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TESTO La luce del Dio giusto e imparziale

padre Gian Franco Scarpitta  

IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno A) (03/04/2011)

Vangelo: Gv 9,1-41 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 1passando, vide un uomo cieco dalla nascita 2e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». 3Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. 4Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. 5Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». 6Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». 10Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». 11Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». 12Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».

13Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».

18Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». 20I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; 21ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». 22Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».

24Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». 25Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». 26Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». 27Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! 29Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». 30Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». 34Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

35Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

39Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». 40Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». 41Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».

Forma breve (Gv 9, 1.6-9.13-17.34-38):

In quel tempo, Gesù 1passando, vide un uomo cieco dalla nascita; 6sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

8Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!».

13Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».

34Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

35Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

Il non vedente a cui è ridata la vista è al centro dell'attenzione in questa domenica liturgica e in effetti il tema verte su questo assunto: Gesù luce del mondo.

Vorrei tuttavia partire da un concetto che funge a mio giudizio da comune denominatore fra le letture odierne e che è in fondo il "succo" della tematica presentata: "Non conta quel che vede l'uomo: infatti l'uomo vede l'apparenza, ma il Signore vede il cuore." (I Lettura). L'espressione sottolinea la differenza fra i criteri di giudizio (e di azione) adottati da Dio e quelli di cui è capace l'uomo; fra quelli che sono gli atti decisionali da parte di Dio e le deliberazioni propriamente umane. Se ogni scelta o decisione divina dovesse seguire il metodo proprio della nostra forma mentis, nessuno sarebbe risparmiato dalle ingiustizie, dalle discriminazioni, dai compromessi e dalle raccomandazioni, e non di rado sarebbero anche eticamente legittime le disuguaglianze e le prevaricazioni.

Fortunatamente, fra il pensare di Dio e quello dell'uomo vi è una differenza abissale e al contrario di quanto avviene nella nostra vita associata nella quale spesso conta più l'esteriorità, il nome e la parvenza, Egli non fa preferenze quanto a persone, provenienze, sistemi culturali, etnie e appartenenze sociali. Dio nel giudicare e nello scegliere tiene conto piuttosto dell'Amore che è la motivazione fondamentale per cui non va fatta differenziazione alcuna fra uomo e uomo, ad eccetto dei poveri, degli indifesi e degli emarginati, questi appunto perché continuamente vessati e perseguitati dalle ingiustizie del nostro sistema discriminatorio.

Non l'apparenza o la frivolezza, quindi, ma il "cuore", cioè la rettitudine, la semplicità e la buona disposizione dell'animo all'umiltà e alla generosità, elementi solitamente trascurati nei nostri procedimenti di selezione della persona da assumere o da sostenere, eppure molto promettenti e forieri di garanzie anche professionali. La scelta divina secondo il cuore e non sull'apparenza e sulla banalità, motivata dalla sola misericordia e dalla giustizia divina che supera di gran lunga le posizioni umane, è indice di meriti obiettivi e mirati, che tutti possono conseguire sempre in ragione dello stesso amore di Dio.

Non si spiegherebbe altrimenti la scelta di Davide, umile pastorello ultimo di sette fratelli, come futuro re da consacrarsi: egli viene indicato a Samuele da Dio come il più meritevole dell'unzione regale rispetto agli altri fratelli, non perché avesse qualche particolare carisma o potenzialità, ma per un atto della libera iniziativa di Dio che guardava appunto al "cuore" anziché all'esteriorità del soggetto.

Neppure si spiegherebbe l'intervento di Gesù a beneficio di quel povero cieco nato, ormai rassegnato da sempre a menare una vita di limitazioni e di restrizioni a causa di una crudele infermità che lo accompagnava sin dal seno materno; ma soprattutto non avrebbe senso la risposta sollecita di Gesù agli straniti interlocutori: "Né lui ha peccato, né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio". Con queste parole Gesù smonta tutti i pregiudizi e le illazioni insiti nella concezione corrente per cui ogni malattia fisica era conseguenza di un peccato commesso dallo stesso infermo o dai suoi progenitori; supera il cinismo di coloro che discriminano i "giusti" dai presunti "peccatori" e per ciò stesso valica quelle differenziazioni di ceto per le quali vi era chi potesse vantare più diritti degli altri, anche in ordine alla guarigione. Egli mette in risalto piuttosto la vera motivazione per la quale si verificano parecchi stati di malattia, il vero senso di ogni infermità e la ragione insita per cui questa si verifica nonostante la certezza di un Dio buono e provvidente: le opere di Dio. Se non vi fossero situazioni di dolore e di malessere Dio non potrebbe manifestare la sua misericordia nei confronti di chi soffre, e non potrebbe neppure proporsi a noi come nostra speranza e sollievo nella lotta e nella fatica. Se non esistesse la malattia, Egli non potrebbe mostrarsi a noi come sollecito medico del fisico e dello spirito e non potrebbe manifestare la sua vicinanza e la sua condivisione.

In Cristo crocifisso invece Dio continua a rendersi solidale con la sofferenza dell'uomo sia singolo che collettivo, infonde coraggio, fiducia e sollievo nel dolore e propone sempre la condivisione della sua passione con il dolore e lo spasimo del sofferente.

Se quindi la concezione pregiudiziale del popolo di Israele aveva sempre dato la colpa al presunto peccato di quel cieco nato, adesso Gesù rivela la misericordia di Dio che prescinde dai preconcetti propriamente umani, e che mira piuttosto a mostrare la sua efficacia di redenzione e di salvezza verso chiunque.

Guarire come questo non vedente che recupera le facoltà visive è possibile solo grazie alla gloria divina che si manifesta nell'amore e nella misericordia e che ricompensa il continuo soccombere dei poveri, degli esclusi e dei sofferenti.

Ma c'è in questo episodio una guarigione destinata a tutti coloro che presumono di non possedere infermità, ma che in realtà sono avvinti dall'inquietitudine, dallo smarrimento e dall'inconsapevole dispersione, perché privi di un orientamento stabile e promettente: la guarigione dalla cecità spirituale, per cui si stenta a vedere nonostante le facoltà sensoriali visive.

Da essa si può guarire solo grazie alla luce perenne che può scaturire solo da Dio come fonte sorgiva unica e appagante: la nostra capacità di vedere, ossia di giudicare, valutare, soppesare ci rende tutti in partenza non vedenti poiché è spesso intrisa dall'oscurità dei falsi preconcetti e delle illazioni. Siamo incapaci ci vedere le cose da un punto di vista che non sia il nostro e per ciò stesso propensi alle conclusioni facili e gratuite che molte volte si rivelano mendaci e prive di rilevanza. Proprio questa incapacità di vedere e di discernere è spesso la causa dei nostri problemi con noi stessi e con gli altri, ci preclude ogni aspettativa di seria obiettività, rendendoci vittime delle nostre stesse preclusioni. Nessuno è più cieco di chi si ostina a non vedere, lasciandosi abbacinare volentieri dall'orgoglio e dalla presunzione per cui è chiaro e limpido solamente quello che mi fa comodo e che prediligo io stesso come verità.

Tale è l'atteggiamento di questi farisei che interpellano il cieco ormai sanato: essi negano perfino l'evidenza della gloria di Dio che si manifesta in Cristo, oppongono resistenza all'obiettività e al buon senso con la ridicola intenzione di voler legittimare a tutti i costi la lettera morta di una prescrizione scritta come quella del Sabato. E' vanità e melensaggine affermata volerci ostinare nelle nostre vedute, perseverare volutamente negli errori, credere nelle scuse in cui si vuol credere e persistere nelle erronee convinzioni per contravvenire alla verità e per non abbandonare le soluzioni di comodo che la cecità e la menzogna ci ha sempre procurato.

Sia pure inconsapevolmente, necessitiamo della luminosità che ci renda in grado di distinguere cose, situazioni e avvenimenti con reale obiettività e profondità ed essa non può esserci data che da colui che si definisce Luce del mondo, il Cristo Salvatore che vuole convincerci quanto alla verità obiettiva per incamminarci in una vita altrettanto obiettiva, fondata e veritiera.

 

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