PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Se qualcuno glielo dicesse

Marco Pedron  

V Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (06/02/2011)

Vangelo: Mt 5,13-16 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 5,13-16

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 13Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.

14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.

Il brano del vangelo di oggi si trova, come quello di domenica scorsa e tutti quelli delle prossime domeniche, nel Discorso della Montagna (Mt 5-7). E', diciamo, il programma di Gesù, il suo manifesto. Gesù non ha scritto libri e non ha lasciato scritti, ma ha lasciato il Discorso della Montagna. Vuoi conoscere veramente Gesù? Vuoi sapere il suo pensiero fino in fondo? Eccolo qua!

Il testo di oggi propone due immagini: il sale e la luce. Innanzitutto i due verbi "siete il sale, siete la luce", non sono degli imperativi ("dovete essere") ma degli indicativi: indicano cioè una condizione che è già in noi, che è già presente. Tu puoi vivere così, è nelle tue possibilità, è in tuo potere. Tu sei questo, vivi così.

Sale e luce dicono due aspetti opposti. Il sale non si vede: lo riconosci, lo senti, lo percepisci, ma non lo vedi. Vi è mai capitato di far la pasta e di dimenticarvi il sale? Si sente subito. Il sale non si vede, ma se manca, lo senti subito.

Il testo rafforza l'immagine affermando che il sale si trova nella terra. E' un po' strana l'immagine del sale nella terra: si potrebbe pensare a del concime e in questo caso il sale diventerebbe "aiuto" per le piante. D'altra parte il sale veniva usato anche in negativo per la terra: quando Cartagine fu distrutta dai Romani nel 146 a.C., sulle sue rovine si dice che fu sparso proprio del sale perché non risorgesse. In ogni caso si capisce l'intento: è qualcosa di nascosto; è dentro ma non lo vedi. Gesù userà altre immagini così: ad esempio il lievito. C'è, fermenta, ma tu non lo vedi.

La luce, invece, si vede, eccome. La luce permette di far risplendere, di far vedere ogni cosa. Vi è mai capitato un black-out? Tolgono la luce e non si vede più niente? Allora si è davvero al buio! Il testo rafforza l'immagine parlando di una luce che tutti devono vedere: una lucerna non si nasconde. E questa luce è fatta di opere buone, che tutti vedono e che tutti devono vedere.

Sale e luce, allora, parlano di qualcosa che non si vede (il sale), si assapora ma non si vede e di qualcosa che invece è molto visibile (la luce). Gesù però non dice qui cos'è.
Che elementi abbiamo, allora?

1. Non si vede, è invisibile, ma se non c'è, niente ha senso.

2. Si vede, lo vedi subito se c'è e se ce l'hai. 3. Produce opere buone. Cos'è?

Ci dobbiamo chiedere: ma che cos'è il sale?

Fin dall'antichità, il sale ha rappresentato un polo di attenzione considerevole, probabilmente perché costituiva l'elemento base di un fiorente commercio. Plinio diceva: "Nihil sole et sale utilius": non c'è nulla di più utile del sole e del sale. A Roma si spargeva il sale sulle labbra dei neonati così da proteggerli dai pericoli. Una volta nel rito del battesimo si mettevano sulle labbra alcuni grani di sale come simbolo di buon auspicio. All'epoca degli antichi Romani, si arrivò a pagare gli operai con il sale (da qui, il termine "salario") e si diede il nome di Via Salaria ad una importante strada di collegamento (si dice che fosse diventata bianca per via del sale che cadeva dai carri). Anche oggi, quando si vuole indicare l'eccessivo costo di qualcosa, si dice che è "salata". Il sale serviva per dare sapore e per conservare. Con il sale e il pane si stipulavano i contratti e le alleanze. Per i Greci "aver mangiato un moggio di sale" significava essere vecchi amici. Ancor oggi esiste il modo di dire: "Ti amo come il sale", per dire il profondo desiderio verso una persona. Avere "sale in testa" vuol dire essere saggi, non essere sprovveduti.

Il sale allora è il sapore di ogni cosa. Il sale dà sapore a ciò che non lo ha. Il sale dà gusto alle cose.

Un uomo si alza la mattina, lavora, torna a casa stanco e vuoto.

Un altro uomo si alza la mattina, lavora, torna a casa stanco e felice. Dov'è la differenza? La differenza è che uno trova il gusto in ciò che fa', il piacere, l'altro no. Per uno la propria vita ha un senso e un significato profondo, per l'altro non vale e non serve a niente. Ma cos'è che dà sapore, gusto, "sale", alla vita? Ci sono due cose, una emotiva, "cardiaca" e l'altra valoriale, mentale.

1. Il sapore viene dal sentire.

Una bella giornata di sole... il vento che ti scompiglia i capelli... la neve sulle cime dei monti... un gatto che gioca... il sorriso di un tuo collega... due persone che ridono insieme... due innamorati che si abbracciano e si baciano... un uomo che piange in chiesa... un vecchietto a mano con la moglie che fanno la spesa... un papà che prende in braccio suo figlio... un uomo che lotta contro l'ingiustizia... un uomo che dona il suo tempo ai malati di cancro... capisci una cosa su di te e sulla tua vita, come un'illuminazione... una chiesa piena prega e medita insieme: che vibrazione produce tutto questo dentro di te? Cosa senti? Senti? Quanto senti? Tutto questo è vita, cibo per l'anima se lo gusti e lo senti, se lo percepisci, se lo assapori.

Ma cosa succede se gusti, senti, poco? Cosa succede se hai perso il senso del gusto? L'anosmia è la perdita del gusto e dell'odorato: non senti più niente. A volte noi siamo così!

Abbiamo vissuto delle sofferenze, dei dolori forti, forse dei traumi e abbiamo trovato la soluzione per non esserne distrutti o per non soffrire più: non sentire più niente. Così ci siamo desensibilizzati e anestetizzati. E' stata una buona soluzione per quel tempo, è che adesso non sentiamo più niente: né la gioia, né l'amore, né la vitalità, né la compassione; nulla ci commuove più, nulla ci intenerisce.

Allora diciamo: la vita è noiosa; la vita è un tran-tran; la vita è sempre la solita; bisogna accontentarsi. In realtà la vita è ricchissima, siamo noi che non sentiamo.

Avete presente quando avete le cuffiette e state ascoltando musica e qualcuno vi dice qualcosa? Dite: "Scusa, non ho sentito!". E cosa fate? Vi togliete le cuffie. E' la stessa cosa. Per sentire la "vita", il sapore di ogni cosa, dobbiamo toglierci i tappi che ci siamo messi. All'inizio forse sentiremo un gran dolore (è proprio per non sentirlo che ci siamo messi i tappi), ma se avremo pazienza e desiderio, piano piano, sentiremo il gusto della vita e di ogni cosa.

2. Il sapore viene dal sentirsi utili.

La grande domanda che tutti ci facciamo ­ a volte in realtà non ce la facciamo perché la risposta potrebbe non piacerci ­ è: "Ma a che serve la mia vita?".

Alcune persone vivono "servendo" i figli (nel senso di essere di utilità ai figli. Far crescere una vita ci fa sentire utili, importanti, qualcuno; è una gran cosa). E' che poi i figli crescono e poiché i genitori hanno ancora bisogno di essere utili continuano ad impicciarsi negli affari dei figli. E si arrabbiano se questi li escludono dalla loro vita. Altre persone si sentono utili al lavoro; poi quando sono "scaricati" vivono un autentico fallimento. Altre persone hanno così bisogno di sentirsi "utili" che se una volta non le chiami o non le avverti di qualcosa, si risentono e si arrabbiano perché si sentono messe in disparte, e a volte pure fanno le offese! C'è un sentirsi utili che è il nostro bisogno di essere considerati, di essere visti, di esserci per qualcuno, altrimenti siamo nessuno e ci sentiamo soli. Qui però non parliamo di questo.

Per "essere utili" intendiamo dare un servizio all'umanità: io vivo e se il mio vivere produce "vita", evoluzione, benessere, amore, crescita, allora, anche se passo, servo, sono utile a qualcosa e a qualcuno.

Io vivo, ho dentro qualcosa di importante, dei talenti, una passione, dei doni, che è utile a questo mondo: lo rendo disponibile, lo offro, lo dono e il mio dono è utile e aiuta.

Allora c'è sapore, c'è gusto, anche di faticare, anche di lottare, anche di soffrire, perché ciò che sono serve e rende un servizio a qualcuno. Non a caso la parola sale in ebraico (melah; m-l-h) ha la stessa energia di pane (lehem; l-h-m): il sapore viene dall'essere dono (sale o pane) per qualcun altro.

La terra è la vita di tutti i giorni: cosa vuol dire essere sale, senso, sapore, per questa terra? Vuol dire aiutare le persone a trovare il significato, il senso a ciò che accade. Allora si è sale per la terra.

Una persona perde il suo cellulare. Chiedo: "Cos'è per te il cellulare? Cosa ti permette?". "La comunicazione". "Perché vuoi perdere la comunicazione? Con chi non vuoi comunicare (visto che lo hai perso)?". E mi dice: "Con mio figlio!". In un attimo ha capito tutto: quello che sembrava un semplice fatto diventa pieno di senso ("sale").

Una donna è affascinata da un insegnante di yoga. Non è amore, lo sente; d'altra parte sente che è attratta dal suo maestro, anche se non sa il perché. "Cosa ti rappresenta il tuo insegnante yoga, perché per te è importante?". E lei capisce: non è lui ma ciò che, grazie a lui, ha imparato. Con lo yoga ha iniziato ad ascoltarsi, a mettersi in contatto con sé, a scoprire di avere un corpo e delle emozioni. Ha trovato il "sale": il senso di quell'incontro è stato quello di ritrovare il suo profondo, il suo centro.

Un ragazzo dice: "Nessuno mi vuole!". Lui ci soffre, lo capisco, ma gli chiedo: "Che cos'hai da offrire agli altri? Perché dovrebbero volerti?". E lui capisce subito che con il carattere che ha, nessuno lo può volere, è ovvio. Non sono gli altri che non lo amano, è lui che non si rende amabile.

Un uomo ha una riunione importante per un grosso progetto, decisa molto tempo prima, con lo staff del suo capo. Prima della riunione fa colazione e si versa il cappuccino sui pantaloni e sulla giacca. Dramma! In quindici minuti riesce comunque a comprarsi una giacca nuova. Fa ridere a pensarla così. "Che cosa ti permetteva avere i pantaloni sporchi?". "Di non andare alla riunione". E lui ha capito subito: sì lui voleva andarci (con la mente), ma in realtà, con il cuore, lui proprio non ci voleva andare. Ha trovato "il sale" della cosa.

Una persona dice: "Non so perché, ma ogni volta che viene Natale mi sento triste!". Parliamo ma non esce niente. Ad un certo punto le chiedo: "Ma è successo qualcosa di doloroso in un Natale?". E lei si mette a piangere: i suoi genitori si erano separati - lei aveva nove anni - proprio durante il tempo di Natale. Ogni Natale rivive quel ricordo doloroso non elaborato. Ha trovato il senso, il sale, a ciò che le accade.

Una donna è stata operata ad un seno. Tutto è finito bene: ma accade per caso o c'è qualcosa che dobbiamo imparare in ciò che accade? Cioè, c'è un senso? Chiedo: "A che serve un seno?". E lei: "Ad allattare!". "Sì, vero: stai ancora allattando qualcuno?". E la donna capisce subito che è troppo presente nella vita dei suoi figli che stanno crescendo. Lei vorrebbe ancora proteggerli da tutto, esserci sempre, togliere loro ogni difficoltà: li sente ancora come i suoi cuccioli, ma non lo sono più. Adesso ha capito, ha trovato il senso della cosa.

Essere sale per la terra vuol dire aiutare le persone a trovare un senso (sale), il loro senso, a ciò che accade loro. Altrimenti la gente pensa che le cose accadano così per caso (il caso è il nome incognito di Dio!).

Dobbiamo insegnare alle persone a riflettere su ciò che vivono, a farsi delle domande, ad ascoltare Dio che ci parla sempre e in continuazione, attraverso i fatti, gli eventi e gli incontri di ogni giorno. Altrimenti la gente dice: "Dio? E dov'è?". Per forza dice così, perché non lo sente, perché pensa che Lui se ne stia altrove a farsi i fatti suoi mentre noi ci barcameniamo quaggiù. Ma Lui, invece, ci parla e ci educa in continuazione.

La parola sapienza viene dal latino "sapére" che vuol dire assaggiare. Si diventa saggi, sapienti, quando si gusta, si impara dalle esperienze. Tutto insegna o nulla insegna: dipende da noi. La vita è una grande scuola, se si vuole imparare. Ma solo se si vuole imparare.

L'altra immagine del vangelo è la luce. La luce, la lampada ad olio, per una povera casa palestinese era tutto. Per noi è difficile capire ad esempio il Salmo: "Lampada ai miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino" (Sal 118), perché abbiamo la luce sempre a portata di mano e a disposizione. Ci basta un pulsante per accenderla! Ma fino ad un secolo fa', anche una piccola lampada o una semplice candela erano fondamentali.

Dio è una parola sanscrita che vuol dire luce. La luce è abbinata alla vita: "Venire alla luce o dare alla luce=nascere; spegnere la luce=morire".

Allora: cosa vuol dire "voi siete la luce del mondo"? Per me vuol dire due cose: emettere luce (sono luce) e mettere luce (portare luce, illuminare).

Emettere luce.

La fisica quantistica ci insegna che tutto è luce, energia. Lo diceva già Einstein: E=MC2. Prima abbiamo studiato la materia; poi abbiamo scoperto l'atomo (vi ricordate a scuola quando ci insegnavano l'atomo con le palline di elettroni che giravano attorno? Oggi sappiamo che non è così l'atomo!). Poi siamo scesi alle particelle subatomiche e da lì ai pacchetti di energia e ora alle superstringhe vibranti. Cosa vuol dire: vuol dire che tutto ciò che esiste sarebbe nient'altro che la manifestazione di energia vibratoria, in undici o più dimensioni, rappresentata come musica e colore (noi quindi saremo una dimensione dell'universo; ma ve ne sarebbero altre). La vibrazione produce musica e colore (un elettrone vibra più o meno 500 trilioni di volte al secondo!). Dalle superstringhe si è giunti all'energia di fondo, al vuoto quantico, che sarebbe nient'altro che un pieno da cui tutto ha origine. L'universo non è nient'altro che energia, luce, e tutto ciò che esiste è la manifestazione di quest'energia.

Ma cosa centra tutto questo con la fede? Centra, eccome! L'universo sembra materia e invece è luce. Io sembro materia ma invece sono luce. Allora il mio compito è di diventare luce, illuminato, di accendere la luce nella mia vita e di vedere la vera realtà di ciò che sono.

La gente si guarda allo specchio e cosa vede? Vede un corpo, grasso o magro, bello o brutto, con la pelle liscia o piena di impurità, di brufoli. La gente mangia, beve, accumula e possiede, vive nel piano della materia.

Ma dobbiamo dire alle persone che la vera essenza di ciascuno di noi non è questa. Io sono luce perché io ho uno spirito che vuol vivere in me, c'è un anima che vivrà per sempre e c'è uno Spirito che vuol manifestarsi. Emettere luce vuol dire entrare in contatto e far vibrare la parte "vera", interna, che c'è in ciascuno di noi.

"Tu sei anima; tu sei spirito; tu sei emozione; tu sei divino; tu sei energia, tu sei emozioni; tu sei canto; tu sei musica; tu sei luce; tu sei fuoco; tu sei forza; tu sei nel tutto e il Tutto è in te".

Senza spirito, senza interiorità, non c'è luce per te e per questo mondo.

Vi ricordate il volto di Madre Teresa: non sarà mica stato bello! Pieno di rughe! Eppure... aveva una luce! Il suo volto e i suoi occhi lasciavano trasparire la luce interiore. Lì Dio, l'Energia, si vedeva chiaramente.

Emettere luce allora vuol dire risplendere, illuminare, far vivere la luce che si ha dentro.

Allora io mi chiedo: "Ma quali sono i talenti interiori che vogliono risplendere in me? Che vogliono essere messi in luce? La mia luce interna, che riflessi e che forme prende (i doni di ciascuno)?".

Emettere luce è far vivere tutta l'energia, la vitalità che tu hai dentro. Tu devi essere il meglio e il massimo di te. Non puoi vivere al di sotto di ciò che sei: risplendi, illumina questo mondo con la tua luce.

Quali sono i tuoi doni interiori? La gente dice: "Io non ne ho; io ne ho pochi". Ma non è vero, è solo un modo per non conoscersi, per evitare la fatica di entrare in sé. Cosa aspetti a risplendere? Cosa aspetti ad essere una stella nel cielo di questa vita?

In uno stadio tanti anni fa i riflettori si spensero all'improvviso. Allora un uomo urlò: "Tutti quelli che hanno un accendino, lo accendano". E piano piano uno... due... dieci.... cento... mille... diecimila... Lo stadio si illumina a giorno. Il mondo ha bisogno di te e della tua luce: sarà più luminoso solo se tu sarai più luminoso.

E poi essere luce vuol dire mettere luce lì dove non c'è.

Dovete andare a cena e ci tenete. Siete in auto, quasi arrivati e vi accorgete che il vostro maglione ha un piccolissimo buco. Durante la cena pensate sempre: "Che si veda? Ma no, dai, è piccolo! Ma guarda te, con tutti i maglioni che ho!". L'altro manco se ne è accorto, ma voi eravate sempre lì con lo sguardo.

Abbiamo bisogno di chi ci fa vedere che siamo belli, ricchi, importanti, pieni di doti, perché molte persone si sentono uno schifo, un cesso, un disastro e pensano di essere degli incapaci. Quando le persone si guardano non vedono la ricchezza che sono ma solo ciò che non sono o che dovrebbero essere.

Allora noi dobbiamo essere dei portatori di luce: dove non c'è, la portiamo noi, in modo che si veda la bellezza di chi non crede di esserlo.

Viene una persona e mi dice: "Faccio schifo! Non so fare niente!". "Ah ­ dico io ­ proprio niente di niente?". "No, niente!". "Beh intanto sei qui, quindi sai camminare; poi sai chiedere aiuto (visto che sei qui a parlare); poi sai parlare... ti spieghi bene..., ecc.": insomma era piena di qualità. Aveva solo bisogno che qualcuno gli facesse vedere l'altro lato di sé.

Una donna non riesce ad avere rapporti sessuali con suo marito: "Non ci riuscirò mai, mi blocco". Si parla e si capisce il perché (la luce): a diciassette anni era stata abusata. Ma se c'è la luce, si può andare dovunque e adesso è felicissima della sua intimità così bella e viva.

Una donna ha perso il marito: "Non ce la farò mai. E' troppo per me". Allora le si fa vedere che, un passo alla volta, uno dopo l'altro, pianino, si può ripartire e rifarsi una vita. E' la luce, ma se qualcuno non te la fa vedere, tu rischi di rimanere al buio.

Un uomo di cinquant'anni: "Ho sbagliato tutto". Se non vede la luce, la sua vita è finita.

Quando andate a casa ­ se lo credete, ovvio! ­ dite a vostra moglie (o a chi amate): "Sei bella; sei profonda; sei proprio capace di amare; sei intelligente; sei acuta; hai un cuore grande; sono fortunato che tu ci sia nella mia vita; mi fai emozionare e vibrare, ecc.". Perché la gente spesso neppure sa quanto bella è... ma se qualcuno glielo dicesse!

Quando facciamo i campiscuola, sia che i ragazzi siano piccoli, sia che siano grani, ogni volta facciamo il bagno della fiducia (uno va la centro e i suoi amici gli dicono tutte le cose belle, e solo quelle, che vedono di lui). E quando lo prepariamo diciamo: "Ma l'abbiamo fatto anche l'anno scorso!", e sembra sempre una ripetizione. E, invece, non lo è mai. Lo facciamo e tutti sono radiosi e luminosi: funziona sempre. Perché se nessuno ci dice, ci mostra, ci fa sentire il nostro valore e la nostra bellezza, non lo sappiamo.

Mettere luce vuol dire far vedere alle persone quanto loro siano belle. Se glielo fate vedere, lo vedranno anche loro e si renderanno conto di ciò che sono: belle.

Alcuni uomini non sanno quant'è importante che essi ci siano.

Alcuni uomini non sanno quanto faccia bene, anche solo vederli.

Alcuni uomini non sanno quanto sia di conforto il loro benevolo sorriso.

Alcuni uomini non sanno quanto sia benefica la loro vicinanza.

Alcuni uomini non sanno quanto saremmo più poveri senza di loro.
Alcuni uomini non sanno di essere un dono del cielo...

... Lo saprebbero se noi glielo dicessimo.

In un giardino c'era una enorme quercia, maestosa, grande e protettiva verso tutte le piante. Quando il vento soffiava la quercia aveva imparato a far vibrare le sue foglie così da produrre armonie e suoni. C'era anche una piccola pianta: un piccolo stelo con poche foglie e soprattutto tante spine. La quercia umiliava il piccolo stelo dicendogli: "Io proteggo tante piante, sono casa per gli uccelli e per gli animali, compongo bellissime armonie grazie al vento. Tu sei uno stecco, per di più anche spinoso che non serve a niente". Il piccolo stelo si sentiva veramente inutile e ci soffriva molto. Lì vicino c'era anche un pesco che sorridendo diceva al piccolo stelo: "Abbi pazienza e vedrai...". La cosa continuò finché a maggio il piccolo stelo fiorì... e tutto il giardino scoppio in un lungo, sincero, caloroso applauso: era una rosa.

Fai vedere il valore e la bellezza di ciascuno dietro le sue spine.

Pensiero della Settimana

Un giovane chiese ad un santo eremita: "Dimmi la via più veloce per arrivare a Dio!".
Sorridendo, l'eremita rispose: "Mangia uno di quei funghi".
Il giovane, sorpreso, esclamò: "Ma sono velenosi!".

"Appunto!", disse l'eremita.

Non ci sono scorciatoie per arrivare a Dio.

Ci vuole tutta la vita, tutto il desiderio, tutta la passione che abbiamo.

 

Ricerca avanzata  (54028 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: