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TESTO Battezzati e protagonisti!

don Alberto Brignoli  

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Battesimo del Signore (Anno A) (09/01/2011)

Vangelo: Mt 3,13-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 13Gesù dalla Galilea venne al Giordano da Giovanni, per farsi battezzare da lui. 14Giovanni però voleva impedirglielo, dicendo: «Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?». 15Ma Gesù gli rispose: «Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia». Allora egli lo lasciò fare. 16Appena battezzato, Gesù uscì dall’acqua: ed ecco, si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. 17Ed ecco una voce dal cielo che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento».

"Ma scusi...lei è il parroco, lei è sacerdote, ha certamente studiato più di noi: come possiamo esserle utili nel preparare quell'incontro di catechesi? Noi dovremmo chiedere aiuto a lei, ed invece è lei che chiede aiuto a noi?"; "Io non sono degno di fare il ministro straordinario dell'Eucaristia, è una cosa troppo grande, dovete farla voi preti"; "Noi membri del Consiglio Pastorale la pensiamo così, poi però veda lei: è lei il parroco".

Nella mia breve esperienza di vita parrocchiale mi sono spesso trovato in situazioni di questo tipo: parrocchiani molto impegnati nella vita cristiana delle comunità parrocchiali che operano con straordinaria generosità ed hanno anche una lunga esperienza ed una solida formazione alle spalle, e che tuttavia nel momento in cui viene chiesto loro di compiere un gesto "storicamente" riservato al sacerdote, manifestano un senso di "inadeguatezza", quando non addirittura di "inferiorità", rispetto a chi da essi è ritenuto loro "superiore", e di fronte al quale non si sentono degni di alcunché di particolarmente significativo.

Come lungo le rive del Giordano, quel giorno, quando il Battista rivela la sua indole quasi "tradizionalista", e nonostante la sua predicazione si fosse scagliata in maniera inequivocabile sia contro il potere politico che contro le altre cariche religiose del suo tempo, di fronte al Messia assume un atteggiamento di totale deferenza, di abnegazione, e gli mostra il suo disappunto per un rito - quello del battesimo di penitenza - che mai si sarebbe sentito di celebrare per lui e su di lui. Come tanti nostri bravi "Christifideles laici" (anche il Battista lo era, a buon conto) che si sentono quasi "impauriti" a vivere responsabilmente gesti liturgici e atteggiamenti pastorali (proprio nel senso letterale, cioè "da pastori") che ad essi è dato di celebrare non solo per facoltà o concessione, ma per la loro stessa natura di battezzati.

Non sto affatto parlando di eliminare il sacerdozio ministeriale per equiparare le funzioni dei laici a quelle dei ministri consacrati: finché la Chiesa riterrà di interpretare la volontà di Cristo attraverso la conservazione del ministero consacrato, non vedo perché si debbano fare sterili e inutili battaglie per stravolgere la "traditio" della fede cercando di eliminare le differenze e le specificità del sacerdozio ministeriale. Le lotte e le battaglie piuttosto le farei perché ogni battezzato assuma responsabilmente i doveri e i diritti che gli provengono dal sacerdozio battesimale, che come sappiamo ha dei profondi fondamenti teologici.

In virtù del Sacramento del Battesimo, si instaura nel credente in Cristo una assimilazione alla Sua persona che lo rende una sola cosa con Lui e con la sua consacrazione "in Spirito" ribadita pure dalla conclusione del Vangelo di oggi. Il Concilio Vaticano II stesso lo afferma molto bene nella "Lumen Gentium": "Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l'uno all'altro, poiché l'uno e l'altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano dell'unico sacerdozio di Cristo... I fedeli, in virtù del loro regale sacerdozio, concorrono all'oblazione dell'Eucaristia, e lo esercitano con ricevere i sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, coll'abnegazione e l'operosa carità" (LG 10).

Ma al di là delle sottolineature teologiche che possono a volte non facilitare la nostra comprensione, vedo nello scambio verbale tra Gesù e il Battista (le uniche parole che i due si dicono durante la loro vita terrena) la miglior spiegazione del nostro essere sacerdoti, guide e maestri in virtù del Battesimo stesso: "Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te, e tu vieni da me?"; "Lascia fare per ora, perché conviene che adempiamo ogni giustizia". Cristo definisce il ministero del Battista (e in lui direi di ogni credente in Cristo) un ministero compiuto "per adempiere ogni giustizia".

Se quindi è "giusto" assumere a partire dal nostro battesimo (o comunque da quando terminiamo il cammino di iniziazione cristiana) la ministerialità diretta che ne deriva, cosa ci frena nell'essere cristiani in prima persona responsabili delle nostre comunità? Cos'è che impedisce ancora ai laici, in virtù del Battesimo, di essere i protagonisti evidenti, ufficiali (e non solo di fatto, perché quello lo sono già) della vita di fede delle comunità cristiane? Cosa impedisce a un laico padre di famiglia di essere responsabile dell'organizzazione e della gestione di un consiglio pastorale? Cosa impedisce a una madre di famiglia di essere l'organizzatrice della vita liturgica di una parrocchia? Cosa impedisce a una coppia di giovani sposi o a qualche giovane volenteroso, ben preparati, e magari bisognosi anche di un sostegno economico, di essere assunti da una parrocchia a tempo pieno per la gestione di un centro giovanile, di un ufficio o un archivio parrocchiale, della pastorale sociale di un vicariato?

Io la risposta ce l'ho pronta: è ancora colpa di noi preti e del nostro clericalismo, per il quale - finché ci siamo pur essendo sempre meno - dobbiamo avere in mano il "pallino" del gioco perché ci avochiamo una serie di diritti la maggior parte dei quali hanno molta poca sostenibilità teologica e pastorale. È terminato da parecchio tempo il concetto del laicato come "ausiliare del clero": non possiamo continuare a "gestire" i laici in parrocchia come "braccio destro" delle nostre attività! "Ma sono loro a chiedercelo, perché così si sentono guidati!": sono giustificazioni che non stanno né in cielo né in terra, e che servono solo a conservare un potere dal quale difficilmente vogliamo staccarci, siamo onesti! Poi comunque sta già arrivando la storia a farlo (perché comunque le vocazioni sacerdotali ormai sono quelle che sono) e se non abbiamo seriamente preparato le nostre comunità ad un'assunzione seria di responsabilità anche ministeriali, quel poco che finora si è conservato cadrà in maniera inesorabile e irrecuperabile.

Non so come mai mi sto "infuocando" su questo tema, oggi: sarà perché la Festa del Battesimo del Signore mi spinge a pensare all'assunzione di responsabilità di ogni cristiano all'interno delle comunità dei fedeli in Cristo. Sarà che Gesù non aveva sacerdoti del culto giudaico tra i suoi discepoli, ma anzi aveva molte donne - poco menzionate dai Vangeli - eppure preziosissime nella diffusione del Kerigma. O forse, più semplicemente, sarà che scrivo queste riflessioni mentre viaggio da Santiago a Buenos Aires, e dopo una settimana in America Latina sono tornato a respirare l'aria di una Chiesa dallo spirito fortemente ministeriale e battesimale.

Vedere lo spazio che in queste comunità cristiane viene dato ad ogni cristiano (laico, sacerdote, religioso/a, consacrato, appartenente o no a movimenti) appunto in virtù del battesimo, e vedere con quale spirito da decenni ormai si assiste in questa Chiesa ad una sorta di assunzioni di responsabilità condivise che definire eroiche è limitante, ebbene, dilata il cuore e fa continuare a sperare in una Chiesa che non ha assolutamente alcuna intenzione di morire. Una Chiesa retta da catechisti, da animatori liturgici, da diaconi permanenti, da ministri dell'Eucaristia, da segretarie parrocchiali, da consigli pastorali deliberativi e non solo consultivi, e tutto in profonda comunione e collaborazione con i propri pastori (laddove i pastori ne colgono la ricchezza)... è proprio così un miraggio nelle nostre Chiese di antica tradizione?

Non sarà invece il caso di fare una minuziosa e coraggiosa opera di "orologeria clericale", tirando avanti le lancette della storia? Già, perché i secoli del Medioevo e dell'oscurantismo della fede sono terminati da tempo: la Luce del Natale, dell'Epifania e delle rive del Giordano ha finalmente bisogno di risplendere con forza e dignità!

 

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