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TESTO Commento su Matteo 5,38-48

Omelie.org - autori vari  

VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (20/02/2011)

Vangelo: Mt 5,38-48 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 38Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. 39Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, 40e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. 41E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. 42Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.

43Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. 44Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 46Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.

COMMENTO ALLE LETTURE

Da molti anni insegno matematica in una scuola superiore vicino Firenze. Come professoressa ho la tendenza ad assegnare molti esercizi da svolgere a casa, nella convinzione che, dopo la spiegazione dell'insegnante niente può essere tanto utile quanto l'esercizio individuale ed il confronto con le competenze acquisite.

C'è una mia alunna, che a me sta molto simpatica, la (come dicono qui) Gaia che quando dico le fatidiche parole "prendete il diario e scrivete per il giorno tal de tali esercizio tot e tot a pagina tal de tali", si volta verso i compagni ed ammiccando dice, con classico gergo giovanil-toscano: "Che pesata!"

Ed io faccio finta di non sentire, anche se dentro di me sorrido.

Capirete al termine della mia riflessione odierna perché ho citato questo episodio.

Partiamo da tre versetti che abbiamo udito nella liturgia odierna:

"Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" cosi si conclude il Vangelo proclamato oggi. Ma anche nelle Letture abbiamo udito le seguenti parole:

Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: "Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo." "Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi"

Se ne evince un concetto: i cristiani per essere tali devono camminare verso la Santità.

Volutamente scrivo cristiani e non "buoni cristiani" perché mi sembra che siano comportamenti che il Signore ci indica come irrinunciabili.

Ripensando a queste parole mi è rivenuto in mente un libro che ho avuto modo di leggere qualche anno fa "L'essenza del cristianesimo" di Romano Guardini che visualizza i fondamenti del cristianesimo comparati ad altre religioni. Un libro bello ed interessante che se non l'avete fatto vi consiglio di leggere...

Il Vangelo proclamato oggi ci indica in che cosa il cristiano dovrebbe essere diverso dalle altre persone. Non basta essere brave persone, solidali, etiche, moralmente "a posto" per essere discepoli di Cristo (esistono non cristiani che a volte sono molto più etici dei cristiani praticanti, personalmente ne ho fatto l'esperienza). Infatti la sua voce ci riprende attraverso i secoli (meraviglie della Parola sempre viva!) dicendoci "Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?"

Il cristiano deve avere una marcia in più: la consapevolezza che il Dio annunciato da Gesù è il Dio dell'amore e non solo quello di giustizia. E' un Dio di misericordia, che ci chiede di sperimentare in prima persona la carità verso i fratelli.

Soffermiamoci ora il brano del Vangelo proclamato oggi, in questa Settima Domenica del Tempo Ordinario.

La liturgia di questo ultimo periodo ci ha proposto per intero la lettura del quinto capitolo del Vangelo di Matteo, infatti ne abbiamo ascoltato la lettura dal 30 gennaio ad oggi.

Questo capitolo, che inizia con la proclamazione delle beatitudini, prosegue con l'invito di Gesù ai suoi discepoli ad essere "il sale della terra" e mostra quali sono le vie concrete per la sequela esplicitate mediante un parallelismo continuo fra Antico e Nuovo Testamento, proprio dell'evangelista Matteo, che come sappiamo, più degli altri evangelisti è portatore di un messaggio di continuità fra Israele ed il Messia atteso, Gesù.

Se leggiamo il capitolo 5 alla luce di quanto detto possiamo considerare due piani, che come un filo conduttore attraversano tutti i paragrafi che lo compongono.

Il primo è il piano dell'identità di Gesù, che dice ai suoi (e a noi attraverso le generazioni) "io sono il Messia, colui che Israele attendeva, in me si compiono le promesse di Dio e vi prometto il Regno dei Cieli." Il tutto in accordo e per compimento delle promesse fatte da Dio ad Israele. Testualmente al versetto 17 Gesù dice: "Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento" (Matteo 5,17)

Il secondo piano è quello che riguarda la nostra identità personale, di fronte alla Sua, identificata e riconosciuta, come egli ce l'ha proposta.

Perché se accettiamo e crediamo che Egli è il Signore allora, noi conseguentemente decidiamo di avere il ruolo del discepolo; dobbiamo dunque capire quali ne sono le conseguenze.

Il discepolo è colui che secondo le indicazioni di Dio diventa conscio che in Cristo si incarna il compimento del progetto divino ed aderisce di ad un'esistenza nuova delineata in tutto il Vangelo, ma in maniera molto più approfondita in questo quinto capitolo di Matteo, che vi consiglio di rileggere nel suo complesso.

Oggi consideriamo quindi i dieci versetti che abbiamo udito proclamare durante la Messa: dal versetto 38 al versetto 48.

Dopo l'incipit del brano proposto dalla Liturgia odierna "in quel tempo" per staccare il brano dal contesto.

Da una lettura trasversale e rapida del Vangelo di oggi possiamo individuare alcuni comportamenti che dobbiamo fare nostri e precisamente:

- non serbare rancore, anzi se sei offeso dai di più (il "famoso" porgi l'altra guancia), impara a perdonare
- dai sempre di più di quanto ti è richiesto
- agisci di più

- sii presenza nella vita di coloro che Dio mette sulla tua strada.

Ognuno di noi sa nel suo cuore come si pone davanti a queste indicazioni; mi limiterò quindi a proporre uno spunto di riflessione parlando del tema del perdono e lasciando alla riflessione personale gli altri temi .

Gesù dice ai suoi che con la Sua presenza si instaura un'ottica nuova, non più la legge del taglione: Avete inteso che fu detto: "Occhio per occhio e dente per dente"( sancita in Esodo 21-24) ma una nuova legge, quella dell'amore caritatevole (ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l'altra; Matteo 5, 39)

Per definire il perdono vorrei partire da due episodi che, per me, sono stati motivi di riflessione per poi cercare di visualizzarne meglio il concetto. Se penso ad un episodio che mi ha fatto pensare cosa non è il perdono citerei un evento che ho visto in televisione. Recentemente ad un telegiornale intervistavano una persona a cui era stato ucciso un famigliare (con questa pessima abitudine "voyeuristica" di dare in pasto agli spettatori le emozioni ed i sentimenti di chiunque sia protagonista di un fatto di cronaca, senza il minimo rispetto per la dignità della persona che, magari, in quel momento avrebbe diritto ad una dimensione di vita privata). Dunque il giornalista si proponeva di fare dire a tutti i costi alla persona intervistata che perdonava, e siccome questa persona stordita e confusa dal dolore non realizzava neanche bene, la giornalista insisteva "Lei perdona gli assassini di suo figlio? li perdona? Decide di perdonare? " ripetendo queste parole in maniera ossessiva, mentre la poveretta che ancora non capiva bene in che situazione si trovava, personale e pubblica, fissava la telecamera con sguardo vitreo, al che, la giornalista trionfante, e senza vergogna, ha iniziato a strillare "La signora ha concesso il perdono! " e poi paga del bel risultato ottenuto "Ridiamo la linea allo studio". Da non credersi!!!

Sicuramente il perdono non è una dichiarazione strappata per fare spettacolo, non è uno "show", non è neanche solo una dichiarazione senza fondamento.

E' qualche cosa di intimo, profondo, meditato, voluto che è sintomo di qualche cosa che permea l'anima ed il cuore. Questo è vero anche per chi non crede in Cristo. Ma non è che i cristiani hanno l'esclusività del perdono! Ci sono tante persone capaci di perdonare i torti subiti fra gli essere umani. Ma il cristiano dovrebbe avere un'ottica un po' diversa.

A questo proposito vi cito il secondo episodio che mi ha fatto riflettere a lungo ed in maniera consistente sul perdono.

E'un episodio di tanti anni fa che mi colpì molto e credo che colpì buona parte dell'opinione pubblica di allora. Si riferisce agli anni della mia giovinezza, fra il 1977 ed il 1980.

L'Italia aveva appena vissuto "gli anni di piombo" ed il sequestro e rapimento di Aldo Moro ed era un paese lacerato, con ferite profonde, per chi come me, viveva a Roma, erano tangibili in maniera drammatica. Eravamo una gioventù idealista, piena di valori, ragazzi spesso diversi fra di loro e divisi dai propri "credo", che aveva assistito a tanta violenza e anche a molti funerali.

Nel 1980 quando questo clima pesante sembrava essersi in parte calmato Vittorio Bachelet al termine di una lezione alla Sapienza, venne ucciso. Vittorio Bachelet era docente alla facoltà di Scienze Politiche, e persona nota come persona di grande levatura morale. Venne ucciso nella sua facoltà mentre conversava con la sua assistente Rosy Bindi. Di questo delitto mi fece molta impressione intanto, il frantumarsi del quadro di normalità, la violenza gratuita che riportava indietro un Paese che con fatica ritrovava un equilibrio.

Ma ancora di più fece impressione a me, e credo a tutti, la commovente testimonianza di fede cristiana del figlio Giovanni che ritrovate raccontata in queste righe:

"Se è difficile ricordare quel clima, quasi impossibile è rivivere l'emozione (non dirò della morte, che tutti conoscono) ma quella creatasi ai funerali di Vittorio Bachelet, il 14 febbraio 1980, due giorni dopo il suo assassinio all'università di Roma dove insegnava. Bachelet, vicepresidente del Consiglio superiore della Magistratura e soprattutto conosciuto per essere stato per molti anni al vertice dell'Azione Cattolica italiana, era stimatissimo in tutto il Paese. Nella gran chiesa di San Roberto Bellarmino, blindata, c'erano tutte le autorità dello Stato, rappresentanti di tutte le istituzioni che piangevano accanto ai comuni cittadini e ai giovani. Celebrava il cardinale Poletti, Presidente della Cei. In diretta Tv tutta Italia poté vedere, alla preghiera dei fedeli, un giovane dal volto sconosciuto che saliva all'altare. Era Giovanni, il figlio di 24 anni, tornato in fretta dagli Stati Uniti. Disse: «Preghiamo per il nostro presidente Sandro Pertini, per Francesco Cossiga, per i nostri governanti, per tutti i giudici, per tutti i poliziotti, i carabinieri, gli agenti di custodia, per quanti oggi nelle diverse responsabilità della società, nel parlamento, nelle strade continuano in prima fila la battaglia per la democrazia con coraggio e con amore. Vogliamo pregare anche per quelli che hanno colpito il mio papà perché, senza nulla togliere alla giustizia che deve trionfare, sulle nostre bocche ci sia sempre il perdono e mai la vendetta, sempre la vita e mai la richiesta della morte degli altri"

La famiglia di Bachelet, non solo in questo episodio ma anche in altri (se volete saperne di più vi consiglio di leggere http://62.77.63.181/C_impegnoeducativo_it/Upload/9f904615-53df-45a2-ad1d-9e8c2843b942.pdf ) ci ha dato una testimonianza di cosa si intende per perdono cristiano.

Direi allora che il perdono cristiano è la consapevolezza che tutto fa parte di un progetto che è di Dio e il perdono potrebbe essere adesione alla volontà di uno che è più grande di noi e a cui tutto va ricondotto, il cercare di raggiungere una meta. Parlo di meta perché perdonare veramente è difficilissimo e chiede la santità.

Non si perdona a parole, lo abbiamo detto ma con la mente, col cuore e successivamente nei fatti concreti.

E quindi ci si arriva solo se si ha un nuovo cuore ed una testa da persona libera. Come dice San Paolo nella liturgia odierna "la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio"e poi "Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa', il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio"

Cuore e testa di chi si sente di appartenere a Dio e solo a Lui, di chi non risponde alle logiche predominanti della società, di chi sa proporre la logica diversa perché la vita sa assumere un altro significato.

Forse si può arrivare a perdonare perché di persona abbiamo toccato con mano il perdono del Padre misericordioso, che nonostante le nostre carenze, la nostro miserie, il nostro peccato ci accorda il suo perdono tutte le volte che siamo sinceramente pentiti: condividendo questa nostra condizione umana ci ha dato, mediante la Chiesa, donato i sacramenti che ci uniscono a Lui e ai fratelli.

Forse si può essere capaci di perdonare perché la nostra anima è benedicente, perché come dice il salmo sappiamo capire ed abbiamo introiettato che "Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all'ira e grande nell'amore. Non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe" e questo ci fa diventare uomini e donne diversi.

Forse si può riuscire a perdonare guardando a quella Croce da dove nei secoli riecheggia la preghiera: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno".

Dalla croce Cristo riesce a pregare per coloro che l'hanno messo a morte in maniera ignominiosa, dopo che ha patito il tradimento, la solitudine, la tortura, l'umiliazione il dolore fisico, l'agonia e la morte .

Dalla Croce Egli da testimonianza del perdono, follia agli occhi degli uomini, gradito a Dio .

Ci insegna che per i nostri nemici possiamo pregare, perché non sappiamo che effetto questo può avere, ma è un atto di quell'amore che Gesù ci insegna ed è un atto che modifica anche e sopratutto il nostro sentire. Perché nel pregare per loro riconosciamo che sono, come noi, figli di Dio. E allora arriviamo ad essere parte di una famiglia umana che ci è cara e consanguinea, a prescindere dai nostri sentimenti perché è nostra la consapevolezza che Dio ama tutti nello stesso modo e che "(egli) fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti".

Ritorniamo alla Gaia, l'alunna che ho citato inizialmente. Se leggessimo il brano del Vangelo di oggi enucleato dalla presenza di Cristo, da tante testimonianze credibili di vite cristiane, come la Gaia ammiccherei e vi direi "Che pesata!" Detto altrimenti che impegno! Che regole di vita dure ci dà questo brano evangelico, o anche giusto, bello ma come si fa? E' impossibile.

Ma guardando alla Croce, otteniamo tutte le risposte, tutta la libertà che solo Cristo ci può dare, e passo passo, giorno dopo giorno in un apprendistato che è continuo: la capacità di perdonare.

Preghiamo affinché il Signore ci aiuti in questo cammino di conversione.

A Colui che era, che è e che viene, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli. Amen

 

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