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TESTO Cristo Re ci mostra Dio Re e Padre

padre Gian Franco Scarpitta  

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) - Cristo Re (21/11/2010)

Vangelo: Lc 23,35-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 23,35-43

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] 35il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». 36Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto 37e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 42E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». 43Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Il regno di Dio si estende a tutto l'universo. Egli domina da sempre e il suo potere è invitto e indiscusso, poiché egli ha creato tutte le cose che mantiene in essere con la sua Provvidenza. Il regno di Dio esprime la signoria altisonante di Dio in tutto il cosmo nel quale egli è onnipresente con la sua Gloria infinita. Dio è Signore dei Signori nonché Dio degli dei, grande forte e terribile (Dt 10, 17); il potere di Dio è illimitato nello spazio e nel tempo (Sal 145, 13: "Il tuo regno è regno di tutti i secoli, il tuo dominio si estende su ogni generazione") e smentire la sua regalità o sottovalutarne la portata equivarrebbe a misconoscere la nostra posizione creaturale infinitesima e sproporzionata, a smentire la nostra obiettiva insufficienza e la necessità di trovare un appoggio nell'Assoluto e nel Trascendente. Di conseguenza comporterebbe anche mettere in discussione la nostra fede, perché mancheremmo di fiducia in Colui dal quale ogni cosa dipende.

Riconoscere invece in Dio il Signore e universale che regna da sempre, al quale tutto appartiene, tutto è dovuto e al quale ogni cosa verte a tornare, venerare la sua grandezza e la sua ineffabilità equivale ad affidare a lui la nostra vita ben consci delle nostre miserie e delle nostre insicurezze, aprirsi alla sua volontà riconoscendo la nostra precarietà e insufficienza.

Vi è, concretamente, un comandamento della tradizione cattolica - in secondo- che ci invita a riconoscere tale regalità e signoria di Dio nella concretezza immediata della vita di tutti i giorni: "Non nominerai il nome di Dio invano", da rendersi anche "per scopi vani", cioè non fare uso improprio del nome di Dio per mezzo della blasfemia della bestemmia, del'imprecazione e dell'ingiuria che molte volte diventano di uso fin troppo comune, specialmente nelle nostre conversazioni abituali, nelle quali l'offesa e l'insulto a Dio sembrano essere considerate luogo comune del linguaggio. Come pure lo sfruttamento del nome divino, delle immagini dei Santi e della Madre di Dio fin troppe volte viene messo in atto per scopi di lucro o di simonia anche in ambito prettamente cristiano, quando si dovrebbe considerare che il nome di Dio, la sua maestà e la sua onnipotenza, vanno tenuti nella debita considerazione e rispetto.

Dio è sempre Dio, anche se nei nostri confronti usa misericordia, amore e comprensione; seppure egli mostra sollecitudine servizievole verso l'uomo egli è sempre il Signore e il Re dell'universo e come non ci si permetterebbe mai di apostrofare il capoufficio o il direttore non si dovrebbe mai nominare il suo nome "invano".

Va considerato in ogni caso che la rivelazione non ci mostra un Dio "re" se non assieme ad un Dio "padre". L'Antico Testamento è già allusivo alla paternità con cui Dio mostra il suo essere re e Signore per mezzo del suo amore con cui egli realizza le varie alleanze, la riconciliazione con l'uomo e la liberazione dall'Egitto; ma è soprattutto Gesù Cristo, Figlio di Dio, che ci mostra il volto del vero Signore che pur essendo il dominatore assoluto manifesta verso l'uomo il carattere singolare di paternità: Gesù si rivolge a Dio con espressioni intime e confidenziali, mostra confidenza e apertura incondizionata personale verso Dio invitando anche i discepoli a chiamare il Re universale "Padre nostro" pur imponendo che il suo nome venga riconosciuto Santo e che si realizzi su questa terra il suo Regno. Nella vita di Gesù, nei suoi insegnamenti e nelle sue opere di misericordia, egli mostra che il regno di Dio è amore, giustizia e solidarietà fra gli uomini e che questo progetto corrisponde alla volontà di un Dio che è Padre e che con queste caratteristiche si mostra a tutti, specialmente ai "piccoli", cioè ai poveri e ai sofferenti, pur mantenendo intatta la sua Signoria: "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli" (Mt 11, 25-26).

Ragion per cui non vi è egemonia, totalitarismo né vessazione alcuna nel sistema regale di Dio, ma semplicemente una dimensione di Regno che si fonda sull'amore e sull'amore instaura anche le relazioni fra gli uomini perché nessuno abbia a subire il Regno come realtà dirompente e sconvolgente, ma esso si instauri nell'accettazione di tutti gli uomini come dimensione di rinnovamento di vita e criterio di convivenza collettiva.

Nella sua vita pubblica Gesù annuncia se stesso come l'Inviato del Padre, ma non omette di sottolineare tuttavia anche la sua identità affermata con Lui: "Io sono nel Padre e il Padre è in me. Il Padre ed io siamo una cosa sola" (Gv 10, 30); Gesù è insomma il Messia atteso, il Salvatore Figlio di Dio, il Verbo che in principio ere presso Dio e che si è fatto carne, ma che è Dio fin dall'inizio della creazione, pertanto Egli è il vero Dio e la vita eterna (1Gv 5, 20); non nel senso che egli sia un altro Dio in antitesi al Padre, ma nel senso che sin dall'inizio dei tempi egli è Dio consustanziale al Padre e allo Spirito Santo, quindi Dio coeterno e partecipe degli stessi attributi e delle stesse caratteristiche.

Come non poter allora attribuire, di conseguenza, a Cristo il titolo di Re dell'Universo? E' una regalità certa ed effettiva che gli deriva dal suo essere pari a Dio Padre su tutto e che la sua umanità nella famiglia di Nazareth non smentisce né contraddice.

Nel suo essere Figlio di Dio fatto uomo Gesù insomma è il Cristo, Signore dell'Universo e dominatore indomito su tutti gli elementi e su tutta la creazione che a lui si sottomette (Rm 8, 19-22) in tutti gli esseri celesti, terrestri e sotterranei (Ef 2, 5 e ss.); egli però ci ragguaglia su un Regno sul quale non si fanno congetture né spiegazione razionalizzanti, ma che si mostra evidente nella concretezza delle opere di amore e di misericordia e prima ancora nell'annullamento dello stesso Cristo che pur essendo Dio rinuncia alle sue prerogative di potere e di grandezza per rendersi Servo di tutti quale Agnello condotto al macello (Is 53) e finalmente nell'oblazione che egli fa di se stesso sulla croce, sacrificio estremo che ci ravvisa tutti risolutamente di una regalità che è di servizio anziché di dominio. In Gesù Cristo suo Figlio, Dio si mostra nella sua realtà di amore, di giustizia e di perdono che adempie le promesse messianiche e che si prospetta come speranza compiuta all'orizzonte della convivenza umana e il sacrificio della croce, che redime e riscatta l'umanità dal peccato è espressione di questa regalità che si fonda sull'amore.

La solennità di Cristo Re dell'Universo, con la quale nel 1925 papa Pio XI tendeva a intessere un legame (molto valido) fra la conclusione del Tempo Ordinario e l'inizio dell'Avvento, ci predispone a riflettere sulla venuta di Cristo nella carne (il Natale) non senza considerare che siffatta venuta riguarda un Dio Amore che manifesta sua regalità nella donazione e nel servizio e ci invita a collocare noi stessi nella dinamica del Regno per coglierne la portata e i relativi frutti.

Anche da parte di non pochi teologi, si predilige oggigiorno l'aspetto "sociologico" e "rivoluzionario" di Gesù, interpretato come personaggio grandioso artefice di promesse e di prospettive solamente odierne e terrene, ma va considerato che è proprio il suo essere Re e Signore universale che ci dischiude il vero senso di un Dio onnipotente che entra nella storia per assumerla fino in fondo e per apportarvi sostanziali risvolti di novità poiché è nell'esercizio della regalità come amore che questo Amore mostra tutta la sua concretezza.

Mostriamo quindi aperta fiducia in Gesù Cristo considerando tuttavia che egli comunque è il Signore della storia, Dio universale di fronte al quale occorre usare umiliazione per ottenere esaltazione.

 

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