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TESTO Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?

mons. Gianfranco Poma

III Domenica di Avvento (Anno A) - Gaudete (12/12/2010)

Vangelo: Mt 11,2-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 2Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò 3a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». 4Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: 5i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. 6E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

7Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? 8Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! 9Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. 10Egli è colui del quale sta scritto:

Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero,

davanti a te egli preparerà la tua via.

11In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.

Desiderare Dio, aspettarlo, incontrarlo, è il senso dell'Avvento ed è l'esperienza che la Liturgia ci invita a vivere in queste settimane, in attesa del Natale. Il nostro tempo sembra fare a meno di Dio: cerca tante cose, è insoddisfatto, deluso, ma da quando i maestri del sospetto hanno aperto gli occhi agli uomini, essi cercano altrove ciò che in tempi più ingenui cercavano in Dio. Eppure noi celebriamo l'Avvento, perché, al di là di ogni risposta che ci viene dalle scienze che indagano l'uomo, sentiamo rinascere in noi il desiderio insopprimibile di qualcuno che sazi il nostro desiderio di pace, di felicità, di amore. Desiderare, aspettare, incontrare Dio è un'esperienza infinitamente grande, che ci coinvolge completamente: oggi ci chiede il coraggio di quella verità che raggiungiamo soltanto rientrando nel profondo di noi stessi per lasciare emergere le domande radicali alle quali non possiamo sfuggire.

Il Vangelo ci fa percorrere questo cammino proponendoci la figura di Giovanni il Battista che la liturgia della domenica terza di Avvento ci ripresenta con il brano di Matteo 11, 2-11. Si tratta di una pagina centrale del Vangelo di Matteo nella quale si intrecciano i temi maggiori che interessano la comunità cristiana nascente e la Chiesa di ogni tempo: l'incontro con il Cristo, la sua identità, la missione, la testimonianza. Nella figura di Giovanni è rappresentato l'uomo in tensione verso la propria realizzazione: non per nulla Gesù sottolinea lo stupore suscitato dalla sua personalità di uomo forte, libero, profetico, "il più grande tra i nati da donna". Giovanni ha il coraggio dell'onestà nella denuncia delle ipocrisie, delle manipolazioni della Legge e dell'abuso del potere. Ma la grandezza di Giovanni e la sua libertà interiore si manifesta soprattutto quando, con un atto di autenticità e di verità, confessa di non essere lui migliore degli altri: ha il coraggio della denuncia ma non ha la possibilità di migliorare il cuore dell'uomo per fargli superare quel limite di fragilità che lo condiziona radicalmente. A questo punto l'uomo Giovanni si apre alla fede: non può non venire "Colui che è più forte di me". Giovanni diventa l'uomo dell'attesa, del desiderio di Dio che è la certezza che l'uomo non è abbandonato alla sua disperante fragilità, è l'esperienza di un Amore che irrompe dove l'uomo è schiacciato dalla sua solitudine. Adesso, dice Matteo, Giovanni è in carcere: la sua percezione del male che schiaccia l'uomo diventa drammatica. E proprio all'interno del carcere "ha sentito le opere del Cristo": Giovanni ha un sussulto, nella sua situazione drammatica irrompe l'opera del Cristo. Dunque Dio risponde alla sua attesa con "le opere del Cristo": ma proprio a questo punto avviene la grande crisi dell' "uomo" Giovanni. Aspettava uno più forte di lui che vincesse il male: sente "le opere del Cristo" e sono opere di misericordia e di perdono. Attraverso i suoi discepoli rivolge a Gesù la domanda drammatica, stupendamente significativa che non può non sgorgare dal cuore di ogni uomo che incontra Gesù, il Cristo, nella sua sconvolgente e inattesa novità: "Tu sei Colui che viene o dobbiamo aspettare un altro?" Nella tenebra del suo carcere Giovanni ha cominciato a vedere una luce, ma il carcere rimane: nella sua fragilità umana che rimane ha cominciato a sentire un calore nuovo che gli fa superare la durezza con cui guardava agli uomini peccatori e li condannava. Giovanni aspettava un "Altro", forte, potente, terribile: aspettava Dio. Adesso sente le opere di uno, che è anche suo cugino, con il quale può parlare come a un amico. Aspettava un "Altro" che facesse un mondo migliore: c'è uno che ama questo mondo. Aspettava un Dio che innalzasse il mondo alla sua altezza: c'è uno invece che discende dentro il mondo e ne fa la sua tenda. Dobbiamo aspettare l' "Altro" come sempre noi facciamo, vivendo da alienati, insoddisfatti di ciò che abbiamo oppure aprire i nostri orecchi, i nostri occhi, il nostro cuore per accogliere "Colui che viene con noi"? Ma certo, non può non essere la nostra domanda questa, quando sentiamo il peso della nostra vita quotidiana, la angoscia dei nostri drammi, perché solo nella verità della nostra esperienza possiamo accogliere la verità della sua venuta. Desiderare "Dio" significa allora imparare a non aspettare sempre l' "altro" ma accogliere questo "Tu" che in ogni attimo ci dona il senso della vita.

Alla domanda di Giovanni posta attraverso i discepoli, Gesù risponde invitandoli a portare la testimonianza di ciò che vedono e sentono. La risposta di Gesù alla crisi di Giovanni non è una dottrina, una teologia astratta, ma una testimonianza. Giovanni aspetta l'intervento di Dio, desidera la sua venuta: i suoi discepoli hanno visto e hanno udito le opere di Gesù, il Cristo: sono opere che realizzano ciò che l'uomo desidera. E' in atto ormai una umanità nuova, capace di relazioni piene, libera da ogni discriminazione di qualsiasi tipo, una umanità fatta da uomini poveri ma ai quali è arrivato il lieto annuncio dell'amore del Padre. L'uomo che cerca Dio deve solo aprire i suoi occhi per vedere che Dio è dentro la sua vita, la sua storia, il suo mondo. Dunque Giovanni può credere: è proprio Gesù "Colui che viene"; è Lui l' "Altro" che si è fatto vicino, che entrando nella nostra vita vince la nostra solitudine, illumina i nostri occhi, apre i nostri orecchi, elimina le distanze create da leggi e da poteri che discriminano. E' Lui che manifesta la sua onnipotenza nella misericordia e nel perdono, nella compassione, nella condivisione della nostra fragilità. E'Lui che ama chi è povero, chi non indossa maschere di falsa potenza, di ipocrisia: è lui che rende felice chi si lascia amare e crede l'amore. E' Lui che ci stupisce non con lo splendore della sua gloria ma con l'infinito del suo amore che si fa piccolo per essere uno di noi, con noi, per noi, per farci sentire la bellezza della esperienza umana. Dovremo seguire tutto il Vangelo di Matteo per entrare in questa esperienza. Ma già da adesso lo sappiamo: è la comunità di coloro che credendo nella presenza operante di Gesù mostrano una vita bella e felice che lo testimoniano e dicono che il nostro desiderio di Dio è ormai una realtà.

 

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