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TESTO Cristo pane che nutrel, acqua che disseta.

padre Gian Franco Scarpitta   Chiesa Madonna della Salute Massa Lubrense

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III Domenica di Quaresima (Anno A) (27/03/2011)

Vangelo: Gv 4,5-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 5giunse a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: 6qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. 7Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». 8I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. 9Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. 10Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». 11Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? 12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». 13Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; 14ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». 15«Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». 16Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». 17Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. 18Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». 19Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! 20I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». 21Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. 24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». 25Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». 26Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». 28La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: 29«Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». 30Uscirono dalla città e andavano da lui.

31Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». 32Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». 33E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». 34Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. 35Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. 36Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. 37In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. 38Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».

39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». 40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. 41Molti di più credettero per la sua parola 42e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Il primo orientamento che ci sovviene da queste pagine bibliche è in direzione della Samaritana. Come già si rilevava a proposito del famoso episodio dell'uomo che incappava nei briganti percorrendo la strada da Gerusalemme a Gerico, i rapporti fra Ebrei e Samaritani erano di continua ostilità e la Samaria veniva considerata territorio impuro dall'ambiente giudaico, tanto che non la si poteva attraversare durante i percorsi di viaggio. Non è del tutto esatto quello che afferma Giovanni, che cioè Gesù "doveva per forza passare dalla Samaria" per raggiungere la Galilea, poiché in realtà si era soliti raggiungere quella meta percorrendo ben altre vie come il percorso lungo il mare oppure, dalla parte opposta, quello del Giordano.

. La "necessità" di Gesù descritta da Giovanni non è quindi di tipo geografico, ma salvifico, teologico: Gesù doveva passare "per forza" dalla Samaria perché nelle sue intenzioni (che sono quelle del Padre) vi era la volontà che anche quel popolo, come tutti gli altri esistenti, entrasse nell'ordine della salvezza diventando destinatario dell'annuncio del Regno e della vita nuova apportata dal Cristo. Nell'ottica della volontà universale di salvezza, i Samaritani erano preziosi a Dio alla pari di tutti gli altri uomini e andavano superati pregiudizi, illazioni e tensioni nei loro confronti. Quindi non era un problema per Gesù entrare in contatto con loro e neppure contravvenire a quelle norme usuali che vietavano ai Giudei di comunicare con i Samaritani di sesso femminile.

Ecco che pertanto Gesù, libero da ostilità e da pregiudizi, non esita a trattare quella (apparentemente) sconosciuta Samaritana come avrebbe trattato qualunque suo amico, confidente o parente stretto. Le chiede: "Dammi da bere" perché fisicamente spossato e in preda alla sete, quindi usandole quell'apertura e disinvoltura che supera le formalità, il distacco e l'indifferenza.

L'obiezione di questa donna "Tu che sei Giudeo chiedi da bere a me che sono una Samaritana?" dà occasione a Gesù di annunciarle la sconfinatezza dell'amore di Dio, l'universalità della salvezza e di comunicarle la nuova dimensione di vita piena e rinnovata che ora con il Regno andava affermandosi per tutti i popoli e per i singoli uomini e donne indistintamente. Si superano le barriere, le restrizioni e le circoscrizioni etniche e razziali e tutti quanti adesso diventano uno in Cristo Gesù. Tutto questi concetti vengono però resi espliciti da un solo elemento: l'acqua. Esso nella Bibbia è sempre stato visionato come simbolo e "luogo" di salvezza e di novità di vita, come a Meriba, durante la peregrinazione del popolo di Israele nel deserto in vista della tetta di Canaan, dove l'acqua zampilla dalla roccia per dissetare il popolo d'Israele; come a proposito del Diluvio, quando l'acqua distruttrice del genere umano ha dato l'opportunità a Dio di manifestare la sua misericordia verso l'uomo e il mondo nella restaurazione completa dell'umanità; come nel passaggio del Mar Rosso quando le acque si divisero perché il popolo eletto passasse all'asciutto per poi richiudersi sugli Egiziani oppressori. Quando la lancia del soldato colpirà il costato di Gesù appena morto sulla croce, ne scaturirà acqua e sangue: la prima segno della salvezza che verrà comunicata nel Battesimo, l'altro della redenzione e della nuova Alleanza ripresentata dal memoriale dell'Eucarestia.

Di questa stessa acqua di vita eterna Gesù sta parlando alla Samaritana sul pozzo di Giacobbe. Egli come tutta risposta allo sbigottimento di questa donna le rivolge la proposta di quell'acqua viva zampillante che è lo stesso Cristo, dono del Padre per l'umanità, accogliendo il quale si ottiene la salvezza e la vita piena, non importa se Samaritani, o Giudei, Palestinesi, Greci o altro ancora. Come l'acqua disseta tutti gli uomini e tutti ne fanno pronto uso quando siano in preda alla sete, così il Cristo disseta l'umanità intera riconciliandola con il Padre e diventando per essa riferimento vitale e indispensabile.

Qualsiasi nutrimento non è mai completo, la fame non è mai estinta quando si ometta di bere acqua. Potrebbero anche servirci le pietanze più appetitose e succulenti, i più grandi manicaretti o i dolci più sublimi e raffinati dei grandi ristoranti, ma senza l'unico liquidi in grado di dissetarci (birra e coca cola ne sono anch'essi composti) resteremmo in preda alla disperazione e all'indigenza pur essendo sazi. Parimenti, abbiamo riflettuto in altri contesti su come il Cristo sia il nostro alimento necessario in quanto pane vivo disceso dal cielo, ma egli non ci sazierebbe se non ci si presentasse anche come acqua, poiché è per noi alimento completo. Gesù sazia al contempo la nostra fame e la nostra sete e con la sua presenza e il suo annuncio possiamo avere la certezza di essere davvero esaltati e affermati al suo cospetto e di fronte al mondo. Di questa acqua di vita e di salvezza abbiamo bisogno tutti quanti specialmente in questo periodo cupo e desolato di tristezza e di sgomento causatoci da eventi demoralizzanti che minano la nostra speranza, quali il violentissimo terremoto in Giappone o la morte di tantissima gente vittima della violenza in Libia: avvenimenti come questi, che hanno già alimentato la fantasia e lo sfogo psicologico di quanti interpretano in essi l'imminenza della Fine, sono veri e propri turbamenti della serenità con cui possa svolgersi adeguatamente la nostra vita spirituale, la consistenza della nostra fede e la perseveranza in essa. Ma appunto perché Gesù appaga ogni nostra fame e sete globale non si deve cedere alla trappola dell'errore e della disperazione, rinnovando in noi stessi la certezza che comunque egli, anche in siffatti avvenimenti, non cessa di rinnovare la sua passione e la sua resurrezione a nostro vantaggio, anche quando questo non risulti immediatamente evidente e apodittico. Dissetarsi alla fonte del Cristo vuol dire però anche coltivare in noi stessi l'equilibrio, la fiducia e la costanza d'animo, coltivando costantemente e con rinnovato vigore tutti i legami che ci uniscono a lui in un vincolo di fraterna appartenenza perché bere equivale appunto ad assumere per vivere.

Alla pari che con la Samaritana, il simbolo dell'acqua viva ci aiuta però anche ad eiminare le barriere di divisione e di intolleranza che ancora non di rado sussistono fra i popoli e fra i singoli soggetti umani e a considerarci l'un l'altro destinatari degli stessi diritti di uguaglianza e di libertà affinché cessino le ragioni di fondo delle ostilità e si realizzi in pieno il clima della pace e della giustizia universale.

Sempre nel brano di Vangelo odierno egli ci invita a mietere laddove lui ha seminato, cioè a raccogliere i frutti del seme di amore e di giustizia che la sua Buona Novella ha arrecato a tutti con la sua venuta; i frutti cioè della fede e della speranza che vengono alimentati dal sano abbevera mento dell'acqua di vita che è egli stesso. E l'invito e rivolto a tutti, indistintamente.

 

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