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TESTO La parola alle Scritture

padre Gian Franco Scarpitta  

III Domenica di Pasqua (Anno A) (08/05/2011)

Vangelo: Lc 24,13-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 24,13-35

13Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». 25Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Non tutti i destinatari dell'annuncio della Resurrezione si mostrano pronti e convinti nel ricevere questa lieta notizia. Già di fronte al fenomeno evidente delle apparizioni fisiche, gli Undici si mostrano scettici, stupiti e trepidanti, al punto che Gesù deve necessariamente mostrare loro le mani e i piedi (per Giovanni il costato) e consumare un pasto con loro. Maggiore perplessità e scetticismo i seguaci del Signore mostrano quando il Risorto si mostra loro per via indiretta, nell'anonimato e senza qualificarsi. In questo caso non soltanto usano refrattarietà e distanza in fatto di fede nei suoi confronti, ma addirittura lo definiscono "straniero" ed "estraneo", esternando perfino qualche delusione: "Noi ci aspettavamo che fosse lui a liberare Israele!". Come se quello della liberazione in Gesù fosse stato un progetto politico o nazionalistico.

Questo sta accadendo ai nostri viandanti diretti ad Emmaus. A differenza che agli apostoli rintanati per paura dei Giudei, fra i quali Tommaso, ad essi (che sono discepoli e non apostoli) non viene chiesto di riconoscere Gesù nelle sembianze fisiche o esteriori: egli non si presenta loro affermando "pace a voi" o mostrando segni tangibili della sua identità, ma si appella alla loro apertura di cuore e alla loro istruzione sulle Scritture. In questo caso infatti argomenti convincenti devono essere i riferimenti ai profeti, l'insieme dei passi scritturali che prefiguravano il Messia messo a morte e poi risuscitato che doveva patire e soccombere per entrare nella gloria Di conseguenza si chiede a questi uomini la disposizione di fede e di accoglienza immediata del mistero di salvezza.

Il Risorto si mostra loro insomma mostrando qualcosa di più profondo e radicato che non le sembianze fisiche, perché è il cuore che deve avere il sopravvento sulla sensorialità tattica e visiva.

Invece, conversano animatamente fra di loro su un evento sensazionale, su un fatto di cronaca recente che ha suscitato scalpore e che è sulla bocca di tutti, specialmente per un particolare insolito che suscita stupore e meraviglia, quello della risurrezione di Gesù. Considerando che (come afferma qualche studioso) nelle conversazioni abituali gli Ebrei toccavano sempre argomenti religiosi, questo atteggiamento dei viandanti ad Emmaus è insolito e mondano perché discutono appunto di un avvenimento paragonabile ai nostri campionati del mondo di calcio o alla guerra in Libia.

La loro durezza di cuore non consiste nel non aver riconosciuto subito il Signore mentre camminava in loro compagnia, ma nell'aver mostrato già di prima durezza di cuore, preclusione e refrattarietà.

Per esempio, essi avrebbero potuto considerare il riferimento di Pietro al patriarca Davide (I lettura) che aveva parlato di Gesù come del Santo che non fu abbandonato negli inferi e la cui carne non ha subito la corruzione. Avrebbero potuto rievocare i detti di Zaccaria sull'umile Messia cavalcatore di un puledro figlio d'asina, o Isaia intorno al Servo Sofferente di Yavhè, tutti passi che si riferiscono al Salvatore che sarà il Cristo e quanto di lui prefigurava la Legge e i profeti. L'obiezione di Gesù che compare in incognito è quindi motivata: "Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?" Non avrebbero dovuto meravigliarsi, visto che, come afferma Pietro sempre nel suo discorso di Pentecoste di cui alla Prima Lettura, tutto ciò è avvenuto "secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio", quindi senza nulla di casuale e di fatalistico.

E'significativo che questi due camminatori riconosceranno Gesù solo durante il pasto, mentre egli spezza il pane dopo aver reso grazie: il particolare ci ricorda il luogo nel quale ancora oggi non i sensi ma la fede ci invita alla riconoscenza del Signore realmente presente e operante: l'Eucarestia. In questa circostanza Gesù ci si propone come pane vivo e alimento di vita eterna, invitandoci alla comunione con lui dopo aver donato se stesso nel gesto della ripartizione del suo Corpo ed è esaltante che i due discepoli aprano gli occhi proprio in questa fase del pasto.

L'esperienza di questi due pellegrini tuttavia è allusiva di una certa reticenza comune da parte degli uomini nel prestare fede indiscussa alle parole della rivelazione, soprattutto se questo argomento riguarda la risurrezione di Cristo. Vi è molta difficoltà nel riconoscere Gesù come compagno ordinario di viaggio e come comune riferimento di vita: lo si cerca dove in realtà meno egli si farebbe trovare, cioè nell'ebbrezza del portento o del miracolo, e comunque nello straordinario delle nostre esperienze, mentre il luogo nel quale egli si fa trovare realmente è la vita di tutti i giorni.

Quanto la rivelazione ufficiale ci riferisce di Gesù Risorto nella Scrittura e nella Tradizione della Chiesa dovrebbe già essere sufficiente a renderci soddisfatti e assecondare le nostre attese, perché è proprio nella Parola ispirata che egli si manifesta in tutta la sua potenzialità salvifica. Dovremmo essere molto soddisfatti nel riconoscere Gesù presente e operante anche nei Sacramenti (tutti) soprattutto quello della sua presenza reale e sostanziale, come pure negli ambiti della azione ecclesiale e della carità. E invece sembriamo abituati a tutti questi doni preziosi di grazia che egli ci ha elargito e accorriamo al primo grido sensazionalistico delle presunte visioni e apparizioni, dei miracoli o delle cosiddette rivelazioni private che - fatta eccezione per i casi accertati e riconosciuti - molte volte sono semplicemente il riflesso di fantasie e di desideri inconsci insoddisfatti.

Occorre riconoscere la profondità della novità di salvezza apportata da Cristo Risorto, immedesimarci nel mistero della sua presenza silenziosa ma effettiva, configurarsi nei suoi sentieri ben differenti dai nostri. E soprattutto rammentare a noi stessi che, per quanto possa sembrare inverosimile, colui che è Risorto è lo stesso Signore che era stato crocifisso e pertanto è necessario il passaggio, continuo, vitale, dalla morte alla vita, dall'oscurità alla luce, dal dolore alla gioia, che caratterizza di fatto la vita cristiana.

 

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