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TESTO Commento su Matteo 24,37-44

Monastero Domenicano Matris Domini  

I Domenica di Avvento (Anno A) (28/11/2010)

Vangelo: Mt 24,37-44 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 37Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. 38Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, 39e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. 40Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. 41Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.

42Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. 43Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. 44Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.

LEGGIAMO

Iniziamo con questa domenica un nuovo anno liturgico in cui sarà il vangelo secondo Matteo ad offrirci la Parola che guida il nostro cammino di fede. Una delle caratteristiche di tale vangelo è la presenza di cinque grandi discorsi in cui Matteo raccoglie detti di Gesù attorno a temi fondamentali per la vita della chiesa. Il tempo di Avvento si apre come di consueto sulla prospettiva del ritorno del Figlio dell'uomo e dunque con un brano tratto dall'ultimo discorso proposto da Matteo, quello escatologico; di carattere composito, come per gli altri sinottici, questo testo presenta in Matteo un ampliamento significativo attraverso delle parabole che esemplificano il senso della vigilanza (in particolare nel cap. 25).

Nell'attesa che segna il ricordo liturgico del Natale del Signore la liturgia ci ricorda con il tema di questa prima domenica, la necessità di non staccare tale celebrazione dalla memoria della seconda venuta di Gesù Cristo e ci sollecita ad una coerente vita cristiana.

Accanto al vangelo la prima lettura ci offre l'immagine classica dell'incontro finale con Dio, quella del banchetto, nella versione di Isaia (2,1-5) completata dall'esortazione di san Paolo (Rom 13,11-14a) a vivere come figli della luce, riconoscendo i segni della presenza del Signore veniente in ogni tempo.


Contesto

Siamo all'interno del discorso escatologico di Matteo che occupa i capitoli 24 e 25; la pericope scelta per la prima domenica di Avvento ci offre tre piccole parabole attraverso cui l'evangelista vuole sottolineare l'imprevedibilità dell'ora della venuta del Figlio dell'uomo e la necessità di essere pronti, di vegliare. Proprio la menzione del Figlio dell'uomo segna l'inizio e la fine del brano (inclusione), indicazione che attira la nostra attenzione sul retroterra del testo, fatto di attese escatologiche, sia giudaiche sia delle comunità cristiane dei primi secoli.

L'espressione Figlio dell'uomo ci rimanda al testo di Dn 7,13-14 che naturalmente i cristiani, va riferita a Gesù Cristo, poiché sarà lui che verrà come giudice alla fine dei tempi. Mentre però i testi apocalittici giudaici del tempo si attardavano a calcolare il tempo di tale venuta (cfr. Dn 9 e 12) la tradizione neotestamentaria ne ha sempre sottolineato l'imprevedibilità.

L'evangelista nel testo propostoci non vuole fornirci delle indicazioni sui tempi o i segni che preludono la venuta del Figlio dell'uomo, ma piuttosto suggerire come vivere in modo che tale venuta non sia per noi un evento negativo (l'immagine utilizzata è quella del ladro che priva di ogni bene), ma piuttosto di un gioioso incontro con il Signore nostro.

Nel vangelo infatti Gesù non ci parla del futuro, ma invita a leggere il presente alla luce della sua storia. Con lui il tempo è compiuto (cfr. Mc 1,15) e ci è offerta la possibilità di viverlo in pienezza. Infatti il giudizio futuro di Dio su ciascuno di noi dipende dal nostro modo di giudicare il presente, nel saper riconoscere la Sua presenza qui e ora nel fratello e nella sorella in cui Egli si fa presente (cfr. Mt 25,31s).

Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo.

Mentre due domeniche fa ci veniva proposta la parte iniziale del discorso escatologico, nella versione di Luca, ora siamo nella parte conclusiva di tale discorso. Nel v. 36 l'evangelista Matteo ha appena ricordato che solo il Padre conosce l'ora, ossia quando verrà la fine dei tempi e dunque la parusia. La pericope proposta vuole esemplificare tale versetto con due piccole parabole, la prima ci rimanda al tempo di Noè (cfr. Gn 6): la venuta del Figlio dell'uomo avverrà in un contesto simile, ma in che senso?

Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell'uomo.

Quando verrà la fine? La domanda che attraversa il discorso escatologico non riceve una risposta chiara, ma nei vv. 38-39 rimanda esplicitamente al quotidiano, alle attività di ogni giorno. E' qui che si gioca il nostro futuro. Interessante notare che il testo parla di due attività basilari per la vita, il nutrimento e la riproduzione.

La venuta del Figlio dell'uomo è imprevedibile, anche se certa, e coglierà di sorpresa, come il diluvio. Cosa fare per non farsi cogliere di sorpresa? I contemporanei di Noè non si accorsero di nulla, e noi? Cosa possiamo fare? Ci soccorre il testo della seconda lettura proposta in questa domenica (Rom 13,11-14a): restare nella luce della fede.

Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l'altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l'altra lasciata.

Questi due versetti presentano un'altra piccola immagine, quasi una parabola, che fa riferimento al lavoro, altra attività quotidiana delle persone, così legata alla sua vita e alle sue relazioni. Quello che distingue le persone e il loro destino non è quello che si fa', ma il modo in cui lo si fa!

La venuta del Figlio dell'uomo inserisce infatti il tema del giudizio che verrà attuato non sulle apparenze, entrambi gli uomini e le donne in questi versetti fanno le stesse cose, ma sulle motivazioni profonde che spingo l'agire, sul cuore potremmo dire.

E' la qualità della nostra vita, il modo in cui si compiono le azioni e i gesti quotidiani, lo stile dell'agire che qualifica il credente. Anche qui possiamo legger l'invito a non vivere superficialmente, ma dando senso (inteso come direzione e come significato) al nostro vivere.

Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà.

Ecco la pressante esortazione rivolta ai credenti: vegliate. Poiché è incerto il giorno della venuta del Signore (v.37 che riprende i vv. 37 e 39, ma li personalizza sostituendo il Figlio dell'uomo con il Signore vostro) l'atteggiamento proprio del credente è la vigilanza. A questo punto Matteo inserisce alcuni esempi, per mostrare in che consiste questo fondamentale atteggiamento, elementi che sono propri del suo vangelo e allungano il discorso escatologico rispetto agli altri due sinottici.

Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa.

La liturgia ce ne propone solo uno centrato sul ladro, che viene senza preavviso e in un'ora imprevedibile, togliendo al padrone tutti i suoi beni. L'invito indiretto rivolto ai credenti è di non considerarsi padroni della propria vita (cfr. Lc 7, 24.27) a cui la morte, che è la personale fine de mondo, ruba ogni cosa, ma come discepoli in attesa operosa dell'incontro gioioso con Cristo Signore (cfr. Mt 25,1s), tema esemplificato anche dalla prima lettura (Is 2,1-5).

Il secondo suggerimento è la vigilanza, l'attenzione cioè a vivere appieno ogni momento perché non conosciamo l'ora in cui il Signore verrà.

Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo.

Con la ripetizione dell'indicazione dei v. 37.39, ecco una seconda esortazione: tenetevi pronti. Il brano si conclude sul tema della vigilanza in una chiave nuova: che significa essere pronti? Saranno i versetti immediatamente seguenti a dircelo e poi il capitolo 25. Possiamo leggere in questi brani di Matteo un'eco di quanto espresso in Dt 30,15-20, dove la scelta tra la vita e la morte, tra il bene e il male, è posta nelle nostre mani.

L'apocalittica cristiana come traspare dal testo di Matteo, non è interessata ad indicare i tempi della venuta del Signore, ma mentre mantiene salda la fiducia nella gestione della storia da parte di Dio e la speranza che ciò comporti la ricompensa dei giusti, fa di questi elementi dei punti di riferimento per l'agire cristiano nell'oggi. L'evangelista propone un'armonizzazione tra escatologia ed etica. I cristiani devono comportarsi sempre come se la venuta del Figlio dell'uomo fosse imminente (D. J. Harrington).

Del resto come ricorda l'inizio del vangelo di Marco (1,15), è con la venuta di Gesù nella storia che il tempo è compiuto, la sua presenza nel tempo va letta alla luce della fede. Il cristiano per questo è chiamato figlio della luce (cfr. la prima lettura Rom 13,11.14a) e raccoglierà, per la vita eterna, quanto avrà seminato nel quotidiano (Gal 6,8).


MEDITIAMO

1) Come cerco di vivere l'esortazione alla vigilanza che il testo mi offre? Cosa significa per me vivere nella luce di Cristo?

2) La venuta finale del Figlio dell'uomo come me la immagino? La temo o la percepisco come l'incontro con Cristo?

3) La vita di ogni giorno è il luogo in cui scegliamo il nostro destino eterno: è vero questo per me? Cosa cambia nel mio modo di agire, di giudicare, di scegliere?


PREGHIAMO
Salmo Responsoriale (Salmo 121)

Andiamo con gioia incontro al Signore.

Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!».
Già sono fermi i nostri piedi
alle tue porte, Gerusalemme!

È là che salgono le tribù,
le tribù del Signore,
secondo la legge d'Israele,
per lodare il nome del Signore.
Là sono posti i troni del giudizio,
i troni della casa di Davide.

Chiedete pace per Gerusalemme:
vivano sicuri quelli che ti amano;
sia pace nelle tue mura,

sicurezza nei tuoi palazzi.

Per i miei fratelli e i miei amici
io dirò: «Su di te sia pace!».
Per la casa del Signore nostro Dio,
chiederò per te il bene.

Colletta

O Dio, Padre misericordioso, che per riunire i popoli nel tuo regno hai inviato il tuo Figlio unigenito, maestro di verità e fonte di riconciliazione, risveglia in noi uno spirito vigilante, perché camminiamo sulle tue vie di libertà e di amore fino a contemplarti nell'eterna gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

 

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