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TESTO Commento su 1Tessalonicesi 5,16-24

Monastero Domenicano Matris Domini  

III Domenica di Avvento (Anno B) - Gaudete (14/12/2008)

Vangelo: 1Ts 5,16-24;Gv 1,6-8.19-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 1,6-8.19-28

6Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

7Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

19Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». 20Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». 21Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. 22Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». 23Rispose:

«Io sono voce di uno che grida nel deserto:

Rendete diritta la via del Signore,

come disse il profeta Isaia».

24Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. 25Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». 26Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». 28Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Lectio
Questo brano è posto quasi al termine della lettera. Vi sono contenute numerose esortazioni, come ogni chiusura di lettera, ma anche perché la seconda parte di questa missiva di Paolo è interamente dedicata all'esortazione, mentre la prima parte aveva come motivo conduttore il ringraziamento.
Dopo la raccomandazione ad avere rispetto verso coloro che erano le guide della comunità (5,12-13) e ad avere sollecitudine gli uni verso gli altri (5,14-15) si passa ora all'atteggiamento da avere nei confronti di Dio (5,16-18) e delle esperienze carismatiche. (5,19-22). Infine vi è un'invocazione a Dio perché continui la sua protezione sulla chiesa di Tessalonica.
16. Sempre gioite! 17. Ininterrottamente pregate! 18. In ogni cosa rendete grazie! Questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.
Le esortazioni di Paolo in questa parte della lettera hanno la forma di slogan martellanti. Qui ne abbiamo addirittura tre di seguito, posti sotto il segno del volere divino manifestato in Gesù Cristo. Sono tre espressioni che escludono ogni limite: sempre, interrottamente, in ogni cosa. Già Paolo aveva fatto appello alla gioia che i Tessalonicesi provavano, nonostante le ostilità, poiché avevano accolto il suo annuncio evangelico. Ora li esorta perché essa non venga mai meno, anche dopo il primo entusiasmo.
Oltre alla gioia, Paolo vuole che i Tessalonicesi abbiano una continua esperienza di preghiera e di ringraziamento. Anche Paolo e i suoi collaboratori vivono con lo stesso sguardo rivolto a Dio, per impetrare il suo dono e riconoscere con gratitudine la sua presenza benefica in tutti i risvolti della vita.
19. Lo Spirito non spegnete! 20. Le profezie non disprezzate! 21. Tutte le cose poi provate, il buono ritenete, 22. da ogni forma di male astenetevi!
Questa esortazione a non spegnere lo Spirito rivela che nella comunità di Tessalonica stava avanzando una certa diffidenza verso lo slancio profetico suscitato dallo Spirito. La forma grammaticale di questa frase indica infatti di non far cessare un'azione che è già cominciata, non qualcosa che potrebbe accadere in futuro. La spontaneità delle manifestazioni dello Spirito Santo porta sempre un certo scompiglio nel quadro ordinato di una struttura umana. Forse nella comunità di Tessalonica avevano incominciato ad agire pretesi profeti che operavano in senso deviante. Quindi Paolo cerca di dare alcune linee di comportamento.
La prima esortazione è quella a non spegnere lo Spirito e a non disprezzare le profezie, qualunque sia la loro provenienza. Poi però esorta a mettere alla prova le profezie che sorgono, a vagliare ciò che è buono e a farne tesoro, a vedere ciò che è cattivo ed evitarlo. Certo non dice ancora come distinguere ciò che è buono, lo suggerirà nella prima lettera ai Corinti (1Cor 12-14), però qui rimane inteso che il profeta deve agire onestamente e lasciarsi sottoporre alla verifica della comunità.
23. Lo stesso poi Dio della pace santifichi voi completamente e il vostro spirito e l'anima e il corpo sia conservato irreprensibilmente nella venuta del nostro Signore Gesù Cristo.
La lettera termina qui (vi saranno poi solo alcune righe di commiato), con questa richiesta al Dio della pace. Questo Dio ha come caratteristica principale di donare ai credenti la salvezza (pace in senso biblico). Paolo intercede perché il Padre intervenga con la sua grazia a completare e perfezionare nei destinatari la sua opera santificatrice. E questo in vista del giorno ultimo della venuta di Cristo. É il decisivo appuntamento di ogni credente in cui si compirà la verifica definitiva.
Bisogna presentarsi a quel tribunale con una vita pura da ogni compromesso con il male. Per questo non basta l'impegno umano.
24. Fedele è colui che vi chiama, egli farà tutto questo.
La preghiera di Paolo poggia sulla fedeltà di Dio. Egli ha scelto i credenti fin dall'inizio, li ha chiamati alla fede per mezzo della predicazione evangelica, aprendo davanti a loro la promessa del suo regno glorioso. I tessalonicesi sono inseriti in un progetto divino di salvezza. Dio non può smentirsi: è coerente nella sua azione. Porterà a compimento l'opera iniziata. La fiducia dei credenti fa perno sulla coerenza del Padre. Questa era già la convinzione dell'Antico Testamento. Paolo ha una prova ulteriore di questa fedeltà poiché ha conosciuto la rivelazione data dalle parole e dall'esperienza di morte e di risurrezione di Gesù Cristo.

 

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