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TESTO Una famiglia che "sogna alto"

don Alberto Brignoli  

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Anno A) (26/12/2010)

Vangelo: Mt 2,13-15.19-23 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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13I Magi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo».

14Egli si alzò, nella notte, prese il bambino e sua madre e si rifugiò in Egitto, 15dove rimase fino alla morte di Erode, perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:

Dall’Egitto ho chiamato mio figlio.

19Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto 20e gli disse: «Àlzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino». 21Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele. 22Ma, quando venne a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nella regione della Galilea 23e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: «Sarà chiamato Nazareno».

A volte, soprattutto in occasione di alcuni periodi forti dal punto di vista penitenziale nell'arco dell'Anno Liturgico, ci chiediamo quali opere di penitenza, oltre alla confessione, possiamo compiere per ricevere da Dio il perdono dei nostri peccati. Senza la necessità di trovarci in uno di questi periodi dell'anno, è sufficiente leggere la prima lettura della Liturgia della Parola di oggi per renderci conto di quanto sia semplice ottenere il perdono dei peccati. Per ben due volte, infatti, il saggio autore del libro del Siracide, dice che "chi onora suo padre e compie un'opera buona verso di lui otterrà il perdono dei peccati".

Se ottenere il perdono dei peccati è il frutto immediato della salvezza che Dio offre all'uomo, e quindi la grazia più grande che da lui possiamo ricevere - e non abbiamo motivo di dubitare che sia effettivamente così - ne consegue che tra le opere di bene più grandi che l'uomo possa compiere nell'ottica della salvezza personale ci sia il rispetto dei propri genitori. Non rituali, né sacramenti, né confessioni, né sante messe, né particolari pratiche ascetiche: a detta di Siracide (scrittore biblico a mio avviso fortemente attuale e moderno) ciò che ottiene all'uomo il perdono dei peccati e quindi la salvezza è il rispetto e l'amore verso chi lo ha generato alla vita. E questo, non ci ottiene solamente la salvezza: sempre stando al libro ispirato, chiunque onora e rispetta i propri genitori, vedrà esaudite le sue preghiere, accumulerà tesori, avrà lunga vita, e la sua casa sarà rinnovata.

Ma cosa sta alla base di tutto questo? La profonda concezione e la certezza che esiste un diritto divino, una volontà di Dio, che stabilisce la superiorità dei figli rispetto ai genitori: "Il Signore ha glorificato il padre al di sopra dei figli e ha stabilito il diritto della madre sulla prole". Da ciò ne conseguono, come abbiamo ascoltato, l'onore, il rispetto, l'obbedienza, l'obbligo all'assistenza dei genitori durante la loro vecchiaia o malattia, un senso di indulgenza e di pazienza nei loro confronti nel momento in cui uno di loro "perde il senno".

Non ho motivo di dubitare che ci sia qualcuno che, ascoltando queste parole, storca un po' il naso e le definisca "datate", "superate", retaggio di una mentalità patriarcale o matriarcale in cui i genitori erano considerati i "padroni", i "signori" dei figli. Leviamo pure a queste parole tutto quanto sappia di antiquato e di superato. Ma allora, abbiamo pure l'onestà di levare dal nostro vocabolario espressioni di questo tipo: "Io non voglio essere una madre tradizionale, ma un'amica, la migliore amica per mia figlia"; "Io più che il padre sono il confidente di mio figlio, voglio essere sullo stesso piano".

Non sono mai stato un tradizionalista: ma consentitemi di pensare che sono anche espressioni di questo tipo che hanno contribuito a creare una profonda confusione dei ruoli all'interno della famiglia. Ruoli che oggi, appunto, si fa fatica a definire perché si fa fatica ad accettarli nella loro specificità. Se sono padre di un figlio, non posso esserne contemporaneamente fratello o amico; se sono figlia, non posso essere l'intima confidente di mia madre. Ciò non significa ritornare a modelli genitoriali di tipo despotico, i cui metodi educativi venivano applicati a suon di percosse; significa invece ricreare in famiglia una cultura del dialogo e del rispetto reciproco, senza tuttavia rinunciare ad una marcata ridefinizione dei propri ruoli.

La parte finale della seconda lettura, quella di Paolo ai Colossesi, ci dà un'ulteriore mano per la comprensione dei rapporti interpersonali all'interno della famiglia. Permettetemi di saltare a piè pari i versetti relativi alla "sottomissione delle mogli ai mariti": questi sì, sono retaggio di una cultura maschilista o peggio ancora "maschiocentrica" che grazie a Dio siamo riusciti a superare anche e soprattutto con l'aiuto di una spinta "laica", ovvero non direttamente di ispirazione cristiana.

Ciò che mi preme sottolineare sono proprio gli ultimi versetti: avendo l'esatta coscienza di una totale e paritaria dignità nella relazione tra uomo e donna, il rapporto tra la coppia e i propri figli va giocato tra obbedienza e incoraggiamento, tra un'obbedienza da esigere e un incoraggiamento da offrire per quanto riguarda i genitori, e viceversa tra un'obbedienza da attuare e un incoraggiamento da esigere per quanto concerne i figli nei loro confronti. Sono discorsi che fanno certo più piacere ai genitori che ai figli, i quali però un giorno saranno chiamati allo stesso compito, così come nella condizione di figli si sono trovati, un tempo, i loro genitori: è il cammino della vita, che va vissuto in pienezza nella sua specificità e nella profonda coscienza della ineludibilità di certi ruoli e delle azioni che ne devono scaturire. Una famiglia che non entri nell'ottica di questo cammino, in cui per tutti arriva il momento della figliolanza e della genitorialità, e questo momento va vissuto per quello che esso rappresenta, non può certo dirsi una famiglia matura.

Non è un giudizio critico e nemmeno uno sguardo negativo sulla realtà: è bensì la presa di coscienza positiva che è sempre necessario sentirci "in cammino" verso la piena costruzione della primitiva cellula della società, che è appunto la famiglia. Nessuno nasce genitore, così come nessuno sa fare il figlio solo per il fatto di essere stato generato da qualcuno: è frutto di un costante cammino di maturazione.

Mi piace, in questo giorno in cui ci mettiamo sotto la protezione della Santa Famiglia di Nazareth, notare come la stessa venga oggi descritta in costante cammino: da Betlemme all'Egitto, poi ancora verso la Giudea e poi di nuovo, dalla Giudea a Nazareth, questo peregrinare di Giuseppe, Maria e il piccolo Gesù mi piace leggerlo in chiave simbolica, come la continua ricerca di una situazione ottimale in cui tutti nella famiglia si sentano a proprio agio, al sicuro, protetti, amati, situazione che oggi purtroppo non è assolutamente da dare per scontata.

Ma - per rimanere nella simbologia, più che nella idealizzazione della famiglia del Figlio di Dio a cui ispirare la vita delle nostre famiglie - mi sembra suggestivo sottolineare pure ciò che sta alla base di questo continuo peregrinare: ciò che muove Giuseppe da un luogo all'altro, da una sicurezza all'altra, da una ricerca di bene a quella successiva, è ancora una volta la dimensione del "sogno": quello della voce di Dio, dell'ascolto della sua Parola, che deve ispirare il cammino delle famiglie credenti, ma anche quello della ricerca continua di ideali "alti", di valori "da sogno", ovvero non da poco conto, non "bassi", non "banali", che aiutino soprattutto le giovani generazioni appunto a "sognare" al di là del quotidiano e dell'ordinario, dal quale comunque non va distolto lo sguardo.

Sentire - notizia del telegiornale di ieri - che le famiglie inglesi hanno trascorso il Natale di quest'anno passando più tempo davanti al computer facendo acquisti "on line" che condividendo un pasto insieme e ancor meno partecipando ad una funzione religiosa, mi crea un sensibile raggelo interiore.

E allora, mi scalderò il cuore "sognando alto" con le parole dei primi versetti della seconda lettura di oggi: "Rivestitevi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di grandezza d'animo, di sopportazione, di perdono vicendevole".

Tutte cose che a Nazareth sapevano fare "come Dio comanda", sognando.

 

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