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TESTO Commento su Giovanni 10,11-18

Paolo Curtaz  

IV Domenica di Pasqua (Anno B) (03/05/2009)

Vangelo: Gv 10,11-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 10,11-18

11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

Gesù risorto dice di essere l'unico pastore che mi ama, che mi conosce e mi valorizza. Gli altri padroni sono mercenari, mi amano per avere un tornaconto. Noi, suoi discepoli, siamo chiamati ad amare tutti così: senza tornaconto...

Chi conduce la nostra vita? Chi è il pastore della nostra vita? Nella logica del tornaconto, i nostri oratori e le nostre proposte saranno sempre perdenti rispetto alla squadra di calcio o la polisportiva di sci, se non per una cosa: ad un allenatore vai bene solo se diventi un campione. A me i ragazzi stanno a cuore anche se sono incapaci e inabili a fare qualunque cosa. Dio ci ama gratis, quando lo capiremo? Non ci ama perché siamo buoni ma, amandoci, ci rende buoni. Il suo amore senza condizioni è vero e serio: Gesù sceglie di donare la sua vita, non vi è costretto, lo desidera e lo fa', perché davvero mi ama...Anche noi, a sua immagine, siamo chiamati ad amare, a dire ai fratelli che non credono quale è il vero volto di Dio, ad allontanare i mercenari che ci considerano validi solo se produciamo o consumiamo. Vivere da pecore (non da pecoroni!) significa prendere sul serio le parole di Gesù, riferirsi a lui nelle scelte quotidiane, amare e amarci come lui ci ha chiesto, insomma vivere da risorti, da salvati. Non si tratta di salvare il mondo, il mondo è già salvo, si tratta ci creare delle zone franche, degli spazi di verità nelle nostre città isteriche in cui ognuno sia.

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