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TESTO Traccia di comprensione per Bar 4,36; 5,1-9; Rm 15,1-13; Lc 3,1-18

don Raffaello Ciccone  

II domenica T. Avvento (Anno A) (21/11/2010)

Vangelo: Lc 3,1-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturea e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilene, 2sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. 3Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, 4com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:

Voce di uno che grida nel deserto:

Preparate la via del Signore,

raddrizzate i suoi sentieri!

5Ogni burrone sarà riempito,

ogni monte e ogni colle sarà abbassato;

le vie tortuose diverranno diritte

e quelle impervie, spianate.

6Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!

7Alle folle che andavano a farsi battezzare da lui, Giovanni diceva: «Razza di vipere, chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? 8Fate dunque frutti degni della conversione e non cominciate a dire fra voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. 9Anzi, già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco».

10Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?». 11Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». 12Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». 13Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». 14Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».

15Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, 16Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. 17Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».

18Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

Lettura del profeta Baruc 4, 36 - 5, 1-9

Baruc è stato il segretario del profeta Geremia, uno scriba pio e discreto, dedito al servizio della Parola di Dio, che svolge la sua opera durante l'esilio babilonese. Nell'introduzione, si ricorda che Baruc ha scritto questo libro a Babilonia, dopo la deportazione e che poi è tornato a Gerusalemme per leggerlo nelle assemblee liturgiche. Tuttavia si ritiene che tale testo risalga agli anni 50 a.C, in un'epoca, comunque, di occupazione da parte dei Romani, come motivo di speranza per un Messia liberatore.

Il profeta Baruc si rivolge a Gerusalemme per invitarla a terminare il lutto per la deportazione a Babilonia.

Occorre cambiare abito, da quello del lutto a quello della gloria del Signore, al manto della sua giustizia e alla corona di gloria, perché finalmente Gerusalemme potrà, di nuovo, essere mostrata alle nazioni come esempio di giustizia, di pace e di pietà.

La Gerusalemme di allora riconosce una popolazione residente in Palestina ma anche una larga popolazione dispersa tra i popoli che però mantengono riferimenti nella propria nostalgia alla città santa.

Invitata a guardare ad oriente dove sono riuniti i suoi figli, nella notte, deve poter credere che la Parola del Signore si compie; ed essi ritorneranno e splenderanno come il sole che sorge.

Gli ebrei sono partiti a piedi, inseguiti dai nemici. Ora è il Signore stesso che li riconduce come un sovrano vittorioso, e li porta con sé nella sfilata del trionfo, non come prigionieri di guerra, ma come figli liberati.

L'immagine del v. 7, verrà ripresa nel vangelo odierno, per indicare che la via del ritorno è una via facile, senza impedimenti, senza salite e discese, così che il cammino del ritorno si possa compiere con sicurezza e senza fatica. La natura stessa si adegua al comando di Dio per fare ombra a Israele e dargli sollievo per il caldo che normalmente accompagna i viaggiatori nel Medio Oriente.

Il Signore riconduce Israele con gioia. Dio non si mostra rancoroso per il peccato commesso dal suo popolo, ma è pieno di gioia perché Israele ha riconosciuto il suo peccato, a motivo dell'esperienza che ha fatto della misericordia e della giustizia di Dio.

Sostituiamo a Gerusalemme la Chiesa, fondata da Gesù. Essa è invitata a cambiare l'abito che non ha solo o tanto il compito di riparare dal freddo o proteggere il pudore, ma il vestito dimostra, soprattutto nel mondo ebraico, la dignità, la gloria, la grandezza e lo splendore interiore di chi indossa abiti maestosi. La Chiesa deve smettere le lamentele e il lutto, nella nostalgia del tempo passato quando esercitava un forte controllo sulla società, e rivestirsi della gloria che viene da Dio, mostrando la sua bellezza interiore oggi, diventando attraente perché è rivestita del "manto della giustizia di Dio».

La giustizia, nel VT, è fedeltà, lealtà, solidarietà; ora, nella fedeltà di Dio continua e sviluppa l'impegno e la responsabilità di mantenere visibile la duplice fedeltà a Dio e all'uomo.

Essa riceve un nome nuovo: «pace della giustizia e gloria della pietà». Unisce cioè insieme l'amore alla pace che costituisce via via amorevolmente con tutti gli uomini e le donne del mondo e una vera religiosità profonda (pietà). La consapevolezza della rarefazione dei credenti convinti nel nostro mondo occidentale non deve scoraggiare, ma piuttosto aiutare a fidarsi ancor più della luce splendente, orientandosi "verso oriente", guardando Cristo, sole che sorge, alzandosi in piedi fiduciosa ogni giorno e accogliendo coloro che tornano da lontano.

Essi si sono allontanati per pressione sociale, rispetto umano, inimicizia, pigrizia di mettersi in discussione, reticenza a farsi coinvolgere, malintesi, delusioni, scandali incontrati tra i credenti. Si sono allontanati a piedi, delusi, ma ora ogni giorno la comunità cristiana ritrova il volto dell'amicizia, pieno di energia, accompagnando coloro che cercano il Signore in libertà, protetto dalla gloria di Dio. Essa è luce, come nell'esodo che fa camminare nelle tenebre, e ombra che ristora nel deserto cocente.

Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 15, 1-13

Nella comunità cristiana, allora come oggi, sorgono problemi di convivenza tra "forti e deboli". Paolo si preoccupa di mettere armonia e concordia nella comunità e offre dei suggerimenti per un equilibrio nelle tensioni tra cristiani, causate anche, probabilmente, nelle diverse provenienze religiose: pagani ed ebrei convertiti alla Parola di Gesù. Paolo sa riconoscere "che voi pure siete pieni di bontà, colmi di ogni conoscenza e capaci di correggervi l'un l'altro (v 14)" poiché già precedentemente evangelizzati, e tuttavia: "io ho scritto con un po' di audacia (v 15) "perché le genti divengano un'offerta gradita, santificata dallo Spirito Santo" (v 16). Nella prospettiva dell'evangelizzazione, ricorre continuamente il richiamo al "culto spirituale" che dimensiona la santità quotidiana attraverso il rapporto profondo di mediazione con il Padre tramite Gesù.

Gesù è l'esempio fondamentale: non ha scelto ciò che gli piaceva, ma ha accettato umiliazioni e insulti per amore dell'uomo. E questa è la norma vivente per il cristiano. Come riferimento per la conoscenza di Gesù è posta la Scrittura. Essa non solo prepara alla venuta del Messia. E' soprattutto indispensabile per cogliere il senso del mistero della vita e della morte di Gesù oltre che ad essere fonte di perseveranza e di consolazione.

* C'è un primo problema che, tuttavia, corrisponde anche alle nostre esigenze. Senza riferimento alla Scrittura, rischiamo di costruirci un cristianesimo legato all'emotività, alla sensibilità delle nostre ideologie, ai mezzi di comunicazione sociale, alle ambiguità di comportamento che noi credenti esprimiamo nella nostra vita.

* La Scrittura riporta al fondamento, alla conoscenza di Dio e quindi alla comunione tra i fratelli e le sorelle. Senza tale reciproca accoglienza non è possibile una lode unanime a Dio.

* La motivazione dì questa disponibilità reciproca viene da Gesù: la legge del cristiano è Cristo. Quel "come Cristo vi accolse" significa che bisogna accogliere "come" (similitudine): "allo stesso modo di Cristo" e "perché" (causalità). "Cristo vi accolse. Cristo ha accolto te, quindi anche tu accogli gli altri".

* Gesù è venuto per tutti, anche se la sua manifestazione ha diverse angolazioni. Per Lui, ai giudei, Dio ha manifestato la "veracità" ossia la fedeltà alle promesse ed all'Alleanza. Per Lui, ai pagani, è stata manifestata la sua misericordia per cui anche questi lo conoscono e lo lodano. Da qui la citazione di tre brani riferiti ai pagani ed alle nazioni: Deut 32,43; Is11,10; Salmo 117,1.

* Questo testo fa pensare ad un'assemblea che si raccoglie nella celebrazione: la Scrittura, la comunione, la lode unanime.

La conclusione (v. 13) sintetizza il messaggio di Paolo: La pace e la gioia nascono dalla fede e quindi, nella potenza e nella forza dello Spirito, ci viene arricchita ed alimentata la speranza. Il più è fatto. A noi spetta continuare il miracolo dell'unità che Gesù ha compiuto.

Lettura del Vangelo secondo Luca 3, 1-18

Il Vangelo di Luca, nei primi capitoli, presenta Giovanni Battista, figura dominante con Maria, quali precursori di Gesù. Giovanni Battista dedica la sua vita alla preparazione di un cambiamento aperto a tutti e poi offrirà tutto se stesso per essere testimone di una presenza che intravede come grande, ma che non comprende appieno.

Secondo la preoccupazione dell'evangelista che ha premesso, al suo Vangelo: fare "ricerche accurate... e scriverne un resoconto ordinato", Luca inizia col ricordare la predicazione di Giovanni Battista. Essa si rifa', inizialmente, al giorno del Signore, relativo alla fine del mondo, (3,7-9), giorno d'ira e di giudizio per offrire la motivazione di una trasformazione morale e quindi l'impegno per i "frutti degni di conversione". Così sorge immediata la predicazione etica-sociale (3,10-14) e quella messianica (3, 15-18). Egli, iniziando, precede il cammino di Gesù e della Chiesa, per poi cedere loro il passo.

Da Luca, con solennità, la vocazione del precursore viene inserita nella storia del tempo: siamo nell'anno 28 d.C. (quindicesimo di Tiberio). I riferimenti al territorio e al potere rispecchiano una realtà ebraica e pagana: il Vangelo ha una vocazione universale.

La Parola di Dio non solo si inserisce nella storia, ma domina e regge la storia stessa. Tutto è posto sotto il segno della Parola di Dio. Questa, tuttavia, non sceglie la reggia, ma un luogo marginale: il deserto, e uno di stirpe sacerdotale che è Giovanni, uno che non ha potere, ma che ha il compito della mediazione tra Dio e il suo popolo. Con tutta probabilità è restato a contatto con la comunità di Qumran, presso il Mar Morto, e là si è preparato alla venuta del Signore con una vita di studio, di preghiera e di coerenza alla legge.

Giovanni è un missionario itinerante e proclama il battesimo di conversione: abbassamento dalle assolutizzazioni delle passioni, dell'orgoglio o dell'alterigia. Le colline e gli alti monti devono essere abbassati perché simbolo di superbia. Giovanni battezza: e il suo è battesimo per un cambiamento di mentalità. E' il ritorno ad una vita morale senza male, orientata alla venuta del Messia.

"Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio". Anticamente significava la liberazione dall'esilio con l'intervento di Ciro il Grande (attorno al 540 a.C). Ma qui viene richiamato Gesù come forza e speranza per tutti i popoli. Gesù proclamerà insieme l'anno di misericordia del Signore, inaugurandolo nella sua persona.

A. Il messaggio morale è tratteggiato in poche righe (3,10-18).

Alla predicazione la gente risponde con una domanda: "Che cosa dobbiamo fare?". È importante l'interrogativo poiché significa che il messaggio è stato percepito come essenziale per la propria vita e quindi capace di capovolgerla. Fu fatta anche a Pietro la stessa domanda, il giorno di Pentecoste, in cui prese la parola per parlare di Gesù morto e risorto e della nuova speranza per il popolo d'Israele. Egli rispose: "Conversione e battesimo nel nome di Gesù per la remissione dei peccati" (Atti 2,37-38).

Giovanni pone le premesse alla conversione: "Fate dunque frutti degni della conversione"(3,8). Non esclude nessuno come d'altra parte fa Gesù, e accetta anche, oltre alle persone comuni, i pubblici peccatori (3,12): pubblicani esattori di tasse, esosi e venduti, i pagani (3,14) e i soldati. Giovanni risponde portando l'attenzione al concreto sociale e quotidiano, in modo che la realtà risenta di rapporti di accoglienza e di comunione.
Sono da esercitare

- la condivisione: "Chi ha due tuniche/chi ha da mangiare, dia...". Il primo frutto di conversione è la carità: una condivisione vera delle proprie sostanze, non una blanda elemosina;

- la giustizia: "Non esigete di più del giusto dovuto" Il secondo frutto è la giustizia: suggerimento valido soprattutto per i pubblicani che, approfittando del proprio ruolo di esattori di tasse, diventano avari e strozzini;

- la non-violenza: "Non estorcete, non fate violenza, accontentatevi delle vostre paghe". II terzo frutto è il rispetto del prossimo per cui i soldati debbono rinunciare ad usare le armi per non abusare della loro posizione attraverso la violenza e l'estorsione.

Queste due ultime categorie non godono certo della simpatia della gente; anzi vengono identificate come la personificazione del tradimento e del peccato. Eppure la conversione non consiste nel cambiare mestiere, ma nel cambiare il cuore. Questo è possibile a tutti, non solo alle classi privilegiate.

B. L'identità di Giovanni. La predicazione di Giovanni non è fine a se stessa ma è orientata ad accogliere il Signore che viene. Giovanni porta a Cristo e Cristo spesso richiama Giovanni. La gente lo contende. Ma Giovanni è e si proclama solo precursore. Viene prima per preparare, ma non è degno neppure del gesto dello schiavo di sciogliere i legacci dei sandali.

"Non sono il Cristo" ripete per disilludere chi favoleggia sul Messia e confronta tra il suo battesimo purificatore e quello di Cristo rigeneratore. Ci sarà una potenza talmente alta nel Messia che finalmente verrà il tempo in cui sarà possibile giudicare ciò che è buono e ciò che è cattivo.

Il contenuto è forte ed esigente e tuttavia l'annuncio è di purificazione e di novità: è un annuncio di gioiosa sorpresa, una "buona novella", è l'evangelizzazione di Giovanni (v 18).

Giovanni è colui che diminuisce perché Gesù cresca (Gv.3,30), è colui che non dirà "Seguimi" poiché solo Gesù può farsi Maestro e Signore. E' solo amico dello sposo e non lo sposo. Come Giovanni, anche la Chiesa deve lasciare il passo a Gesù con libertà e spontaneità "nella gioia perché Lui solo cresca" (Gv.3,29).

 

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