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TESTO Io sono la via, la verità e la vita

Ileana Mortari - rito romano  

V Domenica di Pasqua (Anno A) (22/05/2011)

Vangelo: Gv 14,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via».

5Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». 6Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».

8Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.

12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre.

Con il cap. 14° di Giovanni inizia una sezione che comprende i capp. successivi fino al 17° e che viene denominata "Discorso di addio".

Si tratta di un genere letterario già presente nell'Antico Testamento; ne sono un esempio quello di Giacobbe in Gen.49 o l'immenso testamento pronunciato da Mosè sul Monte Nebo prima della sua morte, che coincide con il libro del Deuteronomio; nella letteratura giudaica apocrifa', cioè non riconosciuta come ispirata, il testo più noto è il Testamento dei Dodici Patriarchi. Nel Nuovo Testamento famoso è il discorso di S. Paolo agli anziani di Efeso (Atti 20,17-38).

In tutti questi testi sono presenti sia uno sguardo al passato, per richiamare i fatti salienti della vita di chi li pronuncia, sia al futuro, per fornire a chi resta suggerimenti e insegnamenti per l'avvenire.

Il "discorso" giovanneo presenta entrambe queste caratteristiche e si risolve dunque in una sorta di sintesi della Cristologia giovannea, paragonabile al "Discorso della montagna" di Matteo, dal momento che entrambi i brani presentano una concentrazione delle tematiche dei rispettivi evangelisti.

La composizione giovannea è un'opera assai originale, di grande ampiezza e di una profondità spirituale senza paragoni anche nello stesso vangelo di Giovanni; essa porta alla luce la fede e l'esperienza postpasquale della comunità giovannea.

Il discorso ha un'introduzione nei vv. 31-38 del cap.13, nei quale Gesù parla della sua prossima "glorificazione" (nella morte), dà il "comandamento nuovo" di amarsi gli uni gli altri, preannuncia a Pietro il suo vicino triplice rinnegamento.

Poi, con il cap.14, inizia il discorso vero e proprio. Gesù sta per lasciare i suoi, ma li precede nella "casa del Padre" dove li porterà con sé; Egli è la via, la verità e la vita, trasparenza del Padre, con cui è una cosa sola. Quindi il Maestro sottolinea il nesso tra l'amore per Lui e l'osservanza della sua Parola e dei suoi comandamenti; infine promette il dono dello Spirito, che "ricorderà tutto ciò che vi ho detto" (v.26), e della "sua" pace.

Il successivo cap.15 dapprima sviluppa un tema suggestivo, la comunione tra il credente e il Cristo paragonata al legame del tralcio con la vite che sola gli comunica la linfa vitale; poi preannuncia una situazione inevitabile: l'odio del mondo (=ciò che si oppone a Lui) nei confronti di Gesù e dei suoi, ma anche il dono dello Spirito, che "darà testimonianza di me" (v.26).

La descrizione dell'opera dello Spirito compare anche nel cap.16: "vi guiderà a tutta la verità, perché ....dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future" (v.13) Seguono parole di consolazione per i discepoli ai quali verrà sottratto Gesù e l'assicurazione che d'ora innanzi qualunque cosa chiederanno al Padre nel Suo nome, verrà accordata.

L'ultimo capitolo del fondamentale discorso - il 17 - costituisce la nota "preghiera sacerdotale": Gesù si rivolge al Padre, ricordando come Egli abbia svolto in pieno la missione affidatagli e prega

per i "suoi", perché siano custoditi dal Maligno e consacrati nella Verità, cioè nella sua Parola. Non solo, ma prega "anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola, perché tutti siano una cosa sola.....perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (vv. 20-21).

Questo è il contenuto del Discorso di addio giovanneo. Della pericope odierna possiamo riprendere e sottolineare due importanti aspetti: il rapporto con il Padre e Gesù Via Verità e Vita.

Gesù parla di "posti" che Egli deve preparare nella casa del Padre. Ma che cos'è la casa del padre? Non è certo un luogo fisico; è piuttosto lo stato beato in cui si vive in unione con Dio.

Gesù è via. Al Padre si può giungere solo attraverso quella "via" che è Cristo; anche qui, Tommaso nella sua domanda pensa alla via in senso materiale, mentre il Maestro la intende in senso spirituale. Nessuno infatti può arrivare a Dio con le sue sole forze o con altri mediatori (cfr. il v.6). Gesù è l'unico che può condurre a Dio, perché Egli solo vive nel Padre e viceversa. Viene così superato quel problema dell'inaccessibilità di Dio, tanto presente nell'A.T.

Gesù è verità, termine da intendersi non nel senso greco, filosofico, ma nell'accezione biblica, come attributo della persona e della rivelazione di Dio. In Giovanni è una nozione pregnante, riconducibile a più significati:

- Gesù è la verità (= a-lèzeia = togliere il velo, cioè ri-velazione) del Padre

- verità è la Parola del Padre ("La Tua parola è verità" Giov,17,17), incarnata e rivelata in Cristo, interiorizzata e resa efficace in noi dall'azione dello Spirito Santo

- verità è lo Spirito Santo ("Lo Spirito è la verità" 1° Giov.5,6)

Gesù è vita. Vita (zoè in greco) è il vocabolo più ricorrente in tutto il vangelo di Giovanni; fin dall'inizio l'evangelista presenta Gesù come la Parola nella quale era la vita (Giov.1,4), quindi come il "pane della vita" (6,35), la "luce della vita" (8,12), "colui che dà la vita a chi vuole" (5,21) e conclude: questi segni sono stati scritti perché, credendo in Cristo, abbiate la vita nel suo nome (cfr.20,31).

Di che vita si tratta? Non è il semplice esistere fisico, il respirare, bensì è pienezza di essere, è esistere con una totalità che supera tutti i desideri e le attese umane; è esistere in una pienezza simile a quella di Dio.

Nel v.6, che abbiamo esaminato, troviamo dunque una sintesi di Cristologia, uno dei culmini della teologia giovannea; i tre sostantivi indicano infatti tre qualificazioni di Gesù:

- mediatore (Egli è l'unico che può metterci in rapporto col Padre)

- rivelatore (Egli manifesta perfettamente la vita e l'amore di Dio per l'uomo)

- salvatore (Egli comunica al mondo quella vita divina che è la sua salvezza).

 

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