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TESTO Commento su At 2,14a.36-41; Sal 22; 1 Pt 2,20b-25; Gv 10,1-10

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IV Domenica di Pasqua (Anno A) (15/05/2011)

Vangelo: At 2,14a.36-41; Sal 22; 1 Pt 2,20b-25; Gv 10,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 10,1-10

1«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

La liturgia odierna, non ci presenta, come le domeniche precedenti, i racconti della sua manifestazione del Risorto ai discepoli, ma ci invita a contemplare Gesù come pastore e porta dell'ovile. L'evangelista Giovanni, di cui oggi leggiamo il brano evangelico, ci invita a guardare a Cristo come all'unica porta attraverso la quale è possibile uscire dai propri limiti, dalle proprie angosce, dalle proprie delusioni e metterci per mezzo di essa in rapporto con Dio.
Chi ci da la fiducia di poter andare oltre questa porta? Noi conosciamo l'angoscia e il tormento di trovarci di fronte a una porta che, non necessariamente siamo in grado di aprire. Per nostra buona sorte siamo rassicurati dalle parole di Giovanni il quale ci dice che Gesù, oltre ad essere la porta, è anche colui che la apre a quanti osservano i suoi comandamenti. Ma Gesù è presentato da Giovanni anche come pastore che non vuol lasciarci soli nell'angoscia a risolvere l'enigma. Non solo non ci sgrida ma ci esorta con voce suadente a lasciare che Lui apra la porta, perché non intende trattenerci dentro l'ovile, al contrario, Egli stesso ci apre il cammino verso una vita sempre più nuova e sempre più abbondante.

La predicazione apostolica ( At 2,14a. 36-41).
Questo brano degli Atti degli Apostoli fa parte dell'omelia che Pietro pronunciò il giorno di Pentecoste dopo che lo Spirito Santo si posò sugli Apostoli, riuniti nel cenacolo, sotto forma di fiammelle. Il discorso di Pietro è molto chiaro e l'invito pressante. Egli si rivolge hai presenti invitando, quanti ascoltano la sua parola alla conversione, a farsi battezzare per essere innestati in Cristo e ricevere il perdono dei peccati, a rompere in maniera decisa e definitiva col male. Questa è la predicazione di Pietro che la Chiesa ripete, sotto varie forme, da due millenni, invitandoci a diventare nuove creature con l'accoglienza della Parola.

Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla ( Sal 22, 2-6).
Solo il Signore è il pastore che ha interesse per le sue pecore e lo dimostra conducendole ad acque tranquille, a pascoli erbosi e le fa riposare in luoghi dove rapaci e predatori non le possano raggiungere. Le pecore si fidano di lui perché entra sempre dalla porta dell'ovile senza forzarla.

La giustizia passa per la croce ( 1Pt 2,20b-25). Proclamare la giustizia e la verità non è un cammino trionfale ma un cammino che conduce, in questo mondo, alla sofferenza. Cristo e gli Apostoli hanno sperimentato, nella propria carne, che il mondo, ripudia chi fa il bene, anzi lo combatte e cerca in tutti i modi di eliminarlo. Essere cristiani vuol dire accettare anche le incomprensioni e malvagità di questo mondo deponendole, con carità, nelle mani del Padre.

Cristo pastore e guardiano delle nostre anime ( Gv 10, 1-10).
In questo brano del Vangelo di Giovanni Gesù si propone, a quanti lo ascoltano, come " il buon Pastore", che ama le sue pecore ed esse lo riconoscono, lo ascoltano e fiduciose si lasciano da lui condurre sempre pronte a eseguire gli ordini dei suoi comandi. Molto tempo fa un vecchio pastore mi disse che a suo parere la pecora è l'animale più docile e ubbidiente che esiste sulla faccia della terra. e soggiunse: "Gli ovili hanno le porte, non perché le pecore altrimenti scapperebbero via, ma solo perché non vi entri qualche male intenzionato le volpi. Per tenerle dentro l'ovile è sufficiente che il pastore lasci il suo capello alla soglia dell'ovile ed esse non andrebbero mai oltre il capello del loro pastore". L'uomo non è una pecore né nei riguardi dei suoi simili né nei riguardi di Dio. I sui simili cerca di sopraffarli, Dio si fa di tutto per trasformarlo, senza riuscirci, in un idolo e quando le cose non si svolgono come lui desidera gira le spalle e si allontana, salvo ritornare di fretta quando si sente minacciato.

REVISIONE DI VITA
Crediamo fermamente che sul nostro ovile, la famiglia, veglia il pastore buono e giusto che ci tiene al sicuro e uniti in questo momento così incerto e tempestoso?
Oggi ci sono molti, anzi troppi, che si proclamano pastori, che amano condurre il gregge, non verso pascoli erbosi ed acque tranquille, ma verso le sabbie mobili dell'autodeterminazione, decimando i greggi.

 

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