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TESTO Commento su Matteo 1,18-24

CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)  

IV Domenica di Avvento (Anno A) (19/12/2010)

Vangelo: Mt 1,18-24 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 1,18-24

18Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 19Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. 20Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; 21ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».

22Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:

23Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio:

a lui sarà dato il nome di Emmanuele,

che significa Dio con noi. 24Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa.

Mi soffermo su questa pagina dell'Evangelo di Matteo per proporre alcune brevi riflessioni su un tema chiaramente collegato all'esperienza di molte coppie e di molte famiglie.

Vorrei subito provare a rivalutare la figura di Giuseppe, il padre di Gesù, un uomo che attraversa in punta di piedi la vita del Maestro, ma anche la nostra.

Lasciare che Dio abiti nella nostra coscienza

A differenza di molte coppie contemporanee (inutile dire che la notazione non è moralistica, ma indica solo il contesto in cui può essere svolta l'esegesi del testo di Matteo) Maria e Giuseppe non hanno avuto un periodo di convivenza prima che Maria si trovasse incinta. E per Giuseppe questo fatto è un autentico dramma, gli pone molti interrogativi.

Biologicamente, Giuseppe non è il padre di Gesù. Egli è però un uomo giusto, e cioè osservante della Legge dei suoi padri (appartiene infatti alla stirpe di Davide). In base alla Legge egli avrebbe dovuto (dovuto non potuto) ripudiare Maria. Ma la sua coscienza non ci sta. E nel conflitto tra la Legge e la sua coscienza Giuseppe sceglie la seconda: sceglie cioè di obbedire a Dio (che gli parla appunto attraverso la coscienza) piuttosto che alla Legge.

L'uomo giusto esprime così, ed esalta, un altro tipo di giustizia: la giustizia di coloro che sanno accogliere l'appello di Dio anche quando esso è (e quante volte le famiglie sperimentano nella loro esistenza questo scarto!) contrario alla Legge. A tutti, nessuno escluso, Dio - che è il Misericordioso - lancia sempre degli appelli, prospetta dei segni, chiede la capacità di essere autonomi, ricettivi e coraggiosi. Sono segni, intuizioni, che obbligano a una scelta spesso lacerante: Dio li indirizza a ognuno di noi, personalmente. Sono differenti per gli uni e per gli altri, perché collegati con la nostra storia personale.

Non si tratta, certo, di elevare inni all'individualismo, di celebrare cioè il nostro io dimenticando che siamo inseriti in una relazione con gli altri, ma di sottolineare il fatto che la coscienza individuale ha sempre l'ultima parola, Dio la rispetta con grande discrezione, più di quanto non la rispettino gli uomini.

Giuseppe, uomo giusto, che accetta di essere considerato impuro dai suoi correligionari perché sceglie di prendere con sé (e non per sé) una donna incinta, e che ante litteram obbedisce al comando di Gesù che invita ad avere una giustizia superiore a quella degli scribi e dei farisei per poter entrare nel Regno, ci invia in sostanza questo messaggio: abituiamoci a decifrare i segni di Dio, a leggerli nel contesto della nostra vita, ad accettare anche, in nome di questa fedeltà, di andare esuli (non nell'improbabile Egitto: basta osservare una cartina geografica per rendercene conto), ma nel deserto della nostra povertà, della nostra fragilità, della nostra solitudine, delle incomprensioni da cui siamo avvolti, dell'esclusione da parte delle nostre chiese. Giuseppe, in fondo, uscendo da Israele per andare in esilio, si è messo fuori del Tempio in cui, secondo la concezione ebraica, "abitava" Dio. Ci dice che Dio abita nella nostra coscienza.

Ho avuto recentemente la fortuna di ascoltare, in un'udienza privata, una bella lezione di Benedetto XVI ad un piccolo gruppo di convegnisti. Diceva il papa che il cristiano è per vocazione sempre esule, sempre straniero: straniero non solo fuori della sua patria, ma anche nella sua terra, in patria. Penso che non sia fuori luogo applicare questo concetto anche alla nostra vita di coppia e di famiglia.

E nasce Gesù...

Nasce Gesù da una donna incinta non per opera d'uomo. Siamo all'interno di un mistero grande, sconcertante, praticamente inconcepibile con categorie semplicemente umane.

Oggi la nostra cultura scientifica, che tabuizza il mistero, fa certo fatica ad accettare la nascita verginale di Gesù. Ma se il mistero è insondabile, proviamo a vedere qual è la simbologia - questa sì comprensibile e fruibile - che vi è racchiusa.

Anche nella mitologia, e non solo nell'Evangelo in cui si parla nella fattispecie dell'opera dello Spirito Santo, cioè di Dio, troviamo esempi di un Dio che si "accoppia" con una mortale. Come acutamente fa rilevare René Girard, tutti questi "accoppiamenti" sono tuttavia contrassegnati dalla violenza (per esempio Zeus "prende" violentemente Semele, madre di Dioniso: in pratica uno stupro). Ma nell'Evangelo di Matteo, così come in quello parallelo di Luca, non c'è la minima traccia di violenza. Tra Maria la Vergine, l'Angelo l'Annunciatore, e Dio l'Onnipotente non si instaura alcun rapporto violento. Il fatto però che non vi sia all'origine della nascita di Gesù alcun rapporto sessuale non ha nulla a che vedere con le interpretazioni puritane che ne sono state date e con i tabù sessuali che ancora attraversano le nostre chiese e le nostre relazioni pastorali, ma mette semplicemente in rilievo l'assenza di qualsiasi rapporto violento, un rapporto di cattura, ad opera di un uomo, o di un Dio, che voglia la donna per sé. Maria accetta l'inaudito (proviamo ad immaginare il suo dramma di coscienza!). Dire che Gesù è Dio nato da Dio, significa allora affermare che egli è estraneo all'universo di violenza in cui gli uomini da sempre sono immersi. E non è un caso che chi rifiuta radicalmente la violenza - ogni violenza - venga esiliato. Gesù nasce "fuori porta", tra i poveri più poveri, e muore "fuori porta" crocifisso ignobilmente tra due "delinquenti".

Gesù - questa è la simbologia interna alla sua nascita verginale - è dunque l'innocente, l'unico innocente, il nuovo Adamo, perché il vecchio Adamo, anche lui, si è trovato a soccombere alla violenza. La bella notizia di questa splendida pagina di Matteo è proprio questa: anche noi possiamo tendere (forse senza mai raggiungerla) a questa innocenza pura se sapremo resistere, resistere sempre e ad ogni costo, alla violenza. Anche all'interno della coppia e della famiglia.


Traccia per la revisione di vita

- Succede anche a noi, come a Giuseppe, di trovarci in conflitto tra l'ossequio alla Legge o l'adesione a quanto ci suggerisce la nostra coscienza? Come ci comportiamo in questo caso?

- Le nostre famiglie hanno il coraggio di dire di "sì" al progetto di Dio che si rivela, spesso in modo inaspettato, nel corso della nostra vita di famiglia? Siamo attenti ai segni che Dio ci fa pervenire nella nostra storia personale? Lasciamo entrare l'inaudito nella nostra esistenza?

- Siamo capaci di rispettare le scelte che le coppie e le famiglie con le quali veniamo in contatto compiono in coscienza?

- Prendiamo "per" noi o "con" noi il nostro partner?

Commento a cura di Luigi Ghia

 

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