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TESTO Più forte della Morte è l'Amore

don Alberto Brignoli  

V Domenica di Quaresima (Anno A) (10/04/2011)

Vangelo: Gv 11,1-45 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. 2Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». 8I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». 9Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».

11Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». 12Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». 13Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. 14Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». 16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 18Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

28Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.

32Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

 

Forma breve: Gv 11, 3-7.17.20-27.33b-45

In quel tempo, 3le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!».

17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

33Gesù si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

Chi non ha sperimentato la malattia grave - e in molti casi terminale - di una persona cara o di un amico? E chi di noi non ha sperimentato, di fronte a questa situazione, un senso di smarrimento, di frustrazione, di angoscia, di sconfitta? Non sapere cosa fare, né cosa dire, né come comportarsi in sua presenza o in presenza dei familiari più stretti... Rari, rarissimi sono i casi in cui una malattia terminale viene vissuta dal diretto interessato e dai suoi cari con una serenità in grado non solo di riuscire a non far sentire gli altri in imbarazzo, ma addirittura di trasmettere loro un senso di tranquillità e di pace. Occorrono dei doni particolari, oserei dire soprannaturali, per riuscire a vivere con tranquillità una malattia che porta alla morte.

Qualsiasi uomo, per quanto forte possa essere, di fronte alla propria esistenza che sta per spegnersi e della quale prende coscienza, è messo a dura prova.

E ognuno reagisce in maniera diversa: c'è chi tace, c'è chi si dispera, c'è chi soffre più per il pensiero dei propri cari lasciati presto soli che per se stesso, chi impreca contro la Vita e contro Dio, chi si rinchiude nella propria depressione, chi lotta fino all'ultimo convinto di potercela fare, chi invece sin dall'inizio non ce la fa', e poi gioca d'anticipo sulla morte...

Non potremo mai sapere, perché il Vangelo di Giovanni non ce lo dice, come Lazzaro di Betania abbia reagito di fronte alla malattia che lo ha portato alla morte.

Sappiamo però come Maria e Marta, le sue amatissime sorelle, hanno vissuto quei momenti: sia quelli precedenti che quelli immediatamente successivi alla sua scomparsa. Sentono che la malattia del fratello è troppo impegnativa per essere vissuta in solitudine: e allora, nonostante a quei tempi le difficoltà nella comunicazione fossero oggettive, fanno avvisare l'amico del cuore, quello che passava da casa loro ogni volta che dalla Galilea scendeva in Giudea, quello che per loro aveva sempre una parola di saggezza, quello che "imbambolava" Maria al punto da venire entrambi rimproverati da Marta, quello che amava le due sorelle e il loro fratello di Betania in una maniera tutta particolare.

Gli mandano a dire che Lazzaro sta male, che stavolta non ce la farà... chissà, magari lui può fare qualcosa, magari lui arriva dove i medici non hanno potuto... la cura dell'amore è capace di fare cose ben più straordinarie della medicina e della scienza.

Ma il Rabbì, il Maestro di Galilea, l'amico del cuore, reagisce in modo misterioso: coglie da subito la gravità della situazione, eppure non si precipita affatto a salutare l'amico per l'ultima volta. "Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava": nessuna fretta, a quanto pare! Chissà, forse temeva ancora i Giudei che al capitolo precedente avevano cercato di arrestarlo per via del cieco guarito in giorno di sabato e per i suoi discorsi sul Buon Pastore e sulle false guide. Era certamente più prudente stare al di qua del Giordano, in territorio neutrale, fuori dalla giurisdizione dei Sommi Sacerdoti.

Ma così non andava bene: avrebbe voluto dire sottrarsi al suo dovere di amico, e soprattutto di Maestro e di Figlio di Dio.

E allora, due giorni dopo, si decide a tornare in Giudea: ma non è certo la malattia terminale di Lazzaro che lo preoccupa. Sa bene che Lazzaro è morto, e lui ci arriva quando "Lazzaro già da quattro giorni era nel sepolcro"; quattro giorni che sommati ai due di attesa fanno sei. E al "sette" ne manca ancora uno... anche alla donna di Samaria mancava il "settimo" uomo, e arriva proprio lui a cambiarle la vita... anche al cieco nato mancava la luce, e lui gliela dona il "settimo" giorno... nemmeno la morte, allora, può mettere il suo sigillo sulla tomba di Lazzaro il "settimo" giorno, perché l'ultima parola, la "settima", sarà una Parola di Vita.

Ha una forza impressionante, la Parola di Vita del Maestro. È la forza dell'Amore. Ed è un Amore talmente forte che smuove ogni cosa.

È eterno e irremovibile, ma attira a sé ogni cosa; l'Amor che move il sole e l'altre stelle - come lo chiamerà Dante - è sufficiente che sia udito perché muova Marta, la solita intraprendente Marta, a fare tre chilometri di corsa per andare da lui a chiedergli di continuare a supplicare Dio, che "qualunque cosa gliela concederà" perché lui è "il Cristo, il Figlio di Dio".

E poi muove Maria, chiusa come suo solito nella contemplazione, questa volta del dolore. Lei non chiede: lei si getta ai piedi, e supplica, e grida a Gesù il suo dolore, e come già Marta prima, quasi lo rimprovera per non essere stato lì prima.

Ora però è tutto inutile. Inutile fare commenti, inutile dire "ma", "però", "se"... inutile criticare chi fa miracoli solo quando gli fa comodo...

Tutto inutile. Lazzaro non c'è più. Forse c'è spazio solo per il versetto 35 di questo meraviglioso capitolo 11 di Giovanni. Uno dei versetti più genuinamente umani, ma insieme squisitamente divini, di tutta la Cristologia biblica: "Gesù scoppio in pianto".

Perché questo è il Dio di Gesù Cristo, e questa è la sua forza: la compassione per le miserie umane, la condivisione del dolore dove c'è dolore, la condivisione del pianto dove c'è pianto.

È di questo Dio che abbiamo bisogno, perché la forza della sua compassione non può essere vinta.

Non c'è grotta tanto profonda e oscura da non poter essere violata; non c'è pietra tanto grande che non possa essere rimossa, non c'è cadavere così maleodorante che possa ributtare indietro, perché non c'è morte che non possa essere vinta da questo Amore.

E non importa se violare un sepolcro è un sacrilegio contro la legge della purità, non importa se questo "sacrilegio" è una firma in bianco sulla propria condanna a morte, redatta pochi versetti più avanti, nel Tempio, da Caifa e compagni: questo Amore, anche se muore, porta molto frutto.
Come un chicco di grano caduto in terra.

Appuntamento a Pasqua, allora, di buon mattino, nonostante il venerdì sul Golgota.

 

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