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TESTO Chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me - rito Ambrosiano

don Romeo Maggioni  

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XIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (30/06/2002)

Vangelo: Mt 10,37-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 10,37-42

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: 37Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; 38chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me. 39Chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita per causa mia, la troverà.

40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».

La nostra è una vita invasa da tanti amori: sorgono spontanei, s'annidano dentro la nostra sensibilità, ci prendono il cuore, agitano l'esistenza quotidiana, sono fonte di qualche soddisfazione, ma più spesso finiscono in disillusione e amarezza. Ogni istinto spontaneo è ambiguo: contiene una briciola di bene che ci incanta, ma entro elementi che abbisognano di purificazione e rettifica.

Ogni istinto va assunto da una libertà, e ogni bene va misurato su una verità. Oggi Gesù, con lucidità disarmante e provocatoria, ci richiama alla razionalità degli amori e al loro di più religioso come unica intenzionalità che esaurisce il nostro bisogno di verità e di bene.

1) RADICALISMO RELIGIOSO

"Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me". Parole di una lucidità e di un radicalismo che affascinano perché scuotono e contestano il nostro modo di vivere anche gli amori più "viscerali" e spontanei; non per invalidarli, ma per dirli insufficienti. L'amore dei genitori e dei figli è sacro, e Gesù l'ha vissuto e comandato; ma va iscritto in un quadro più vasto che è quello del riferimento a Dio d'ogni cosa, della verità del suo progetto. Altrimenti si caricano le cose d'una ricchezza che non posseggono, e quindi ci deludono; altrimenti si mescolano delle ambiguità che rovinano i giusti rapporti tra persone.

Per essere concreti: quanto soffriamo spesso dei figli che ci deludono, ai quali abbiamo attaccato il cuore come al massimo del nostro bene; oppure quante volte l'amore per loro si trasforma in possesso che limita libertà e personalità...! Nessuna cosa o nessuna persona può saziare il nostro cuore fatto per l'infinito, il tutto e l'eterno. "Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te" (sant'Agostino).

Dio ha creato ogni uomo a sua immagine, impastato di divino; il divino allora è un BISOGNO assoluto e necessario per ogni uomo, l'unico che lo possa saziare pienamente. Se siamo stati costruiti per divenire "eredi" di Dio, fermarsi alla stazione precedente significa non attingere alla nostra unica méta, che è quella di essere "simili a Dio". Il bene assoluto non esclude certo altri beni relativi, ma ne è la misura: è come la cornice che contiene e spiega il particolare.

Da qui la domanda concreta che oggi ci si deve porre: che prezzo io do a Dio rispetto agli altri? E' di più? E' il quadro di riferimento globale entro il quale valutare tutto il resto? In fondo ci si può chiedere: su chi o che cosa scommetto la mia vita? Sui miei criteri, su quelli mondani, sulle cose e sugli uomini, o su Dio? "Chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà". Perché certo, oggi lo sentiamo bene, mettere al primo posto Cristo è una scelta che divide, e forse crocifigge: "Chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me".

Ho sentito di una bambina che mentre in casa stava studiando il vangelo là dove dice: Beati i poveri..., il papà gli ha gridato dietro con rabbia: Cosa leggi queste stupidate, sono tutte menzogne; beati i miliardari ..!! E' questione di fede, cioè credere che Dio e la sua parola valgono di più.

2) INTENZIONALITA' CRISTIANA

La seconda parola oggi di Gesù è altrettanto contestativa dei nostri amori: "Chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa". Spesso i nostri rapporti con gli altri sono del tipo: azione-reazione istintive quasi come tra animali; amo quella persona perché mi piace, finché mi interessa, perché ne ho del tornaconto ..!

Gesù ci dice di cambiare, elevare le motivazioni del nostro amore: "Chi accoglie voi accoglie me". Amare gli altri per amore di Gesù, questa è la regola del cristiano. Questa è l'unica intenzionalità capace di riscattare ogni frustrazione.

Il cuore proprio della vocazione cristiana è una consacrazione e una missione: di continuare l'amore di Dio nel mondo, di esserne suo sacramento. I genitori col sacramento del matrimonio sono chiamati a incarnare l'amore di Dio presso il figlio, ad esprimerne tutte le premure fino a farne un figlio stesso di Dio; da qui l'impegno di amarlo con quella gratuità e rispetto che è proprio di Dio.

Alla stessa maniera ogni cristiano deve vedere nel proprio fratello - soprattutto nel più bisognoso - il volto stesso di Cristo da amare: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40). Del resto se "da Dio" il cristiano deve vivere, il mestiere proprio di Dio è l'amore gratuito, fedele, misericordioso. Un amore vero trova il suo ultimo fondamento e forza nell'imitazione e prolungamento di quello divino.

Gesù viene non a svalutare gli amori umani, ma a purificarli ed elevarli inserendoli nella corrente d'amore che sgorga dal cuore del Padre: "Come il Padre ha amato me, così io ho amato voi: amatevi anche voi gli uni gli altri" (Gv 15,9.12). "Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato". Se nell'amare guardiamo in faccia ai meriti della persona, è sempre troppo l'amore che diamo; ma se nell'amore guardiamo indietro, a quanto Dio ha amato noi e ci comanda di fare lo stesso, siamo allora sempre al di sotto di quello che dobbiamo al nostro fratello! Ecco allora: recuperare la motivazione cristiana è indispensabile per dare la forza e il contenuto al nostro amare i fratelli.

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Una parola merita anche l'accoglienza e la stima per l'apostolo che è in mezzo a noi a nome di Dio. Oggi la prima lettura ci parla del gesto di fede di questa donna di Sunem verso il profeta Eliseo. "Accogliere un profeta perché è profeta...", stimare il prete perché è prete, al di là dei suoi limiti o capacità umane, è atto di fede e di maturità anche umana. Di questi tempi in cui i preti divengono merce rara, forse saremo anche obbligati a divenire di bocca buona! Tanto più quindi vanno recuperati tutti i motivi di fede e di accoglienza per chi viene e agisce nel nome del Signore. "Anche solo un bicchiere d'acqua fresca..", ma dato con fede, dà la ricompensa del profeta stesso: non si perde mai ad essere generosi con Dio e con la sua Chiesa!

 

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