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TESTO Va', tuo figlio vive

don Romeo Maggioni  

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V domenica dopo Epifania (anno A) (06/02/2011)

Vangelo: Gv 4,46-54 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 4,46-54

46Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. 47Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. 48Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». 49Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». 50Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. 51Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». 52Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». 53Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia. 54Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.

Mai come oggi il vangelo entra nelle pieghe tragiche, e normali, della nostra esistenza di uomini: il figlio morente, un papà disperato, il grido verso Dio che sembra sempre latitante, che sentiamo lontano soprattutto nel momento della prova.

Ho pregato tanto, ma il miracolo non è venuto! Allora: delusione, magari imprecazione, rifiuto della fede. Molto dell'ateismo nasce dal percepire che Dio non è immediatamente utile. Dio non serve!

Ma la ribellione è l'unica strada? O c'è altro? Qual è la fede che sa rispondere nella prova, nel dolore e di fronte alla morte?

Oggi il vangelo ci parla di una fede che ha ottenuto la vita: "Va', tuo figlio vive!". Una fede a due scadenze, sempre buone per Gesù.

1) Una fede che chiede

"Signore, scendi prima che il mio bambino muoia". Il primo atto di fede è sentire la propria insufficienza e alzare il grido a Dio nella certezza di avere come interlocutore un Padre. Anzi, un Dio che è venuto come Salvatore, cioè a dare una mano e ad aggiustare qualcosa di rotto che da noi siamo incapaci di risolvere. La preghiera di domanda è la prima anche nel vangelo: "Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto, .. Se voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone quelli che gliele chiedono" (Mt 7,7-11). Mai Gesù si rifiuta di esprimere la compassione e dare la guarigione quando si trova davanti un cuore semplice che chiede il suo intervento. Anche di fronte ad una fede "interessata" come questa di un papà forse pagano!

Una fede che chiede con insistenza. Come quella vedova che andava dal giudice a chiedere giustizia con tale insistenza che alla fine costui disse: "Le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi... E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui?" (Lc 18,1-8). Anche con la Cananea (Mt 15,21-28) Gesù sembra porre ostacoli e pareti quasi a far crescere l'attesa e la domanda della donna. Forse anche questo spiega a volte i ritardi di Dio nel soccorrere. La pazienza e la perseveranza è la prima purificazione della nostra fede. Il tutto e subito tradisce più una pretesa che l'accoglienza di un dono. E' la magia che vuol piegare Dio a fare quel che vogliamo noi. Gesù aveva condannato questo facile miracolismo quando disse: "Non metterai alla prova il Signore Dio tuo" (Mt 4,7). E quanta fede sbagliata è l'enfasi che anche oggi si pone su una religione dei miracoli e delle guarigioni carismatiche!

Chiedere infine con riserva. Riserva a lasciar fare da Dio, che vede e vuole il mio bene più di quello che io non veda e voglia di me. A Cana di Galilea, fu la Madre di Gesù ad accorgersi che mancava qualcosa di decisivo per la festa di cui nessun altro si era accorto. Allora: chiedere ma con la riserva che Dio sa meglio di noi ciò di cui abbiamo vero bisogno! Del mangiare, del bere, del vestire.. "il Padre vostro celeste sa che ne avete bisogno. Cercate anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta" (Mt 6,32). D'altra parte Dio non entra in casa di nessuno se uno non gli apre la porta. La preghiera è dare libera agibilità di Dio in casa nostra. Agire libero di Dio, che ha fantasia di fare sorprese. Ma "noi sappiamo che tutto concorre al bene per quelli che amano Dio" (Rm 8,28).

2)La fede che obbedisce

Gesù oggi esce in un rimprovero: "Se non vedete segni e prodigi, voi non credete". Un richiamo per dire che forse la fede ha bisogno di uno stadio ulteriore. Altra volta Gesù ebbe a lamentarsi: "Una generazione malvagia e adultera pretende un segno! Ma non le sarà dato alcun segno se non il segno di Giona il profeta" (Mt 12,39). Segno più che convincente è la sua risurrezione. Su questa si deve basare una fiducia piena che sa credere a lui.. anche senza aver visto (cf. Gv 20,29). L'esempio è Gesù al Getsemani. Lì sembra toccare la disperazione davanti al silenzio di Dio: "Padre, se vuoi, allontana da me questo calice!". Ma ha la forza cieca di dire: "Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà" (Lc 22,42). Per questo sì al Padre, Paolo chiama Gesù l'obbediente.., "facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Fil 2,8).

Per essere capaci di questa fede matura è necessaria la preghiera: "Entrato nella lotta, pregava più intensamente" (Lc 22,44). Allora "gli apparve un angelo dal cielo per confortarlo" (Lc 22,43). Cosa che ha più volte ripetuto di fronte alle nostre prove: "Pregate per non entrare in tentazione" (Lc 22,40). Quando la pelle brucia, noi siamo solo capaci di ribellarci: "Lo spirito è pronto, ma la carne è debole" (Mt 26,41). Ad ogni messa è appunto reso presente quell'atto di Gesù per venire a sostenere ogni giorno anche in noi quella volontà di abbandono fiducioso in Dio.

Ecco, la fede alla fine è abbandono! E' il vertice della fede matura. L'ultima parola di Gesù fu: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito" (Lc 23,46). Senza segni, senza alcuna rete di sicurezza razionale, c'è spazio solo per il salto di fiducia che nasce dall'amore, dal rischio della fiducia piena, quel margine che sta al di là d'ogni calcolo. Così pregava il beato Carlo de Foucauld: "Padre mio, io mi abbandono a te fa di me ciò che ti piace! Qualunque cosa tu faccia di me, ti ringrazio. Sono pronto a tutto, accetto tutto, purché la tua volontà si compia in me e in tutte le tue creature. Non desidero niente altro, mio Dio. Rimetto la mia anima nelle tue mani, te la dono, mio Dio, con tutto l'amore del mio cuore, perché ti amo. Ed è per me una esigenza d'amore il donarmi, il rimettermi nelle tue mani senza misura, con una confidenza infinita, poiché tu sei il Padre mio".

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"Eredi dunque si diventa in virtù della fede, perché sia secondo la grazia" (Epist.). Cioè sia sentito come dono gratuito dato da Dio e non propria conquista. Forse per questo la fede ultima richiede rischio e spogliazione.

E' l'unico modo per avere la vita dal Dio della vita. "Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Gv 10,10). La nostra è vita che ci sfugge. Solo ancorata in Gesù trova senso e consistenza, oltre che sbocco d'eternità. Stimiamo questo modo unico di garantirci la vita piena!

 

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