fedele in ogni sua promessa. Non ha Egli forse assicurato, a chi ha lasciato tutto per Lui, il centuplo quaggiù e la vita eterna?».

Una dopo l'altra crollano tutte le mie difese, i miei dubbi, le mie paure. E con le lacrime agli occhi desi­dero con tutto me stesso abbandonarmi a quell'Amore infinito che mi sta chiamando. "Sì". Non credo che il Papa abbia potuto sentire quel mio sì appena sussurrato, ma sono certo che ora lo accom­pagna fino al suo compimento. Lorenzo Locatelli

 

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