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TESTO Traccia di comprensione per Is 51,4-8; 2Ts 2,1-14; Mt 24,1-31

don Raffaello Ciccone  

I domenica T. Avvento (Anno A) (14/11/2010)

Vangelo: Mt 24,1-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Mentre Gesù, uscito dal tempio, se ne andava, gli si avvicinarono i suoi discepoli per fargli osservare le costruzioni del tempio. 2Egli disse loro: «Non vedete tutte queste cose? In verità io vi dico: non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sarà distrutta».

3Al monte degli Ulivi poi, sedutosi, i discepoli gli si avvicinarono e, in disparte, gli dissero: «Di’ a noi quando accadranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo».

4Gesù rispose loro: «Badate che nessuno vi inganni! 5Molti infatti verranno nel mio nome, dicendo: “Io sono il Cristo”, e trarranno molti in inganno. 6E sentirete di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi, perché deve avvenire, ma non è ancora la fine. 7Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi: 8ma tutto questo è solo l’inizio dei dolori.

9Allora vi abbandoneranno alla tribolazione e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome. 10Molti ne resteranno scandalizzati, e si tradiranno e odieranno a vicenda. 11Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; 12per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti. 13Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. 14Questo vangelo del Regno sarà annunciato in tutto il mondo, perché ne sia data testimonianza a tutti i popoli; e allora verrà la fine.

15Quando dunque vedrete presente nel luogo santo l’abominio della devastazione, di cui parlò il profeta Daniele – chi legge, comprenda –, 16allora quelli che sono in Giudea fuggano sui monti, 17chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere le cose di casa sua, 18e chi si trova nel campo non torni indietro a prendere il suo mantello. 19In quei giorni guai alle donne incinte e a quelle che allattano!

20Pregate che la vostra fuga non accada d’inverno o di sabato. 21Poiché vi sarà allora una tribolazione grande, quale non vi è mai stata dall’inizio del mondo fino ad ora, né mai più vi sarà. 22E se quei giorni non fossero abbreviati, nessuno si salverebbe; ma, grazie agli eletti, quei giorni saranno abbreviati.

23Allora, se qualcuno vi dirà: “Ecco, il Cristo è qui”, oppure: “È là”, non credeteci; 24perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi segni e miracoli, così da ingannare, se possibile, anche gli eletti. 25Ecco, io ve l’ho predetto.

26Se dunque vi diranno: “Ecco, è nel deserto”, non andateci; “Ecco, è in casa”, non credeteci. 27Infatti, come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. 28Dovunque sia il cadavere, lì si raduneranno gli avvoltoi.

29Subito dopo la tribolazione di quei giorni,

il sole si oscurerà,

la luna non darà più la sua luce,

le stelle cadranno dal cielo

e le potenze dei cieli saranno sconvolte.

30Allora comparirà in cielo il segno del Figlio dell’uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria. 31Egli manderà i suoi angeli, con una grande tromba, ed essi raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all’altro dei cieli.

Lettura del profeta Isaia 51,4-8

Stiamo leggendo un testo (a partire dal cap. 49) che sviluppa diversi aspetti della consolazione che il Signore sa dare. Nella sua visione sul futuro di Israele, Isaia incoraggia il popolo ad ascoltare il Signore, almeno tre volte nell'arco dei primi 8 versetti del capitolo 51: "Ascoltatemi (v. 1), porgete orecchio (v. 4). ascoltatemi (v. 7)".

C'è un invito al popolo di Israele a cercare il Signore, facendo memoria della propria radice: si parla di roccia e si parla di cava da cui viene presa la pietra per costruire (v. 1). Dio è più grande di qualunque Potenza e di qualunque essere umano. Il Signore perciò manderà la sua salvezza e il popolo si renderà conto di una nuova legge che uscirà, garantita dal Signore stesso. A questo punto tutte le nazioni scopriranno che da Dio e dal suo popolo esce il diritto come luce per tutti. La giustizia di Dio sarà forte, sarà vicina e sarà vera. Il braccio di Dio governerà i popoli, offrendo finalmente a tutte le nazioni speranza e fiducia in colui che comanda. E se il tempo logorerà il cielo e la terra e la morte sembrerà che faccia da padrona, la giustizia e la salvezza di Dio dureranno per sempre. Solo la giustizia di Dio dura sempre, e ciò avviene per ogni generazione. Tuttavia, con i propri occhi, il popolo d'Israele sta contemplando una realtà di disorientamento e di esclusione. E quindi grida al Signore di aver bisogno di Lui, della stessa potenza con cui ha creato il mondo, della stessa forza con cui ha liberato, in passato, i loro padri nell'esodo, strappandoli all'Egitto. Il popolo viene incoraggiato a continuare a credere alla fede ed alla legge "che porta nel cuore", anche se é schernito dagli uomini. Nel nostro tempo si rifà pesante il clima di individualismo che distorce la solidarietà, deforma la legge che diventa, spesso, pretesto per ingiustizie, separandola dalla giustizia, o si elude la legge stessa riportando interessi e danaro, potenza e potere come criteri di vita. La mentalità corrente tende a diventare sempre più mafiosa, quando il riferimento non è più ciò che è giusto, ma ciò che mi interessa. In tal caso, tuttavia, si generano criteri di guerra e di oppressione che distruggono il cuore più che non le mura o il tempio di Gerusalemme.

Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi 2, 1-14

Nella seconda lettera ai Tessalonicési Paolo inizia con il saluto e il ringraziamento a Dio per la fermezza di fede dei destinatari e assicura che l'aver perseverato nella fedeltà, nonostante le fatiche, li porterà alla gioia eterna mentre chi avrà rifiutato il Regno sarapunito dalla giustizia di Dio. A questo punto pronuncia una duplice preghiera: il Signore vi renda degni della sua chiamata e compia nei Tessalonicési l'opera iniziata nella carità e nella fede.

La preoccupazione di Paolo resta sempre quella di un comportamento coerente da parte dei "fratelli che lui ama". Quello che restituisce consapevolezza e coraggio è la coscienza che il Signore è presente e che il Signore viene. Paolo allora si sforza di offrire alcuni segni, utilizzando espressioni già note nell'AT che riguardano avvenimenti drammatici e catastrofici (Is 11,4; Ez 28,2; Dn11,36).

Di questo futuro prossimo o lontano, non si sa, se ne parla in giro utilizzando linguaggi strani e fantasiosi. Qualcuno ha addirittura immaginato di poter garantire le proprie affermazioni con una lettera scritta da Paolo stesso, pretendendo di affermare che il tempo della fine è ormai alle porte. Per questo, dice Paolo, rifiutando con chiarezza ogni comunicazione a lui attribuibile su questi problemi, si preoccupa di firmare di suo pugno la lettera che sta inviando (3,17).

Prima della fine, dice Paolo, si verificherà il rinnegamento della fede da parte di molti (apostasia); e comparirà "l'uomo dell'iniquità", che si contrappone a Dio, ma che qualcuno "lo trattiene". Tolto quest'ostacolo, esploderà l'odio contro Cristo e i credenti in Gesù.

Certamente sarà annientato da Cristo stesso, ma l'empio raggiungerà un altissimo livello di grandezza, di potenza e di prodigi.

Nella riflessione Paolo non ci dà elementi di identificazione per capire i riferimenti che porta e tuttavia chiarisce che esistono, dentro di noi, nonostante inganni e illusioni, capacità di libertà e responsabilità senza acquiescenze e senza fatalismi.

La prospettiva è un orizzonte di difficoltà e di lotta e tuttavia l'essere credenti ci apre alla fiducia, al ringraziamento per l'amore del Signore, per la vocazione ricevuta, per lo Spirito Santo che ci santifica nella verità.

La lettura della storia ci obbliga a ripensare a questi testi che, se non si decifrano nel contesto di Paolo, poiché non abbiamo sufficienti elementi, ci danno però dei parametri per l'oggi: la persecuzione dei credenti innocenti nel Medio Oriente e non solo, l'orgoglio e la potenza dell'uomo d'iniquità, lo stravolgimento della legge, l'illusione del benessere a scapito di interi popoli dimenticati.

I credenti in Gesù sono invitati a ripensare sul significato dell'esistenza e della propria fede, a vivere in modi diversi, a chiarirsi e chiarire, a ripresentare il significato della coerenza alla ricerca della verità di cui Gesù è portatore.

Lettura del Vangelo secondo Matteo 24, 1-31

II Vangelo di Matteo di questa liturgia inizia il quinto discorso di Gesù (capp 24-25) secondo i criteri di Matteo (le parole di Gesù sono, infatti, raggruppate in questo Vangelo in cinque lunghi insegnamenti, per un richiamo alla "Legge" ebraica che veniva custodita nei primi cinque libri della Bibbia). L'argomento fondamentale, in tale discorso, è la fine del mondo che viene identificata con la venuta (parusia) del Figlio dell'uomo (Gesù risorto). Viene utilizzato un particolare linguaggio detto "apocalittico", usato in quel tempo per indicare fatti nuovi e sconvolgenti. Gesù abbandona definitivamente il Tempio e la città santa per salire al monte degli Ulivi proprio di fronte alla città ed al tempio che risplende sotto il sole come il gioiello più prezioso e più sacro (v. l). E per il tempio i discepoli mostrano l'orgoglio di essere parte di un popolo che ospita Dio ed è capace di offrire una casa bella, degna di Dio. Ma il destino di questi luoghi sacri è segnato: "Non resterà pietra su pietra". Gesù annuncia una conclusione impressionante che sconvolge e crea, insieme, molta curiosità: "Quando la distruzione? Quando la tua venuta? Quando la fine del mondo?" Nel v. 3 si vede bene l'intreccio dei piani: si parla, da una parte, del crollo del tempio, abbattuto dai romani nel 70 d.C. e consacrato con la "dedicazione ebraica" al tempo di Erode il grande nel 18 a.C. Insieme, si riflette sulla soluzione globale di tutta la storia del mondo. A Gesù chiedono il "quando?", ma il maestro vuol fare superare la curiosità sul tempo. Non offre date o appigli, ma vuol riportare la riflessione sul "come" si cammina nella storia. Come affrontare l'attesa, il tempo presente che è l'unica realtà concreta su cui si giocano la libertà di ciascuno e la presenza di Dio? Egli sviluppa i segni della venuta, preannunciando ai discepoli l'inganno di falsi profeti, le guerre, le tragedie della lotta fratricida, le carestie e i terremoti. Tutta questa è la vita quotidiana e, nello stesso tempo, la fatica prevista per la nascita di un mondo nuovo. L'inizio dei dolori è come la sofferenza del parto (Gv 16,21). Alla sofferenza della persecuzione si aggiungerà anche la fatica del conflitto nella Chiesa stessa, a causa del raffreddamento dell'amore. Ma ogni credente è invitato ad essere fedele a Gesù fino alla vittoria conclusiva poiché tale fedeltà permetterà, cosi, di partecipare al trionfo con lui. In tutto questo cataclisma si profilano però la grande gioia e la ricca vitalità del "Vangelo del Regno". Esso sarà annunciato in tutto il mondo da una comunità che non si lascerà sopraffare dalla paura e dal male. Quando il Signore verrà, ci saranno cataclismi nel cielo (ma è un linguaggio da non prendere alla lettera; lo si usa anche per parlare della caduta di Babilonia (Is 13,10) e del popolo di Edom (Is 34,4). Verrà il Figlio dell'uomo con il suo segno. Potrà essere la croce che è stata lo strumento di morte e di rifiuto, orgoglio di potere e segno di amore. E si scoprirà che nel progetto di Dio la croce ha materializzato la fedeltà di Gesù al Padre mostrandola e garantendola anche a noi. Egli ha vinto i criteri di potenza che si sono sviluppati nella storia e ha trionfato sul mondo. Le immagini utilizzate, oltre la croce, sono: il raduno e il suono della tromba (per gli ebrei serviva come richiamo di chi comanda perché ha il potere di raccogliere). Il Signore è potente e grande. Ha lasciato nel cuore dei discepoli il segreto della sua potenza e della salvezza. Perciò bisogna valutare il mondo, vivere attentamente nella linea di Gesù e "vegliando".

 

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