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TESTO Commenti su Giovanni 9,1-41

Monastero Domenicano Matris Domini  

IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno A) (03/04/2011)

Vangelo: Gv 9,1-41 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 1passando, vide un uomo cieco dalla nascita 2e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». 3Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. 4Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. 5Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». 6Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». 10Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». 11Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». 12Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».

13Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».

18Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». 20I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; 21ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». 22Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».

24Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». 25Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». 26Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». 27Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! 29Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». 30Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». 34Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

35Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

39Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». 40Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». 41Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».

Forma breve (Gv 9, 1.6-9.13-17.34-38):

In quel tempo, Gesù 1passando, vide un uomo cieco dalla nascita; 6sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!».

13Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».

34Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

35Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

Contesto
Il testo di oggi è il racconto di uno dei segni che dominano la prima parte del vangelo di Giovanni, in particolare si trova nella sezione terza (cap. 5-10) e racconta il quarto e ultimo segno di quelli narrati in essa. La guarigione di un uomo nato cieco, unico caso nel NT; si avvicina alle guarigioni di ciechi narrate dai sinottici, in particolare Mc 8,22-26 e 10,46-52; in esso emerge il simbolismo della luce e, come nel testo di domenica scorsa (la samaritana Gv 4,1-42), abbiamo una progressione nella comprensione dell'identità di Gesù.
Siamo di fronte all'unico dialogo nel testo giovanneo che è sostenuto da una persona diversa da Gesù con i suoi interlocutori/accusatori i farisei/giudei; il testo ha un andamento giudiziario, come un vero processo, che secondo lo stile di Giovanni, lungo tutto il vangelo mette a confronto Gesù Cristo e i suoi contemporanei. Il tema della luce sottolinea come in Gesù sia giunto il momento del giudizio del mondo: alla luce che è Cristo stesso, si svelano i segreti dei cuori e ciascuno deve schierarsi a favore o contro di lui.
Il testo sembra essere una catechesi Cristologia con accenti apologetici, utilizzata dalla prima comunità giovanneo espulsa dalla sinagoga e in seguito utilizzata come catechesi battesimale. Possiamo dividere la pericope in tre grosse sezioni:
vv. 1-7 il segno con cui Gesù manifesta le opere di Dio;
vv. 8-34 la sua interpretazione in quattro fasi: vv. 8-12 identità del cieco e deposizione iniziale; vv. 13-17 interrogatorio del guarito; vv.18-23 interrogatorio dei suoi genitori; 24-34 nuovo interrogatorio del guarito;
vv. 35-41 prese di posizione: del guarito che crede (vv. 35-38); d altri che non credono (vv. 39-41).
Anche le altre letture (Sam 16,1-13 e Ef 5,8-14) di questa IV domenica quaresimale riprendono il tema della luce e del vedere.
1 Passando (Gesù), vide un uomo cieco dalla nascita 2 e i suoi discepoli lo interrogarono: "Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?".

3 Rispose Gesù: "Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. 4 Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. 5 Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo".
6 Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7 e gli disse: "Va' a lavarti nella piscina di Sìloe" - che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

La prima sezione del testo ci fornisce la descrizione del fatto e la sua definizione; sembra nascere da una domanda dei discepoli (v. 1b) che riporta una convinzione comune secondo la quale esisteva un rapporto diretto tra malattia e peccato (cfr. Es 9,1-12; Sal 38,2-6; Ez 18,20).
Vengono presentati i protagonisti: Gesù e l'uomo cieco. Del primo si dice che stava passando; in senso teologico ciò indica che egli è sempre in cammino per incontrare ogni persona. Nel caso presente si fa attento a quest'uomo cieco, descritto in atteggiamento contrario, fermo, in attesa di aiuto (come il paralitico di Betesda, cfr. 5,1-9).
I vv. 3-5 presentano la risposta di Gesù: la situazione di quest'uomo ha un senso nel piano di Dio, che è volontà di salvezza: perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Gesù intende ridargli l'integrità fisica e con questo gesto manifesta la sua natura divina. Il segno, la guarigione indica simbolicamente il passaggio dall'incredulità (le tenebre) alla fede (la luce), così che il cieco risanato diventa il prototipo di tutti coloro che giungono alla fede.
Il giorno (v. 4) indica la vita terrena di Gesù, durante la quale egli svolge la missione che il Padre gli ha affidato, e la notte di contro la sua morte imminente (cfr. 13,30); il plurale utilizzato al v. 4 suggerisce che anche per ognuno di noi c'è un tempo utile per ascoltare ed operare secondo Dio; sant'Agostino commenta a questo proposito "Operi dunque l'uomo finché vive, per non essere sorpreso dalla notte in cui non si può operare. E' ora che la fede deve operare mediante l'amore, e se ora operiamo, ecco il giorno, ecco il Cristo".
Infine il v. 5 compie l'identificazione della luce con Gesù stesso, con la forma classico in Giovanni del io sono (cfr. 8,12; 12,35).
Il segno viene compiuto con un gesto simbolico che richiama la creazione (cfr. Gn 2,7; Is 64,7) come a significare che l'intervento di Gesù ri-crea l'uomo nato cieco. Il nome della piscina Sìloe: significa canale inviante o acqua inviata; l'evangelista lo trasforma in senso attivo per significare Gesù che è l'inviato di Dio (uno dei titoli Cristologici caratteristici di Giovanni, cfr. 4,34). Tale piscina si trova ai piedi dello sperone meridionale della collina su cui sorgeva il tempio (cfr. 2Re 20,20; Ne 3,15).
Laconicamente l'evangelista ci informa a conclusione che quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. L'uomo accogliendo l'invito ad andare a lavarsi manifesta la sua disponibilità a compiere quanto la parola di Gesù dice (cfr. 1,12) e così ottiene la guarigione, non dall'acqua, ma da Gesù stesso, come sant'Agostino dice nel suo commento al vangelo di Giovanni: "si lavò a Siloe, cioè fu battezzato in Cristo").
8 Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: "Non è lui quello che stava seduto a chiedere l'elemosina?". 9 Alcuni dicevano: "È lui"; altri dicevano: "No, ma è uno che gli assomiglia". Ed egli diceva: "Sono io!".
10 Allora gli domandarono: "In che modo ti sono stati aperti gli occhi?". 11 Egli rispose: "L'uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: "Va' a Sìloe e lavati!". Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista". 12 Gli dissero: "Dov'è costui?". Rispose: "Non lo so".

La guarigione innesca una serie di polemiche che occupano la parte centrale e più lunga della pericope; si tratta di un gruppo di versetti divisi in tre scene precedute da una introduzione, i vv. 8-12, in cui si identificano l'identità del destinatario della guarigione, e la modalità del segno, della guarigione stessa.
Le diverse opinioni delle persone (vicini e coloro che lo avevano visto chiedere l'elemosina) citati dai vv. 8-9 contrastanti tra loro sono superate dalla dichiarazione del miracolato: egli diceva: "Sono io!". La difficoltà di riconoscerlo nasce dal fatto che è intervenuto qualcosa che lo ha reso diverso, nuovo, non solo sul piano fisico, ora ci vede, ma anche sul piano umano/spirituale. Da una situazione di inattività egli è passato, per l'azione risanate dello Spirito Santo, a quella di uomo libero.
A questo punto per la prima volta appare la domanda circa il modo in cui ti sono stati aperti gli occhi (la pericope la riprenderà in modo insistente cfr. vv. 15.19.21.26), ossia come è stato guarito; l'uomo risponde con semplicità identificando Gesù come colui che lo ha guarito, un taumaturgo (v. 10); però il miracolato non sa dove sia Gesù, ignora pure la sua vera identità.
Nella logica del racconto è il punto di partenza della comprensione Cristologia: quest'uomo vive ancora nel buio della fede, nonostante il dono della luce. La sua disponibilità e la sua apertura, però sono i presupposti positivi perché possa essere introdotto al mistero del Figlio di Dio, quando Gesù stesso gli rivelerà il disegno del Padre e lo porrà di fronte alla verità, ai vv. 35-38. (G. Zevini)
13 Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14 era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi.

15 Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: "Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo".

16 Allora alcuni dei farisei dicevano: "Quest'uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato". Altri invece dicevano: "Come può un peccatore compiere segni di questo genere?". E c'era dissenso tra loro.
17 Allora dissero di nuovo al cieco: "Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?". Egli rispose: "È un profeta!".

Ed ecco la prima scena del processo intentato contro quest'uomo: i vv. 13-14 precisano che era un sabato quel giorno, analogamente alla guarigione del paralitico (cfr. 5,1-9a). Se il vangelo di Giovanni riflette la situazione della sua comunità in contrasto con la Sinagoga possiamo vedere in questo uno dei temi su cui i due gruppi divergevano. L'opposizione tra farisei e Gesù si era prolungata tra quelli e la comunità cristiana primitiva.
Il nuovo racconto del miracolo (v. 15) evidenzia che Gesù ha operato un'azione proibita (fare del fango) per cui alcuni farisei, un po' legalisti potremmo dire, notano che egli ha infranto il sabato, è un peccatore, non viene da Dio (v. 16a). Altri puntano l'attenzione sul segno compiuto e affermano: come può un peccatore compiere segni di questo genere?(v. 16b). Al dissenso, sottolineato dall'evangelista, cerca una soluzione nella successiva domanda (v. 17) con il tentativo dei farisei di sottrarsi ad una presa di posizione chiara. Emerge qui l'ironia giovannea: i saggi farisei non sanno, mentre un povero cieco afferma con sicurezza che Gesù: è un profeta. Ossia Gesù non solo è gradito a Dio, ma agisce nel suo nome. Affiancando al progresso nella fede dell'uomo nato cieco, la reticenza e la chiusura dei farisei appare in tutta la sua evidenza (cfr. 4,19; 5,37 e anche Lc 24,19).
18 Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista.

19 E li interrogarono: "È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?".

20 I genitori di lui risposero: "Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; 21 ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l'età, parlerà lui di sé".
22 Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23 Per questo i suoi genitori dissero: "Ha l'età: chiedetelo a lui!".

Nella seconda scena si ricorre alla testimonianza dei genitori; i giudei non essendo disposti a credere al prodigio operato da Gesù e non trovando nel miracolato appoggio alla loro incredulità, tentano di sostenere che egli non era nato cieco. Dal v. 18 non si parla più dei farisei, ma dei giudei (v.10), ossia di tutto il gruppo legato al potere religioso e politico che si oppose a Gesù.
L'interrogatorio dei genitori ci mostra la loro paura: essi non si espongono e rimandano alla responsabilità del figlio la decisione sul miracolo avvenuto. C'è qui un rimando alla difficile scelta che ciascuno è chiamato a fare di fronte a Gesù e alle sue opere, ai suoi segni. Ognuno è invitato personalmente a decidersi per il profeta di Nazareth, impegnando la sua vita (G. Zevini), con il rischio di essere emarginato, ieri come oggi.
I vv. 22-23 ci mostrano la sovrapposizione dei due piani storici, quello del racconto della vita di Gesù e quello della chiesa di Giovanni verso la fine del I secolo, segnata da un'aperta ostilità tra comunità giudaica e cristiana. Come si sa la rottura ufficiale fu sancita al concilio ebraico di Jamnia tra 85 e il 90 d.C., dove Gamaliele II fece condannare i seguaci di Cristo; un redattore probabilmente inserì nel vangelo giovanneo questi versetti, proiettando sul passato quanto viveva la sua comunità, che era stata espulsa dalla sinagoga, alla fine del I secolo d.C.
24 Allora chiamarono di nuovo l'uomo che era stato cieco e gli dissero: "Da' gloria a Dio! Noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore".

25 Quello rispose: "Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo".

26 Allora gli dissero: "Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?".

27 Rispose loro: "Ve l'ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?".

28 Lo insultarono e dissero: "Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosé! 29 Noi sappiamo che a Mosé ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia".

30 Rispose loro quell'uomo: "Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31 Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32 Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33 Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla".
34 Gli replicarono: "Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?". E lo cacciarono fuori.

Andato a vuoto il tentativo precedente ecco la terza fase dell'interrogatorio: colui che era cieco viene di nuovo sottoposto ad una serie di domande che (v. 24) si aprono con un'espressione biblica, un invito ad esprimersi a favore della verità (cfr. Gs 7,19; 1Sam 6,5; Ger 13,16). Essa è nello stesso tempo esprime già un giudizio: si manifesta infatti la chiusura degli uni e l'apertura alla fede dell'uomo risanato da Gesù.
Egli si mostra nella sua risposta (vv. 30-33) come colui che ha abbandonato non solo le tenebre fisiche, ma anche quelle della mente e dello spirito. Egli riconosce che Gesù viene da Dio facendo un riferimento ai testi profetici (cfr. Is 29,18-19; 32,3-4; 35,5; 42,6-7;61,1).
La sua sicurezza lo aveva spinto poco prima al v. 27 (cfr. 1,19), a provocare coloro che lo interrogano: sebbene i giudei siano i sapienti in Israele paiono non comprendere e non vedere neppure ciò che è evidente. E' chiaro che l'evangelista sta mettendo in primo piano, nuovamente con una certa ironia, il destino di chi non si vuole aprire al dono della luce offerta dal Cristo.
Vi sono nei vv. 28-29 dei chiari rimando ad altri passi giovannei dove Gesù polemizza con farisei e giudei (cfr. 6,42; 7,27.42.52; 8,31-59; 10,22-39) e un confronto tra la sua opera e quella di Mosè.
Notiamo infine il forte legame di questo testo con Gv 3,3-21, in particolare tra il brano 3,3-7 e i 9,32-33, che fa di questa guarigione un simbolo dell'illuminazione battesimale e della nuova nascita da esso operata.
La conclusione (v. 34) mostra un atteggiamento che viene registrato da Giovanni anche in altri passi (cfr. 12,42; 16,2), ma che riflette probabilmente anche la sorte dei giudeo-cristiani insultati ed espulsi dalla sinagoga. Per i discepoli del Nazareno, confessare Cristo significa testimoniare la verità sotto la potente azione di Dio che ammaestra interiormente (cfr. 6,45) ed essere fuori dal giudaismo (G. Zevini).
35 Gesù seppe che l'avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: "Tu, credi nel Figlio dell'uomo?".

36 Egli rispose: "E chi è, Signore, perché io creda in lui?".
37 Gli disse Gesù: "Lo hai visto: è colui che parla con te".
38 Ed egli disse: "Credo, Signore!". E si prostrò dinanzi a lui.

La sezione conclusiva pone l'uomo risanato di nuovo di fronte a Gesù (v. 35) il quale seppe che l'avevano cacciato fuori e va a cercarlo, annota l'evangelista. Gesù non abbandona, ma ancora una volta va incontro a quest'uomo per fargli un ulteriore dono, dopo quello della vista del corpo, il dono della piena rivelazione di se stesso. La vicenda prefigura la vicenda della prima comunità (cfr. 15,1-16,4a).
Notiamo che egli si rivela come il Figlio dell'uomo, ossia colui che viene dal cielo per radunare gli uomini ed elevarli alla partecipazione della vita di Dio (cfr. 1,51; 3,14-15; 6,62-63) (TOB).
Il v. 37 ci presenta due elementi tipici del quarto vangelo: la parola e la visione, qui riuniti "Lo hai visto: è colui che parla con te" afferma Gesù. L'uomo risanato risponde con una piena adesione di fede espressa con le parole e un gesto carico di significato. Il verbo proskunéo (si prostrò) utilizzato è sempre in Giovanni di forte senso teologico ed indica l'adorazione dovuto a Dio (cfr. 4,20.21.22.23.24; 12,20). La fede di quest'uomo raggiunge la piena maturità.
39 Gesù allora disse: "È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi".

40 Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: "Siamo ciechi anche noi?".
41 Gesù rispose loro: "Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: "Noi vediamo", il vostro peccato rimane".

Alla piena adesione di fede dell'uomo risanato si oppone la cecità dei giudei, come Gesù afferma chiaramente. Il giudizio (che si voleva operare su Gesù) si ritorce contro di essi, che sono intenzionalmente rimasti nelle tenebre, nonostante il dono di luce offerto da Gesù con questo segno. Il termine krìma utilizzato qui per rendere giudizio ha valore sia positivo che negativo (a differenza di krìsis usato da Giovanni sempre in senso negativo). In Giovanni per il tema del giudizio cfr. 3,17-21; un rimando a questo tema anche in Mt 6,22-23.
Il v. 41 sottolinea come la presunzione di vedere, l'autosufficienza di chi pensa di avere da se l'illuminazione, la mancanza di fede in definitiva, esclude dall'azione liberatrice di Gesù, il solo che toglie il peccato (cfr. 3,36).
Meditiamo
1) Qual è il mio atteggiamento di fronte alle parole di Gesù, al testo del vangelo? Sono aperto alla novità che esso annuncia o ho mi lascio sviare da giudizi e opinioni precostituite? Sono disposto a cambiare per accogliere la luce offerta da Gesù sulla mia vita?
2) So vedere i segni che Gesù opera anche oggi nel mondo, nella chiesa, nella mia vita personale?
3) Vivo nella luce della grazia, ricevuta nel battesimo e sempre offerta nella celebrazione dei sacramenti della chiesa, lasciandomi illuminare da essa nelle diverse teppe della mia vita? O penso di sapere già tutto?

Preghiamo
Salmo Responsoriale  (dal Salmo 22)

Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.

Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l'anima mia.

Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.

Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;

il mio calice trabocca.

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.

Colletta
O Dio, Padre della luce, tu vedi le profondità del nostro cuore: non permettere che ci domini il potere delle tenebre, ma apri i nostri occhi con la grazia del tuo Spirito, perché vediamo colui che hai mandato a illuminare il mondo, e crediamo in lui solo, Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore. Egli è Dio...
Domenica, 10 aprile 2011

 

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