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TESTO Essere Santi, cioè essere "eroi"

padre Gian Franco Scarpitta  

VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (20/02/2011)

Vangelo: Mt 5,38-48 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 38Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. 39Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, 40e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. 41E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. 42Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.

43Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. 44Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 46Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.

Si seguita nella riflessione sul concetto di "dare compimento alla Legge" che Gesù annuncia e realizza relativamente ai Comandamenti di Dio propugnati da Mosè. Questa volta l'argomento è sostenuto dall'importante monito di cui al Libro del Levitico (I Lettura): "Siate santi, perché io il Signore vostro Dio, sono Santo". Da parte di Dio, siamo invitatati innanzitutto alla Santità, che viene definita dal Concilio Vaticano II vocazione irrinunciabile che accomuna tutti i battezzati, essa consiste nella perfezione di cui solo Dio può essere emblema e riferimento e si costruisce con l'esercizio dell' integrità di vita nella buona disposizione alla fede, alla speranza e alla carità. Essere Santi significa cioè essere perfetti e irreprensibili sull'esempio del Santo e del Giusto, anche secondo il monito successivo di Pietro: "Ad immagine del Santo che vi ha chiamati, siate santi anche voi in tutta la vostra condotta."(1Pt 1, 15).

Sempre il Levitico indica successivamente delle modalità concrete con le quali è possibile che la santità non sia mera utopia: l'amore verso il fratello, lo scongiuramento dell'odio, del rancore e dei sentimenti di vendetta nei confronti del prossimo, al quale va usata anche comprensione e correzione fraterna, tutti elementi di nobiltà d'animo che si esigono anche ai nostri giorni per conseguire la finalità di piacere a Dio, instaurare la comunione con lui creando anche schiettezza e sincerità nei rapporti con gli altri.

Ma Gesù, il Figlio di Dio che porta a compimento la Legge e i profeti afferma che tutto questo non è sufficiente. O meglio, non bisogna contentarsi di definire "fratello" il nostro connazionale o il nostro consanguineo e neppure di limitare il concetto di "prossimo" a colui che sta più vicino a noi, escludendo l'avversario e il nemico. Nella nuova economia salvifica apportata dal Cristo, infatti, il "prossimo" è estensivo a tutti coloro con cui si hanno relazioni, siano essi amici o nemici, connazionali o stranieri, vicini o lontani e di conseguenza non sussiste in alcun modo la differenziazione fra "prossimo" e "nemico": quindi: "Io vi dico: amate anche i vostri nemici."

La santità, allora consiste nell'eroismo del superamento di noi stessi quanto alla presunzione e al falso orgoglio e nel coraggio di saper guardare oltre la nostra visuale limitatissima e circoscritta, per avere la stessa concezione di Dio, quella dell'amore infinito e universale che non conosce ostacoli né discriminazioni quanto ai nostri interlocutori, nella sola eccezione dei poveri e dei sofferenti.

La santità è quindi l'elevazione di noi stessi al sopra della mediocrità, perché non ci contentiamo della pochezza e della banalità di semplici azioni che sono comuni anche ai pagani o ai miscredenti.

"Occhio per occhio dente per dente, mano per mano, piede per piede" era la disposizione della cosiddetta "Legge del Taglione", che non è affatto nuova al mondo della Bibbia, perché in Oriente faceva parte del cosiddetto "Codice di Hammurabi", che prevedeva che ci si facesse giustizia in proporzione alla colpa ricevuta. Essa era entrata a far parte anche della Legge Levitica, ma viene adesso capovolta dalla novità del messaggio evangelico per il quale qualsiasi forma di vendetta e di ritorsione non sono che foriere di ulteriori tensioni, lotte, discordie e cattiverie che piuttosto che acquietare accrescono le tensioni e le malignità fra di noi. Alla vendetta Gesù sostituisce la logica della non violenza, la politica della giustizia retta e diplomatica che si astenga dalle armi e da ogni forma di belligeranza e di cattiveria.

La migliore forma di giustizia risiede piuttosto nel difficilissimo esercizio del perdono e della dimenticanza del torto ricevuto, dalla mancata considerazione delle offese, e dall'accettazione risoluta delle ingiustizie quando non sia possibile rivendicare i nostri diritti. Una logica, dicevamo, molto difficile e ardua anche ai nostri giorni, quando l'uccisione di tante persone innocenti, lo spargimento di sangue nelle guerre, le sopraffazioni, le ingiustizie e le prevaricazioni umilianti degli uni sugli altri risvegliano sempre in noi una reazione di vendetta feroce e intollerante. Eppure Gesù è sempre stato propositivo in tutti i suoi insegnamenti e nessuna pena ha mai proposto che non sia stato da egli stesso patita in prima persona e se la logica del "benedire coloro che ci maledicono" ha la sua rilevanza nelle parole del nostro Salvatore, ciò si deve all'affermata consistenza della verità da lui insegnata.

Se abbiamo fatto cenno all'eroismo della santità, esso in realtà va riferito alla nostra capacità di saper superare noi stessi e vincere le nostre limitatezze prescindendo dai costumi e dalle concezioni di un mondo che marcia in senso opposto a quanto richiede la nostra perseveranza nel Signore; alla determinazione di scegliere come condotta di vita quello che comunemente viene ritenuto assurdo, ridicolo e insensato come l'amore vero e disinteressato verso chi ci è nemico e ostile e nella decisione costante e ostinata per Cristo quanto costante e ostinato e il procedere avverso del mondo.

 

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