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TESTO Chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà

don Fulvio Bertellini

XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (07/07/2002)

Vangelo: Mt 10,37-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 10,37-42

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: 37Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; 38chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. 39Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.

40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

Grest parrocchiale. Partecipanti: qualche decina (a volte anche oltre il centinaio) di bambini scalmanati. Collaboratori: alcuni volenterosi ragazzi delle superiori. Poi: vari responsabili e animatori adulti. A volte al vertice, a volte ai margini, sta il sacerdote; per non dimenticare (in alcune parrocchie fortunate) la presenza di alcune religiose. Troviamo in uno qualsiasi dei nostri Grest parrocchiali gente di tutti i tipi: il religioso o religiosa, che ha consacrato la vita a Dio e ai fratelli, seguendo la parola del Cristo: "Chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà"; il ragazzo scalmanato, che viene solo per trovarsi la morosa; il giovane motivato, che sacrifica una possibilità di vacanza per prestare questo servizio. Per tutti la stessa ricompensa.

Una strana bilancia

Da un lato il Vangelo di domenica presenta un'esigenza estrema: occorre "lasciare tutto" per amore del Signore. Dall'altro, troviamo una estrema condiscendenza: neppure un bicchier d'acqua sarà dimenticato. Nel nostro ipotetico GREST: il prete o la suora che hanno "lasciato tutto", sono messi sullo stesso piano del giovincello che regala soltanto poche ore del suo tempo. Una asimmetria strana, per noi troppo abituati alle misurazioni quantitative, e alle gerarchizzazioni rigorose. Ma il Regno di Dio sfugge a questa mentalità...

Misurare il dono

Come si fa infatti a misurare un regalo? Quale dono è più dono di un altro? Sono cose che si misurano con il cuore, non con il cronometro o con la grossezza del portafoglio. Non è possibile amare Gesù "al risparmio". Non si può dire "adesso, Signore, ho fatto abbastanza": anzi, Gesù pretende un amore esclusivo, che va al di là di tutti gli affetti familiari. Ma d'altra parte, non si può neppure dire "è troppo poco", "è qualcosa di insignificante". Neppure un bicchier d'acqua sarà dimenticato. Purché sia dato "perché è mio discepolo". Il bicchiere d'acqua fresca viene valorizzato, perché dato nel nome di Gesù, perché diventa un atto di fede in lui: "chi accoglie voi, accoglie me, e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato".

Una presenza nascosta

Nell'accoglienza del discepolo, si gioca il mistero dell'accoglienza del Padre. E nella testimonianza del discepolo, si gioca il mistero della presenza di Dio nel mondo, che si serve in maniera privilegiata del segno povero e disarmato della sua Chiesa. Per questo il Dio che è così largo e accogliente verso tutti quelli che fanno anche il minimo bene ai suoi discepoli, e dimostrano anche il minimo accenno di fede, diventa così esigente nei confronti di chi pretende di essere discepolo del suo Figlio: "Chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me"... nessun amore privato, nessun interesse personale deve intralciare la testimonianza del Regno. Tutti ci rendiamo conto di quali deleterie conseguenze può avere la mescolanza della fede con vantaggi personali, familiari, tornaconti economici e sociali... Fede limpida e testimonianza sincera è solo quella che veramente rinuncia alla "vita", per causa di Gesù e del Vangelo.

Dal dire al fare...

Il primo impegno che nasce dall'ascolto di questa parola, è una seria revisione dei nostri affetti personali. Nella famiglia si attua buona parte della vocazione di molti cristiani. Ma gli affetti familiari possono e devono essere "cristianizzati", vissuti alla luce di Cristo: solo allora la nostra famiglia può diventare testimonianza dell'amore di Dio.

Un secondo impegno diventa l'accoglienza dei testimoni di Gesù. Prima di sentirci chiamati a testimoniare (che è una cosa difficile ed esigente, perché bisogna "perdere la vita"), dobbiamo sentirci chiamati ad accogliere i testimoni del Vangelo (che è facile, perché basta "un bicchiere di acqua fresca"). Nella nostra comunità, nel nostro lavoro, al di fuori dei testimoni "ufficiali" (preti, religiosi, religiose...), che pure sono molto importanti, occorre saper riconoscere e accogliere chi di fatto testimonia il Vangelo. Può essere una testimonianza povera, discutibile, parziale... ma va comunque valorizzata, nello stesso modo che il Padre celeste valorizza ogni nostro più piccolo gesto di amore.

E un terzo impegno è scoprire qual è il nostro posto nel mondo come testimoni di Cristo: troppo spesso si dà per scontato che la nostra vita sia indirizzata da binari esterni, inevitabilmente divergenti rispetto alla via tracciata da Cristo (anzi, è lui stesso la Via da seguire!). Essere discepoli capaci di portare la croce, può significare compiere scelte controcorrente. A partire da una vita di preghiera più intensa e anche prolungata nel tempo. Non può restare il privilegio di pochi eletti, che ad essa hanno dedicato la vita. Deve essere il contrassegno anche del cristiano che lavora, che si impegna nel mondo, che cerca di essere testimone nei punti caldi della vita dell'uomo del nostro tempo.

PRIMA LETTURA

"Io so che è un uomo di Dio, un santo, colui che passa sempre da noi". Perché la donna invita con insistenza il profeta nella sua casa? Si tratta di una straniera, non di un'israelita; eppure riconosce in Elisèo un "uomo di Dio": si tratta di un'espressione tecnica, per indicare un "profeta"; anche il termine "santo" non deve ingannare: significa uomo "separato" dagli altri uomini, toccato e trasformato dal contatto con l'ambito del divino. All'intuizione della donna, che a noi può apparire grossolana e insufficiente, corrisponde però un'accoglienza piena della persona del profeta. La donna non si limita ad accoglierlo in casa; addirittura modifica la propria casa in vista del profeta. Il dono di Dio giunge inaspettato e sorprendente: la donna, che è sterile, avrà un figlio.

SECONDA LETTURA

"Quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte..."

Il peccato ci rende soggetti alla morte: non la morte vista come passaggio, come crescita, ma la morte vista come rottura, tunnel oscuro, strada senza uscita, distacco da Dio e dagli uomini. Proprio per liberarci dal peccato, Gesù ha attraversato l'esperienza infernale della morte. E attraverso il battesimo rende anche noi partecipi dalla sua vittoria.

"Anche voi, consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù": per quel che riguarda il peccato, noi siamo come morti: non facciamo più riferimento ad esso nella nostra vita; non è più il nostro inevitabile destino.

 

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