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TESTO Commento Luca 19,45-48

Paolo Curtaz  

Venerdì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario (Anno II) (22/11/2002)

Vangelo: Lc 19,45-48 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Fa una certa impressione questo Gesù anarchico che caccia i venditori dal Tempio. Eppure, a essere sinceri, il servizio che svolgevano i cambiavalute era positivo: permettevano alle persone provenienti da varie parti dell'Impero di cambiare le loro monete in modo da poter acquistare le offerte per l'olocausto. Di più: il popolo ebraico, rigidamente monotesista, non permetteva che nel Tempio entrassero monete con l'effige dell'Imperatore, cosa che veniva considerata idolatria. Quale miglior servizio da rendere alla folla di pellegrini che raggiungevano la Città Santa!

Credo che dietro questa vicenda si nascondano due lezioni aggiornatissime. La prima: Gesù se la prende con chi "mercanteggia" con le cose di Dio. Mercanteggiare, cioè trattare Dio alla stregua di un assicuratore, fare patti, chiedere offrendo. Non ci è mai venuto in mente di dire a Dio: "Ma come, io vengo a Messa, prego, e poi mi succede questo e quest'altro?". Dovreste vedere quanta devozione nasce negli studenti prima degli scrutini! Mercanteggiare con Dio: io so qual'é la mia felicità lui, per cortesia, si adegui. Questo rapporto, però, manca dell'autenticità che ci è essenziale per incontrare Dio. Le nostre riserve mentali, i nostri piccoli mondi non si aprono al respiro poderoso dello Spirito, teniamoci allora il Dio lontano da corrompere. Gesù, con rabbia, si scaglia contro questa visione... ma come, lui viene a rivelarci un Dio compassionevole, pieno di tenerezza e noi ancora a raffigurarcelo inaccessibile? Attenti amici, chiediamoci se alle volte non facciamo, in tutta incoscienza, lo stesso ragionamento, se abbiamo lo stesso atteggiamento di chi mercanteggia un po' con Dio. Non si acquista la sua benevolenza: ci è donata gratis. Non chiede prezzo colui che ci ama senza misura. Attenti a non avvicinarci a lui con il cuore stretto e piccolo di chi deve mercanteggiare. La seconda riflessione, più ampia, nasce dal nostro rapporto con le cose e il denaro. Non ho mai incontrato, nella mia vita, nessuno che mi dicesse: io vivo per far soldi, macché. Eppure viviamo di conseguenza. Ho visto famiglie sbranarsi per un'eredità, sentimenti calpestati per beni terreni. Il cuore del discepolo è un cuore che conosce il rischio dell'accumulo, del non avere freni, dell'ambizione che mai si sazia di ciò che ha e che si confronta nell'invidia con gli altri, sempre visti migliori. Il Signore, anche su questo, ci chiama a libertà. Il legame con i beni della terra, che non è questione di quantità ma di cuore, per il cristiano rischia di essere un peso inutile nello zaino nella salita verso il Tabor. Come ci rapportiamo con i beni della terra? Come li viviamo? Siamo capaci a condividere le cose, il tempo, il denaro? Sappiamo accontentarci? Distinguere ciò che è necessario per un vita dignitosa e ciò che è superfluo?

Tu sei Padre, Dio, non despota da convincere o corrompere, tu sei Padre e capiamo l'ardore di Gesù tuo figlio che non vuole che il tuo vero volto sia coperto da una maschera...

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