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TESTO Cristo Re di tutti

don Daniele Muraro  

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) - Cristo Re (21/11/2010)

Vangelo: Lc 23,35-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 23,35-43

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] 35il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». 36Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto 37e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 42E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». 43Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

La collocazione della festa di Cristo Re all'ultima domenica dell'anno liturgico non deve indurci nell'errore di ritenere che la sovranità di Cristo sia confinata al termine della storia, quando finalmente con evidenza tutto sarà sottomesso a Lui.

In realtà già fin d'ora Cristo regna, in quanto come abbiamo sentito, Egli si scelse per trono di insediamento la croce. Di lì cominciò a raccogliere il suo popolo e continua a farlo nella Chiesa, che è il suo Regno visibile. Non esiste Re senza un popolo e il popolo di Cristo siamo noi battezzati.

A metà della sua missione terrena rifiutò il titolo di Re, perché allora era troppo presto e la proclamazione si prestava ad un equivoco istituzionale. Egli infatti era venuto non per confermare un ordinamento vecchio e soppiantato dal progredire della storia, ma per iniziarne uno nuovo.

Se Gesù si fosse messo a capo di un insorgente movimento nazionalista ebraico noi saremmo ancora nei nostri peccati e il suo nome sarebbe stato presto dimenticato. Invece noi salutiamo in Lui "il capo del corpo, che è la Chiesa", "colui in cui abita tutta la pienezza" e che "ha pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli."

A dire il vero, le tre categorie di persone che con fiducia e insistenza si erano rivolte a Giovanni Battista nel deserto, sotto la croce tornano per deridere e ingiuriare il loro Salvatore.

Il popolo sta a vedere, ma poco prima aveva richiesto a gran voce davanti a Pilato la condanna di un Gesù prigioniero e flagellato. I capi del popolo pregustano la vittoria su quello che essi ritenevano loro principale nemico e fustigatore.

I soldati prendono l'occasione della pubblica esecuzione per umiliare in quel crocifisso innocente la pretesa autonomia e preminenza di un popolo che tanta fatica duravano a tenere sottomesso.

Eppure sulla croce Gesù è già vincitore e con la sua passione prevale sull'odio e sul peccato. Prova ne sia che aggrega a sé come sua prima conquista il malfattore crocifisso alla sua destra.

Costui pur riconoscendo la legittimità della propria condanna, mai sarebbe arrivato da solo a sperare e quindi a chiedere una salvezza. È Gesù che glielo ispira mediante la pazienza con cui sopporta l'ingiusta pena e anche tramite la maestosa dignità confermata dal titolo alla sommità della croce: "Ecco il re dei Giudei".

Se quell'insegna fosse mancata sarebbero state risparmiate al Signore alcune tra le invettive più ostili, ma il brigante sulla destra avrebbe trovato un motivo di meno per appellarsi alla bontà del suo Salvatore. Infatti egli invoca: "Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno". E la sua invocazione viene ascoltata.

Dunque il Regno di Dio ha un inizio piccolo e quasi sconfortante, ma come il seme della parabola è dotato di una forza misteriosa irresistibile ed evidente. Esso infatti non è solo interiore, ma di sua natura tende a manifestarsi all'esterno e ad affermarsi nella società.

La regalità di Cristo ha un versante sociale da non sottovalutare in quanto Egli vuole essere, e di fatto è, il Signore non solo delle singole coscienze, ma anche dei gruppi organizzati e delle nazioni intere.

Il Regno di Cristo è spirituale, ma anche universale. Come scriveva Pio XI nell'enciclica che istituiva la solennità odierna: "Gli uomini, uniti in società, non sono meno sotto la potestà di Cristo di quello che lo siano gli uomini singoli. È lui solo la fonte della salute privata e pubblica; è lui solo l'autore della prosperità e della vera felicità sia per i singoli sia per gli Stati, poiché il benessere della società non ha origine diversa da quello dell'uomo, la società non essendo altro che una concorde moltitudine di uomini."

E aggiungeva: "Oh, di quale felicità potremmo godere se gli individui, le famiglie e la società si lasciassero governare da Cristo! Allora veramente si potrebbero risanare tante ferite, allora ogni diritto riacquisterebbe l'antica forza, tornerebbero i beni della pace, cadrebbero dalle mani le spade, quando tutti volentieri accettassero l'impero di Cristo, gli obbedissero, ed ogni lingua proclamasse che nostro Signore Gesù Cristo è nella gloria di Dio Padre".

A questo punto il motto di Cavour "libera Chiesa in libero Stato" va ripensato. Noi diciamo che la Chiesa, in quanto concreta attuazione del Regno di Dio nella storia non può essere circoscritta entro i confini di uno stato politico, anzi è la Chiesa che abbraccia tutti gli stati e assicura la loro coesione e la loro concordia.

Essa è sacramento, cioè segno efficace, di unità per il genere umano. Certamente esiste l'autonomia della sfera del potere mondano nelle scelte che lo riguardano, ma lo Stato non può ergersi ad arbitro della vita delle persone.

E qui si deve scegliere: o si dà spazio all'individualismo senza freni, o si privilegia l'aggregazione e la concordia fra gli uomini che Cristo ha iniziato sulla terra che faticosamente ma inarrestabilmente si realizza nella comunione della Chiesa cattolica.

Il Regno di Cristo è un regno di giustizia, di amore e di pace, e di questi doni abbiamo bisogno fin d'ora e non solo in un futuro lontano, perciò anche noi volentieri ci sottomettiamo a Cristo Re. Da Lui ci lasciamo guidare nelle nostre scelte private e sosteniamo la rilevanza del suo Vangelo anche nelle sedi quelle pubbliche dove vengono prese decisioni per tutta la società. È solo di lì infatti che ci aspettiamo senza timori una vita buona e ordinata per tutti.

 

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