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TESTO Una lettera d'attualità

mons. Roberto Brunelli

II Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (16/01/2011)

Vangelo: Gv 1,29-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 1,29-34

In quel tempo, Giovanni, 29vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! 30Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. 31Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».

32Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. 33Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. 34E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

Il vangelo di oggi (Giovanni 1,29-34) si collega a quello di domenica scorsa, parlando del battesimo; dice però anche una cosa nuova. Giovanni Battista presenta Gesù alla folla con le parole che il sacerdote ripete in ogni messa: "Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!" Preannuncia dunque la Pasqua, e appunto la sua rinnovazione nella celebrazione eucaristica: Gesù è il mite e innocente agnello, che non si sottrae al sacrificio con cui redime l'umanità.

Accompagna il vangelo, da questa domenica in poi, la prima lettera dell'apostolo Paolo ai cristiani di Corinto. Paolo la inviò da Efeso, dove si trovava intorno all'anno 56, alla comunità da lui stesso costituita alcuni anni prima nell'allora principale città greca, dove si era trattenuto a lungo ad annunciare il vangelo. Con la comunità di Corinto si era poi mantenuto sempre in contatto, ne conosceva i problemi e con questa lettera li affrontò senza reticenze. La lettera apre così una finestra sulla vita dei primi cristiani, i quali non erano certo tutti perfetti: come del resto quelli di oggi, per tanti aspetti che il tempo non ha cambiato; per questo lo scritto dell'apostolo mantiene una viva attualità.

Il brano odierno ne dà l'inizio (1Corinzi 1,1-3): "Paolo, chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, alla Chiesa di Dio che è a Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata, insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro: grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo". Secondo le convenzioni epistolari di allora, troviamo subito la firma, l'indirizzo e i saluti; ma quelli che per noi sono semplici adempimenti quasi burocratici, nella lettera ai Corinzi sono arricchiti di espressioni che danno da riflettere. Nella firma, per cominciare: "Paolo, chiamato a essere apostolo", si presenta con i suoi titoli, nella pienezza della sua autorità, derivatagli da una diretta chiamata divina. Indirettamente è evocato qui l'episodio, certamente noto ai destinatari, della sua clamorosa conversione sulla via di Damasco, quando da zelante ebreo qual era, persecutore dei cristiani, fu dal Signore chiamato alla fede. Subito dopo, al proprio nome egli associa come mittente della lettera quello di tale Sòstene del quale nulla sappiamo; potrebbe essere lo scrivano al quale egli stava dettando la lettera: in ogni caso Paolo lo qualifica come fratello nella fede, dunque un suo pari. Un bel gesto di umiltà.

I destinatari sono tutti quelli che "invocano il nome", cioè credono e pregano il comune Signore Gesù Cristo; tutti, e in particolare i cristiani che formano la Chiesa di Corinto. E' appena il caso di ricordare che con la parola "chiesa" si intende primariamente una comunità cristiana; solo in seguito la parola è passata a indicare il luogo dove la comunità si riunisce: la chiesa-edificio è fatta per accogliere quella che davvero conta, cioè la Chiesa-istituzione, composta dall'insieme dei battezzati: pastori e laici, uomini e donne, quelli di vita esemplare e anche gli altri. A questi ultimi, lo si vedrà, Paolo non lesina i rimproveri; per questo, sin dall'inizio, ricorda a tutti la dignità di cui sono stati investiti: con il battesimo e gli altri sacramenti i cristiani "sono stati santificati in Cristo Gesù", sono chiamati ad essere santi, cioè a vivere coerenti con il dono ricevuto. A tutti perciò il saluto: "grazia e pace" dal Padre e dal Figlio. Nel linguaggio biblico, i due termini hanno quasi lo stesso significato: la pace è la pienezza dei doni divini; la grazia è la partecipazione alla vita stessa di Dio. Il saluto è dunque anche un augurio e insieme un impegno.

 

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