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TESTO Natale: onnipotenza e amore

padre Gian Franco Scarpitta  

Natale del Signore - Messa del Giorno (25/12/2010)

Vangelo: Gv 1,1-18 (forma breve Gv 1,1-5.9-14) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 1,1-18

1In principio era il Verbo,

e il Verbo era presso Dio

e il Verbo era Dio.

2Egli era, in principio, presso Dio:

3tutto è stato fatto per mezzo di lui

e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

4In lui era la vita

e la vita era la luce degli uomini;

5la luce splende nelle tenebre

e le tenebre non l’hanno vinta.

6Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

7Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

9Veniva nel mondo la luce vera,

quella che illumina ogni uomo.

10Era nel mondo

e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;

eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

11Venne fra i suoi,

e i suoi non lo hanno accolto.

12A quanti però lo hanno accolto

ha dato potere di diventare figli di Dio:

a quelli che credono nel suo nome,

13i quali, non da sangue

né da volere di carne

né da volere di uomo,

ma da Dio sono stati generati.

14E il Verbo si fece carne

e venne ad abitare in mezzo a noi;

e noi abbiamo contemplato la sua gloria,

gloria come del Figlio unigenito

che viene dal Padre,

pieno di grazia e di verità.

15Giovanni gli dà testimonianza e proclama:

«Era di lui che io dissi:

Colui che viene dopo di me

è avanti a me,

perché era prima di me».

16Dalla sua pienezza

noi tutti abbiamo ricevuto:

grazia su grazia.

17Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,

la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

18Dio, nessuno lo ha mai visto:

il Figlio unigenito, che è Dio

ed è nel seno del Padre,

è lui che lo ha rivelato.

Ci domandiamo: è possibile che Dio possa farsi uomo? Se lo sono chiesti in tanti, e parecchi lo hanno smentito considerando che un Dio Assoluto, quello che Pascal definiva "il Dio dei filosofi, non può smentire se stesso ma deve restare Dio in quanto tale; altri hanno affermato che un Dio che si fa uomo è irrazionale e per ciò stesso scandaloso, altri ancora hanno concepito un Dio che subisce trasformazioni come una sorta di mito immaginario e fantasioso.

In realtà, l'alternativa non si pone considerando l'argomento Dio, come egli sia e come possa essere, quanto piuttosto considerando NOI e la nostra capacità di accogliere la Rivelazione e di conseguenza l'Incarnazione: nell'ottica della fede, noi siamo infatti consapevoli di un Dio talmente onnipotente che, proprio perché sommamente perfetto e incorruttibile, ha delle prerogative che non sono proprie dell'uomo e pertanto è in grado di rivelarsi e di concedersi all'umanità con tutti i mezzi, anche attraverso il fenomeno che bene esprime il Vangelo di Giovanni: "E il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi, cioè ha assunto la nostra vita entrando nella nostra storia .

Tutto questo però a condizione che da parte nostra vi sia, per l'appunto, l'accoglienza irrinunciabile della fede, virtù teologale che interpella il cuore nell'accettazione dell'evento di Betlemme come dono spontaneo e gratuito, da accogliersi con fare dimesso di riconoscenza senza obiezioni, indugi o reticenze di sorta: la fede è infatti la disposizione a credere e a lasciarci coinvolgere da un evento unico e irripetibile che è Gesù Cristo, un concedersi libero e disinvolto e un andare incontro a Dio che tende a raggiungerci fino nell'intimità per trasformarci radicalmente, un ammirare affascinati la bellezza e lo straordinario di un Dio al quale tutto è veramente possibile, in quanto è Amore infinito per questa umanità malata e contusa. Nella fede riscontriamo quindi che davvero Dio può questo e altro, anche diventare Fanciullo.

Ma perché Dio si è fatto uomo? La risposta è ravvisabile nelle pagine della Scrittura, soprattutto quelle che ci stanno accompagnando nella riflessione liturgica di questo Tempo appena iniziato: è il peccato la causa fondamentale per cui egli decide di condividere ogni cosa con l'umanità. La persistenza dell'uomo nel suo essere succube del male e la sua ostinazione ad illudere se stesso nella lontananza da Dio per l'offesa ai suoi simili, ha fatto sì che Dio ponesse rimedio a questa pecchia non solamente intervenendo dall'esterno, ma facendosi uomo egli stesso per condividere in tutto le vicende storiche dell'umanità nella concretezza di una famiglia di umili condizioni, di una particolare dimensione storica e di una comunità popolare di paese, come pure nella condizione di estrema miseria e indigenza volontariamente abbracciate, ai fini di poterci ragguagliare che neppure nelle condizioni più deplorevoli il peccato è legittimato. Il Cristo Incarnato infatti farà anche la fila con i peccatori alle rive del Giordano per confondersi con coloro che hanno bisogno di redenzione e di riscatto; il suo peregrinare nel deserto, dove avrà ragione delle astuzie e delle finezze del maligno, sarà la risposta che darà all'uomo sulla possibilità di poter resistere ad ogni tipo di tentazione al male, la solidarietà con i pubblicani e con le prostitute mostrerà la sua superiorità sulla realtà del peccato, che egli saprà comprendere e compatire senza esserne direttamente interessato; la guarigione del paralitico dimostrerà con i fatti che davvero il Figlio dell'Uomo è in grado di risollevare l'uomo peccatore e finalmente il sangue sparso sulla croce - che fonda il senso pieno dell'Incarnazione - sarà il prezzo del riscatto dei nostri peccati.

Per dirla con Giovanni, "In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione dei nostri peccati (1Gv 4, 10) e il Natale è appunto la realizzazione di questo prezioso progetto di invio, soprattutto perché il peccato è la pecchia che più di tutte le altre rovina l'uomo alienandolo da se stesso e rendendolo deprezzabile anche presso i suoi contemporanei.

Il peccato va certamente evitato con tutti i mezzi in ragione della grazia che il Signore ci ha concesso e non si deve mai cedere di fronte alle proposte accattivanti e seducenti del male; tuttavia sempre Giovanni ci ravvisa che "se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre, Gesù Cristo giusto" che ha espiato i nostri peccati e quelli di tutto il mondo (1Gv 2, 1-2) ed è per questo che in occasione del Natale non possiamo non sentirci rincuorati, incoraggiati e spronati alla perfezione e alla santità, che è comune vocazione dei credenti: siamo consapevoli di un Dio Salvatore che non ci abbandona alle nostre debolezze e la cui misericordia va ben oltre i nostri limiti personali e ciò ci è di monito alla costanza nel bene, nella promozione della giustizia, della pace e dell'amore vicendevole attaccandoci al bene e fuggendo il male con orrore (Rm 12, 9) innanzitutto nelle relazioni comuni fra di noi, quindi nelle interazioni a vasto raggio con il mondo circostante. Di fronte alla possibilità di peccare occorre essere vigilanti, ma non per questo timorosi, visto che Dio si è mostrato dalla nostra parte; basta la convinzione che la via di Dio è la sola che porta alla salvezza e alla gioia, che chi pratica la giustizia si consola con essa stessa e che la persistenza nel male è foriera di perdizione e di autodistruzione.

Ma il Natale attesta che Dio ci è amico in tutte le situazioni di convivenza umana, che egli si rende partecipe della nostra storia volendo prendere parte in prima persona delle nostre vicende e delle nostre ansie personali e questo è un ulteriore motivo per considerare nel Natale un monito alla gioia e un invito ad abbandonare le apprensioni e i turbamenti per trovare pace in noi stessi e con gli altri.

Sto considerando che, nonostante l'apparenza di una festa consumistica sfarzosa e vacua di contenuti che la propaganda ci propina tutti i giorni, anche ai nostri tempi c'è molta gente che vive in prima persona, sperimentandone l'efficacia sulla propria pelle, il mistero dell'Incarnazione con grande eroismo e determinazione e la cui testimonianza di fede non può non essere elogiata e ammirata da parte nostra: mi riferisco ai gruppi cristiani di Oriente costantemente perseguitati a motivo della loro fede; al martirio dei cristiani che attualmente costituiscono il gruppo religioso più martoriato dal fanatismo e dall'intolleranza religiosa, ai quali il Pontefice ha espresso la tutta la sua solidarietà e verso i quali anche da parte nostra va espressa vicinanza orante nella considerazione attenta di tanto orrore e di tante sofferenze accettate di buon grado ai fini di testimonianza cristiana.

Anche oggi, come nelle origini vi sono testimoni assidui della fede che mostrano gioia e soddisfazione nell'essere perseguitati a causa del Vangelo e che non rinnegano il loro credo religioso nonostante gli orrori e il panico a cui sono costretti.

Guardando allora ai martiri di questi giorni, ci sovviene considerare che nella nostra situazione è invece possibile la gioia e la serenità poiché le prove e i sacrifici che ci toccano non sono paragonabili alle spietatezze disumane che coinvolgono tante persone in altri luoghi del cristianesimo. Anche il dolore di esperienze in negativo è occasione per ravvivare in noi la gioia del Natale, perché appunto sotto questi aspetti il Dio della gloria ha voluto essere il Dio - con - noi, e nella sua umiliazione abbiamo l'opportunità di essere umili anche noi.

La gioia del Natale sia la nostra forza. Il mio augurio è che a questa festa non vengano date motivazioni né fondamenti differenti da quelli che ci offre la Rivelazone del Dio Amore che spoglia se stesso per arricchirci della sua povertà e che lo stesso Signore sia sempre il vincolo di coesione della nostra comunione, che in lui trova fondamento e consolidazione.

Con questi pensieri e con questi sentimenti, comunico a tutti quanti i miei affettuosi auguri di BUON NATALE.

Il Dio Bambino soddisfi tutti i nostri desideri, colmi le nostre lacune e riempia di gioia i nostri giorni.

 

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