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TESTO Umano per essere divino

don Maurizio Prandi

IV Domenica di Avvento (Anno A) (19/12/2010)

Vangelo: Is 7,10-14|Rm 1,1-7|Mt 1,18-24 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 1,18-24

18Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. 20Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; 21ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».

22Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:

23Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio:

a lui sarà dato il nome di Emmanuele,

che significa Dio con noi. 24Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

La liturgia della parola di oggi è un forte invito a lasciarci visitare da Dio, da quel Dio che una volta di più si rivela come il Dio della misericordia: non si stanca di cercare l'uomo e, sempre rispettando la sua libertà, continua ad offrire la sua grazia (prima lettura); il suo sguardo è sempre qualcosa di speciale, perché si dirige a tutti senza escludere nessuno (seconda lettura); entra nella vita degli uomini non per un momento soltanto o a tempo determinato ma per essere per sempre il Dio-con-noi (vangelo).

La prima lettura ci aiuta a comprendere meglio quello che abbiamo detto domenica scorsa a proposito del nostro cuore, che spesso è stretto, piccolo, chiuso in se stesso. Dio dirige le sue parole ad un re (Acaz), empio, cattivo, egoista, l'esempio perfetto dell'egoista che non lascia nessuno spazio per gli altri nel proprio cuore. Credo che le parole che Dio gli rivolge siano per provare a cambiare qualcosa, perché questo cuore di re troppo legato alle cose terrene possa un po' allargarsi e che possa arrivare a credere e confidare in Lui. Però no! Acaz continua con il suo cuore piccolo, incapace di affidarsi a Dio e alle sue promesse. Preferisce appoggiarsi agli uomini, stringendo alleanze per vincere guerre e rafforzare il suo potere. Mi colpisce questo: normalmente, nel rapporto con Dio, siamo noi uomini a chiedere dei segni, delle prove della sua esistenza; qui no, è Dio stesso che offre un segno del suo amore e Acaz non accetta, disprezza l'offerta di Dio. Non è stato un buon re: è riuscito a stancare anche il suo popolo e in più era falso anche nel suo rapporto con Dio perché a parole sembra perfetto (non voglio tentare Dio) di fatto poi sacrificava agli idoli bruciando incenso sui monti. E Dio che cosa fa con lui? Torna a parlargli e, dopo il rifiuto, non si stanca di provarci e per bocca del profeta Isaia annuncia che il suo progetto di amore e di salvezza si compirà. Lo abbiamo letto nel vangelo iniziando la novena e lo leggeremo la sera della vigilia di Natale: negli ascendenti di Gesù ci sono Acaz e suo figlio Ezechia, che al contrario del padre sarà un buon re. Che bello: più l'uomo si allontana da Dio o più l'uomo allontana Dio da se stesso, e più Dio cerca vicinanza e una dimora presso di lui, Emmanuele, che significa Dio-con-noi. Nella sua immensa bontà Dio ci fa riflettere sulla qualità dei nostri desideri e sulla bellezza della Sua offerta: Acaz cerca grandezza e Dio offre la piccolezza di un Bambino, Acaz cerca forza e Dio offre la debolezza di un Bambino, Acaz cerca potere e Dio offre un Bambino che sarà servo di tutti, Acaz cerca la vittoria sconfigendo il nemico e Dio offre un Bambino che per la sua sconfitta sulla croce vincerà la morte per sempre. La profezia della prima lettura di oggi ci dice che Dio si fa incontrare nella disponibilità di una mamma e nell'innocenza di un bambino.

Per essere fedeli alla misericordia di Dio (ce lo dice la seconda lettura) la chiesa è chiamata a vivere la stessa tensione all'universalità, come apertura, come ricchezza della diversità e non paura di ciò che è differente da noi: abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli per suscitare l'obbedienza della fede in tutte le genti. La fedeltà di Paolo ha come un "segreto" e fin dal saluto di questa lettera ai Romani possiamo comprendere quale è: Io, Paolo, servo di Cristo Gesù... L'apostolo vuole dirci che la sua vita appartiene totalmente a Gesù e appartenere in questo modo non è schiavitù, ma libertà vera. Leggevo in un bel commento di don P. Rota Scalabrini che tutto questo non nasce da Paolo, non è frutto di una maturazione di un pensiero, ma è un compito, una responsabilità ricevuta, è cioè sufficiente l'incontro con Gesù perché nasca la missione. Dalle sue parole di saluto comprendiamo che non esiste altro interesse per lui se non quello di annunciare il vangelo (è molto forte quel segregato, sequestrato che in italiano abbiamo tradotto con "scelto"). Riceviamo anche una conferma da questa seconda lettura: la conferma del desiderio di Dio di prendere una dimora in mezzo a noi, di stare con noi. Bellissima la traduzione spagnola: nacido según lo humano, del linaje de David... che mi aiuta di più che non nato secondo la carne... Certo che affascina sempre di più questo appartenere del Figlio di Dio all'umanità.

Umanità che è il veicolo delle scelte più belle, delle scelte più dolci e per questo delle scelte più divine. Penso al vangelo di oggi e all'ascolto di un ritiro di Avvento su Giuseppe predicato da E. Bianchi. Il brano che abbiamo ascoltato straripa di misericordia, misericordia che nasce dal cuore di uomo, Giuseppe, che abituato più ad ascoltare che a parlare (non dice una parola che sia una nei vangeli) ci insegna a non giudicare, a fidarci. Tutto il contrario di Acaz, da cui discende, Giuseppe è un giusto ci dice il vangelo di Matteo, un osservante della Legge e come tale fedele ai comandamenti dell'Antico Testamento. Perché allora non ripudia Maria come prescrive la legge mosaica? Giuseppe, (ha detto E. Bianchi in questo ritiro di Avvento), è giusto di una giustizia che non è solo obbedienza alla legge. La legge va osservata, ma è sempre necessario unire alla osservanza e all'obbedienza della legge, la carità. Obbedire la legge ed eseguirla senza la carità porta all'oppressione, porta a ferire le persone. Non è che per Giuseppe vada bene tutto, che lui faccia finta di niente, no... decide di ripudiare Maria, ma decide di farlo con carità, senza metterla in evidenza (è la traduzione del testo spagnolo) per evitare l'offesa e la vergogna alla donna che ama. Bellissima, allora la parola che Giuseppe ci regala quest'oggi: ferito non giudica, ferito (e torno all'idea dell'umanità come veicolo delle nostre scelte più belle), si mostra umano. Oggi Giuseppe ci dice che arrivare ad essere divini è tutto sommato abbastanza semplice: è sufficiente essere umani, perdonando, usando misericordia, vivendo la carità.

 

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