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TESTO Commento su Giovanni 4,5-42

Monastero Domenicano Matris Domini  

III Domenica di Quaresima (Anno A) (27/03/2011)

Vangelo: Gv 4,5-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 5giunse a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». 8I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. 9Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». 11Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». 13Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». 15«Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». 16Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». 17Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. 18Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». 19Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». 21Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. 24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». 25Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». 26Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». 28La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: 29«Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». 30Uscirono dalla città e andavano da lui.

31Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». 32Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». 33E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». 34Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. 35Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. 36Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. 37In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. 38Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».

39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». 40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. 41Molti di più credettero per la sua parola 42e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Collocazione del brano
Nella terza, quarta e quinta domenica di Quaresima l'evangelista Matteo lascia il posto a Giovanni con tre brani che sono stati utilizzati dalla Chiesa delle origini per la catechesi di coloro che avrebbero ricevuto il battesimo nella notte di Pasqua. Si tratta di tre brani piuttosto impegnativi: la Samaritana, il cieco nato e la risurrezione di Lazzaro.
Il vangelo di Giovanni, dopo i segni del miracolo delle nozze di Cana (2,1-12) e della purificazione del Tempio, racconta dell'incontro di Gesù con alcuni personaggi particolari: Nicodemo, che rappresenta la Legge e le guide di Israele, la Samaritana (i non giudei), il funzionario regio (il potere politico). L'incontro con ognuno di questi personaggi metterà in luce alcuni aspetti particolari della persona di Gesù.

Lectio
5. Viene dunque in una città della Samaria, detta Sicar, vicino al podere, che Giacobbe aveva
dato a suo figlio Giuseppe.

La città della Samaria di cui si parla è probabilmente l'attuale Askar, ai piedi dell'Ebal; aveva preso il posto di Sichem, distrutta nel 128 e nel 107 a.C. e ricostruita poi dopo il 72 d.C. con il nome di Flavia Neapolis, oggi Nablus. Ma al narratore non importa tanto la città quanto il ricordare che Gesù si ferma in un luogo che era stato del patriarca Giacobbe. Si vedrà subito il perché.
6. C'era là una fonte di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, si era così seduto sulla fonte. Era circa l'ora sesta.
L'evangelista parla di una fonte e ciò ci richiama subito a quanto Gesù dirà tra pochi versetti a riguardo di una fonte che disseta per sempre. Però l'indicazione geografica è reale. Secondo una leggenda rabbinica Giacobbe aveva compiuto un miracolo: avrebbe fatto traboccare oltre l'orlo del pozzo un'acqua abbondante. Ancora Giovanni ambientando un episodio vicino a un pozzo si pone in un tema letterario biblico patriarcale. In una regione in cui l'acqua è scarsa, i punti in cui essa sgorga diventano luoghi privilegiati di incontro, di conflitti e riconciliazioni, di antichi ricordi e leggende. Mosé aveva incontrato le figlie di Reuel (una di loro sarebbe poi divenuta sua sposa); le nozze di Isacco e di Giacobbe erano state combinate accanto a un pozzo. Anche dal punto di vista della teologia ebraica il pozzo assume grande rilievo. Vi è una tradizione giudaica, che Paolo riprende in 1Cor 10,1-4, in cui la fonte d'acqua donata da Dio addirittura seguiva il popolo di Israele nel deserto.
Le altre indicazioni di questo versetto si ritrovano anche in un testo di Giuseppe Flavio (autore ebreo del I secolo d.C.) che descrive Mosè dopo la sua fuga dal faraone. Anche Mosè era stanco, assetato e accaldato e a mezzogiorno si sedette accanto alla fonte (Antichità Giudaiche II, 254ss).
L'indicazione dell'ora sesta, mezzogiorno, potrebbe essere in antitesi con l'incontro che Gesù ha avuto con Nicodemo al capitolo precedente del vangelo di Giovanni. Nicodemo era venuto da Gesù di notte e aveva avuto con lui un dialogo alquanto differente da quello della Samaritana (cf Gv 3,2).
7. Viene una donna della Samaria ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere».
Questa donna rappresenta il suo popolo, i samaritani che hanno sete di qualcosa e vengono al pozzo del loro padre Giacobbe. La donna stessa rivela questa attesa del suo popolo: "Verrà il Messia che ci rivelerà tutto". Chiedendo da bere Gesù manifesta che ha sete come un qualunque uomo che vuole assicurarsi la vita. Però le sue parole sono le stesse che si trovano nel libro dell'Esodo, quando il popolo chiede da bere a Mosè (Es 17,2 e Nm 21,16). Gesù, nuovo Israele, sperimenta la sete del popolo, la sete che non è solo materiale, ma è sete della parola di Dio, come ne hanno parlato i profeti (Am 8,11).
8. Infatti, i suoi discepoli erano andati nella città per comperare dei viveri.
Questo inciso sottolinea il fatto che Gesù è da solo. E' lui che semina la fede nel cuore della samaritana e poi dei suoi compaesani.
9. Gli dice dunque la donna samaritana: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I giudei, infatti, non hanno rapporti con i samaritani.
Gesù si è rivolto alla samaritana su un piano di parità. Questo desta la sorpresa della samaritana.
Gesù infatti, come ci spiega Giovanni, rivolgendo la parola alla samaritana, ha infranto una delle regole essenziali vigenti tra questi due popoli.
10. Gesù le rispose e disse: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice "Dammi da bere", tu (ne) avresti chiesto a lui e ti avrebbe data acqua viva».
Gesù non accetta la provocazione di tipo etnico e cerca di indirizzare l'attenzione della donna su qualcosa di più fondamentale. La differenza tra i due tipi di acqua non è tanto sul fatto dell'essere acqua viva (anche il pozzo di Giacobbe dava acqua viva). In questo senso Gesù riesce a ‘imbrogliare' la donna.
11. Gli dice [la donna]: «Signore, non hai neppure un secchio e il pozzo è profondo; donde hai dunque l'acqua viva? 12. Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo, e ci bevette lui e i suoi figli e il suo bestiame?».
La reazione della donna parte dall'ultimo elemento, l'acqua viva, per poi risalire all'identità di Gesù (chi sei? sei più grande di Giacobbe?). Sembra non aver sentito l'elemento più importante: se tu conoscessi il dono di Dio... Però quel suo "da dove" ha un significato molto importante nel vangelo di Giovanni, connesso al mistero di Gesù stesso. Inoltre il lettore sa bene da dove egli trarrà quest'acqua viva, cioè dal suo costato trafitto (Gv 19,34).
La samaritana chiede a Gesù se è più grande di Giacobbe. Altri gli faranno una domanda analoga: sei più grande di Abramo? (Gv 8,56) e altrove egli viene messo in contrapposizione con Mosè (6,32). E' un tema ricorrente in Giovanni, che sottolinea la superiorità di Gesù rispetto ai padri del popolo eletto, senza con ciò sminuire la loro importanza nella storia della salvezza.
13. Gesù le rispose e disse: «Chiunque beve di questa acqua avrà sete di nuovo. 14. Ma chi berrà

dell'acqua che io gli darò, non avrà sete in eterno; ma l'acqua che gli darò, diventerà in lui una
fonte d'acqua zampillante per la vita eterna».

Ancora Gesù non risponde direttamente alla donna, bensì decanta le qualità della sua acqua. Per fare questo si pone sull'elemento dell'avere ancora sete e del non avere più sete. Allo stesso modo contrapporrà la manna al pane che egli darà (Gv 6,49ss). Se quest'acqua toglierà per sempre la sete egli è davvero più grande del patriarca Giacobbe. C'era un'acqua promessa da Ezechiele che avrebbe purificato i cuori (Ez 36,25-27), questa è un'acqua ancora più significativa: zampilla per la vita eterna. Rappresenta un modo nuovo e permanente di esistenza. L'acqua diventa vita eterna, sale e sgorga di continuo, simbolo della vita dell'uomo che dipende da Dio. Ancora un testo samaritano identificava l'acqua e la Legge. L'acqua pura di Ez 36 è lo Spirito, che si identificherà con la legge interiore, perché è lo Spirito che renderà possibile l'obbedienza alla Torah.
15. Gli dice la donna: «Signore, dammi quest'acqua ché non abbia (più) sete né mi rechi qui ad attingere».
In poche battute Gesù ha provocato un inversione. Ora è la donna che ha sete e non lui. Forse la domanda della samaritana è ancora legata alla sua esperienza materiale, l'acqua quotidiana, però al tempo stesso può esprimere una richiesta più profonda, un'attesa, una sete che può essere colmata solo da Gesù. Si ritorna qui all'espressione iniziale di Gesù: "Se tu conoscessi il dono di Dio".
Dono di Dio era il pozzo che accompagnava Israele nel deserto. Gesù realizza un identificazione di sé con il pozzo: è lui il "dono di Dio". Dio è favorevole agli uomini, vuole appagarli pienamente.
Con queste parole Gesù invita la samaritana a risalire dal pozzo a Dio stesso, al Dio che ama e che dona. Lo stesso movimento lo chiederà nel capitolo 6 ai galilei per i quali ha moltiplicato il pane.
Anch'essi diranno "Dacci questo pane!".
16. Le dice: «Và, chiama tuo marito e vieni qui». 17. La donna gli rispose e disse: «Non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: "Non ho marito"; 18. infatti, hai avuto cinque mariti e quello che hai adesso non è tuo marito; (quanto a) ciò hai detto il vero».
Questa digressione sul passato della donna sembra alquanto fuori luogo. Inoltre vi sono delle incongruenze: secondo la legge si potevano contrarre al massimo tre matrimoni. Forse prevale in questo dialogo il senso allegorico. I cinque mariti potrebbero essere i cinque déi introdotti in Samaria dopo la conquista assira del 721. Quindi non sarebbe fuori luogo il fatto che il discorso continui parlando di luoghi di culto. La samaritana con i suoi cinque mariti, e il sesto che non è suo marito, sarebbe l'allegoria della Samaria che viene esortata da Gesù a chiamare JHWH come suo vero marito, come suo vero Dio.
Ciò non esclude anche una vera rappresentazione della situazione della donna. Gesù si presenta a lei come il vero marito che cerca e che non ha ancora trovato, la vera risposta alla sua sete più profonda.
19. Gli dice la donna: «Signore, vedo che tu sei profeta. 20. I nostri padri hanno adorato in questo monte e voi dite che è a Gerusalemme il luogo dove bisogna adorare».
La donna vedendo che Gesù ha delle capacità superiori alla norma le sottopone un problema che stava a cuore a lei come a tutto il suo popolo. I Samaritani avevano continuato ad adorare il Signore sul monte Garizim, a tre km da Sichem, poiché in quel luogo il Signore aveva benedetto Israele (Dt 11,29). Ancora in quel luogo era avvenuta la visione di Giacobbe (Gn 28,17). Essi avevano continuato a venerare il Signore in questo luogo anche dopo l'unificazione del culto a Gerusalemme. Vi era una domanda in sospeso nel popolo di Samaria, quella sulla validità del proprio culto e questa domanda avrebbe trovato risposta nel Messia che anch'essi attendevano.
21. Le dice Gesù: «Credi a me, donna, che viene l'ora quando né in questo monte, né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22. Voi adorate ciò che non conoscete; noi adoriamo ciò che conosciamo, poiché la salvezza è dei giudei.
Gesù sottolinea ciò che sta per dire con un solenne "credimi". La rivelazione è molto importante.
C'è una novità che è imminente, e viene espressa con un crescendo (viene l'ora... l'ora è adesso).
Non ci sarà più un luogo particolare in cui si adorerà il Signore. Non si abolirà il culto, ma esso verrà realizzato essenzialmente attraverso la lode. I samaritani non lo sanno, la salvezza verrà dai giudei. E' il popolo di Giuda che è il destinatario del disegno di salvezza di Dio, il Salvatore è nato da questo popolo.
23. Ma viene l'ora, ed è adesso, quando i veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e Verità; perché anche il Padre cerca (che siano) tali quello che l'adorano. 24. Dio è spirito, e quelli che l'adorano devono adorar(lo) in Spirito e Verità».
Viene l'ora, è adesso, con la presenza di Gesù stesso. E' già giunta l'ora in cui adorare il Padre da veri adoratori. Qui non ci si ferma più a un popolo in particolare, ma a tutti coloro che sapranno adorare il Padre in questa nuova dimensione. In Spirito significa proprio alla presenza dello Spirito che ha rigenerato il credente nel battesimo. In Verità si riferisce alla rivelazione portata da Gesù: l'adorazione del Padre richiede l'aver accolto il Verbo, aver riconosciuto Gesù come il Figlio di Dio. L'acqua viva si riaggancia all'adorazione poiché è simbolo della rivelazione di Gesù.
Dio è Spirito: Dio si può cogliere solo attraverso le sue manifestazioni all'uomo. La sua relazione verso l'uomo si realizza attraverso lo Spirito. Ciò che Dio chiede in cambio è la lode dell'uomo, che si può rivolgere a Dio ancora tramite lo Spirito.
25. Gli dice la donna: «So che viene il Messia, che è detto Cristo; quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa».
Lo stesso verbo dell'ora che deve venire (erkhetai) viene usato per il Messia che deve venire. I samaritani attendevano l'arrivo di qualcuno che doveva tornare. Forse era lo stesso Messia che attendevano i giudei o un profeta che avrebbe rivelato gli ultimi segreti divini (cf. Es 20,21b, Dt 18,15).
26. Le dice Gesù: «Sono io, che ti parlo».
Gesù si manifesta apertamente. A nessuno mai si è rivelato in questo modo, se non alla samaritana.
Egli risponde all'attesa di questa donna.
27. E in quel momento vennero i suoi discepoli, e si meravigliavano che parlasse con una donna. Tuttavia nessuno (gli) disse: «Che cerchi?», oppure: «Perché parli con lei?».
I discepoli che sono arrivati dalla città si meravigliano che lui parli con una donna e non tanto con una samaritana. La seconda domanda dovrebbe essere più propriamente "Di che cosa le stai parlando?".
28. La donna dunque lasciò la sua brocca e andò nella città, e dice agli uomini.
Alla rivelazione di Gesù come Messia la samaritana non professa la sua fede, però va subito in città a dire agli altri di aver incontrato una persona speciale. Perché la donna lascia la brocca? Non tanto per la fretta, come è stato interpretato da Origene e da altri autori antichi. Ella lascia la brocca che le serviva per attingere l'acqua del pozzo di Giacobbe perché ha trovato l'acqua viva di cui Gesù le ha parlato, grazie a quest'acqua lei non ha più avuto sete e non ha avuto più bisogno della brocca per venire ad attingere. Dopo che Gesù le ha detto di essere il Messia lui e la donna non si parlano più.
Ormai è stato detto tutto quello che c'era da dire tra di loro.
29. «Venite, vedete un uomo, che mi ha detto tutto quanto ho fatto. Che non sia lui il Cristo?».
La samaritana dice ai suoi compaesani che quell'uomo conosceva tutto il suo passato. Questo viene portato come indice della conoscenza di Gesù delle cose. La donna non dice apertamente che si tratta del Messia. Lo insinua velatamente. Saranno i suoi compaesani a fare l'esperienza diretta di Gesù e della verità della sua parola.
30. (Essi) uscirono dalla città e venivano da lui.
I samaritani credono alla parola della donna e vanno incontro a Gesù.
31. Nel frattempo i discepoli lo pregavano dicendo: «Rabbi, mangia». 32. Ma egli disse loro: «Io ho da mangiare un cibo che non conoscete». 33. I discepoli dicevano dunque tra loro: «Che qualcuno gli abbia portato da mangiare?». 34. Dice loro Gesù: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera.
I discepoli con la loro sollecitudine danno a Gesù il pretesto per dare loro un insegnamento su cosa era avvenuto durante la loro mancanza. Gesù ha un solo nutrimento: la sua unione con il Padre. Il suo cibo è fare la volontà di colui che lo ha mandato e portare a compimento la sua opera. Nessun testo giovanneo esprime in modo così pregnante l'atteggiamento di Gesù nell'esercizio della sua missione. Egli è pienamente fedele a Colui che lo ha mandato. Fare la volontà del Padre non significa solo accettarla fiduciosamente, significa cooperare alla sua realizzazione. Ecco perché egli deve portare a compimento un'opera. Lo dirà anche alla vigilia della sua morte (Gv 17,4). In questo episodio della samaritana i discepoli sono invitati a riconoscere nel comportamento di Gesù un'appassionata tensione a condurre a buon fine la causa di Dio stesso, la quale consiste nel far giungere gli uomini alla fede che è la vita eterna: è questo che la riconciliazione dei samaritani con Israele simboleggia.
35. Voi non dite: "Ci sono ancora quattro mesi e viene la mietitura? Ecco, vi dico, alzate i vostri occhi e contemplate i campi, che sono bianchi (pronti) per la mietitura.
Questa seconda parte del discorso di Gesù ai discepoli li coinvolge nella missione stessa del Padre e del Figlio. Anche loro sono chiamati ad essere missionari. I campi sono pronti per essere mietuti.
36. Il mietitore riceve già la ricompensa e raduna il frutto per la vita eterna, affinché il seminatore gioisca insieme con il mietitore.
Il mietitore riceve già la sua ricompensa, cioè il raccolto, il frutto stesso del suo lavoro. Egli riunifica, raduna il frutto: questa espressione sottintende la riunificazione tra il giudeo Gesù e i samaritani, la riunificazione dei fratelli separati. Questa riunione si ha per la vita eterna, il dono di Dio, l'acqua che zampilla per la vita eterna del v. 4,14. Il seminatore e il mietitore gioiscono insieme perché vedono il frutto delle loro fatiche.
Questo discorso sulla mietitura sarebbe un simbolo della conversione dei samaritani. Il seminatore è Gesù che ha seminato da solo nel cuore della samaritana. I mietitori sono ancora Gesù e i discepoli che mietono quello che non hanno seminato. Già si incominciano a raccogliere i frutti.
37. In ciò, infatti, è vera la parola: "Altri è il seminatore e altri è il mietitore". 38. Io vi ho mandato a mietere ciò (per cui) non avete faticato. Altri hanno faticato, e voi siete subentrati nella loro fatica».
Ora vi è un cambiamento di prospettiva. Il seminatore e il mietitore che prima coincidevano ora diventano due personaggi differenti. Vi sarà un tempo in cui i discepoli raccoglieranno la messe seminata e coltivata con fatica da altri: Gesù e chi p venuto prima di lui (i profeti). Anche i discepoli saranno mandati a seminare la parola di Dio, ma essa non viene da loro, viene dal Seminatore, Gesù.
39. Molti samaritani in quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto ciò che ho fatto».
Come nel racconto riguardante i primi discepoli (Gv 1,36-41) la conoscenza di Gesù si fa grazie alla testimonianza di chi l'ha già conosciuto. Questo versetto si riaggancia a quello in cui avevamo lasciato la samaritana tornata al villaggio e introduce l'incontro di Gesù con i samaritani. Il verbo utilizzato è forte: la samaritana testimoniava, come Giovanni il Battista. La donna ha una funzione importante. Si arriva alla fede partendo da una testimonianza anche se è data da una donna senza alcuna autorità e addirittura appartenente a un gruppo scismatico. La fede della Chiesa continua a trasmettersi in questo modo. Frutto di un incontro personale con Gesù, la testimonianza porta l'uditore ad «ascoltare» la parola per approfondire la fede che la testimonianza ha suscitato.
40. Come dunque i samaritani vennero da lui, lo pregavano di rimanere con loro; e rimase là due giorni.
I samaritani si radunano attorno a Gesù e gli chiedono di fermarsi da loro. Sono le messi bianche che attendono di essere mietute.
41. E molti di più credettero per la sua parola; 42. e dicevano alla donna: «Non (è) più per il tuo discorso che crediamo; noi stessi, infatti, (l')abbiamo ascoltato, e sappiamo che questi è veramente il Salvatore del mondo».
La donna ha ipotizzato il Messia in Gesù: i samaritani vanno da Gesù perché pensano di trovare colui che doveva venire e che aspettavano. Ascoltando Gesù i samaritani comprendono che quest'uomo è molto più di ciò che essi speravano. Essi ora sanno chi è: è il Salvatore del mondo.
Queste parole sottolineano la riconciliazione dei samaritani con i giudei. Veramente essi comprendono che la "salvezza" viene dai giudei, vanno al di là del Messia che attendevano. Il mondo che viene salvato non è tanto il mondo malvagio, contro Dio che talvolta si incontra negli scritti di Giovanni. Qui il termine mondo indica il superamento delle barriere etniche. La salvezza di Gesù è davvero per tutti i popoli, anche se ha avuto inizio con l'esperienza dei giudei.
Meditatio
- Di che cosa ho sete? Dove vado a cercare acqua per calmare la mia sete?
- Quanto conta nella mia vita l'appartenere a un popolo, a una tradizione? Come guardo gli "stranieri"?
- Cos'è stato nella mia vita "il dono di Dio", chi è per me Gesù Cristo?
- Quali sono le persone che mi hanno annunciato Cristo, che mi hanno accompagnato fino ad aderire a Lui nella fede?
Preghiamo
(Colletta della III domenica di Quaresima - Anno A)

O Dio, sorgente della vita, tu offri all'umanità riarsa dalla sete l'acqua viva della grazia che scaturisce dalla roccia, Cristo salvatore; concedi al tuo popolo il dono dello Spirito, perché sappia professare con forza la sua fede, e annunzi con gioia le meraviglie del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

 

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