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TESTO Mi manifesterò a chi mi ama

don Romeo Maggioni  

V domenica T. Pasqua (Anno A) (22/05/2011)

Vangelo: Gv 14,21-24 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

22Gli disse Giuda, non l’Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?». 23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

"Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi e non al mondo?". La salvezza è per tutti o solo per i cristiani che appartengono alla Chiesa?

Il Risorto ha dato lo Spirito nella Chiesa, e lì c'è la pienezza degli strumenti di salvezza. E lì è possibile vivere la fede nel modo più intenso, fino alla inabitazione della Trinità.

Ma il disegno di salvezza è per tutti gli uomini; "Io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me" (Gv 12,32): l'opera di Gesù tocca tutti i cuori, e ciascuno è chiamato a corrispondervi.

L'opera missionaria di annuncio è sempre necessaria per aiutare un cammino verso la comprensione e la pienezza del Dono di Dio.

1) Chi mi ama

La manifestazione del Risorto e la piena comprensione di lui è legata ad una sola condizione, ma decisiva: l'amore. "Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui". L'amore è l'habitat in cui si muove Dio e il nostro rapporto con lui. Questa è la logica di tutta la rivelazione: "Il Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli e ammetterli alla comunione con Sé" (DV 2). Un amore libero e personale, del cuore, ma che si sincera con l'obbedienza alla sua Parola: "Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi non mi ama, non osserva le mie parole". La Parola di Gesù è naturalmente quella del Padre: "La parola che voi ascoltate non è mia ma del Padre che mi ha mandato".

E' da questo rapporto d'amore che nasce una sempre più intensa comunione d'amore con Gesù e col Padre: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui". Gesù ne ha parlato spesso, quale scopo finale della sua missione: "Io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro" (Gv 17,26). Si tratta in sostanza di una iniziale inabitazione che avrà come sbocco finale la piena partecipazione alla vita stessa di Casa Trinità: "Padre, voglio che quelli che mi hai dato siano anch'essi con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria" (Gv 17,24). Là, appunto, dove "saremo simili a lui perché lo vedremo così come egli è" (1Gv 3,2).

La sostanza di questo amore, da e per Dio, non è opera nostra, ma dello Spirito Santo che Gesù Risorto ha dato come artefice della sua opera di divinizzazione. "Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce" (Gv 14,15-17). Ecco: avere lo Spirito è ciò che costituisce - e costruisce - concretamente il cristiano. Se ne era reso conto anche Pietro quando giunse dal centurione Cornelio: "Chi può impedire che siano battezzati nell'acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?" (Lett.).

2) Il Signore di tutti

E' ancora esperienza di Pietro: "In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga". Perché: "Questi è il Signore di tutti" (Lett.). Dio chiama tutti alla salvezza, prepara il cuore di ognuno; non c'è quindi da stupirsi "che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo" (Lett.). La condizione è quella di una sincera apertura e una retta coscienza dell'agire. Tutti gli uomini sono creati con una "capacità di Dio" perché creati "a sua immagine", "perché cerchino Dio, se mai, tastando qua e là come ciechi, arrivino a trovarlo, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, perché di lui anche noi siamo stirpe" (At 17,27-28).

Anche questa "disponibilità" e preparazione alla fede è opera di Dio: "E' Dio infatti che suscita in voi il volere e l'operare secondo il suo disegno d'amore" (Epist.). Nel considerare le religioni non cristiane, il Concilio dice: "La divina Provvidenza non nega gli aiuti necessari alla salvezza a coloro che non sono ancora arrivati alla chiara cognizione e riconoscimento di Dio, e si sforzano, non senza la grazia divina, di raggiungere la vita retta. Poiché tutto ciò che di buono e di vero si trova in loro, è ritenuto dalla Chiesa come una preparazione ad accogliere il Vangelo, e come dato da Colui che illumina ogni uomo, affinché abbia finalmente la vita" (LG 16). Sono i "semina Verbi", quei barlumi di verità che lo Spirito semina nei cuori e nelle forme sincere di religiosità.

Spesso però la ricerca dell'uomo è limitata da errori e debolezze, quando non di oggettive perversioni. Da qui il dovere di testimoniare il vangelo, e di portare la missione certamente là dove Cristo non è ancora conosciuto, ma soprattutto là dove una cultura laicizzata ha rifiutato Dio sommersa da pregiudizi ed "emancipazioni". Così oggi ci esorta san Paolo alla testimonianza: "Fate tutto senza mormorare ed esitare, per essere irreprensibili e puri, figli di Dio innocenti in mezzo ad una generazione malvagia e perversa. In mezzo a loro voi risplendete come astri nel mondo, tenendo salda la parola di vita" (Epist.). Una "parola di vita": è la fierezza della nostra fede che offre l'unico pieno umanesimo. Radice psicologica della missione è la certezza di avere l'unica verità sull'uomo, e quindi l'unica vera opera di umanizzazione!

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Gioia di un possesso, ma coscienza che è un dono, quello della nostra esperienza di Cristo. Senza presunzioni o esclusivismi che umiliano gli altri. Dialogo, rispetto, umiltà nel rapporto con i non credenti. E' quanto emerge anche nelle forme di confronto delle varie "cattedra dei non credenti" o "cortile dei gentili" che vanno nascendo nell'ambito più generale di un "progetto culturale" quale nuova forma di evangelizzazione entro un mondo sempre più plurietnico, pluriculturale e plurireligioso.

 

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