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TESTO Quando tutto non sarà come oggi

padre Gian Franco Scarpitta  

XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (07/11/2010)

Vangelo: Lc 20,27-38 (forma breve: Lc 20,27.34-38) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 20,27-38

In quel tempo, 27si avvicinarono a Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: 28«Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. 29C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. 30Allora la prese il secondo 31e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. 32Da ultimo morì anche la donna. 33La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». 34Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Forma breve (Lc 20, 27.34-38):

In quel tempo, disse Gesù ad alcuni8 sadducèi, 27i quali dicono che non c’è risurrezione: 34«I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; 35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: 36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. 37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Questione molto delicata quella che pongono i Sadducei - movimento sacerdotale e teologico del tempo ebraico che negava la resurrezione e l'immortalità dell'anima- a Gesù, interrogandolo quasi a bruciapelo, come intenti a coglierlo in fallo.

Essa richiama l'attenzione su una particolare prescrizione di notevole importanza definita "Legge del Levirato (ebraico Levir = cognato) per la quale quando una donna restava vedova senza aver avuto figli, era tenuta a sposare il fratello del coniuge estinto per garantire la continuità nella discendenza e pacificare ogni situazione relativa all'eredità (Cfr Dt 25, 5-10). Anche il fratello del defunto era tenuto ad accettare che la vedova diventasse sua consorte e in caso di rifiuto veniva sottoposto a un rito punitivo alla presenza dei sacerdoti. Il primogenito che scaturiva dalla nuova unione sponsale prendeva il nome del trapassato.

Il caso che viene posto dagli astuti interlocutori di Gesù ha dell'inverosimile, anche se determinate situazioni vanno sempre considerate come possibili: se una donna è stata sposa di sette fratelli e tutti quanti sono morti senza lasciarle prole, al momento della resurrezione finale questa donna di chi sarà moglie?"

Il sottile ragionamento sadduceo tende ad equiparare la situazione futura con quella del presente, considerando la condizione che si avrà al momento della resurrezione finale come simile o affine a quella della nostra vita terrena. In altri termini, sembrerebbe che al momento della resurrezione debbano vigere le stesse leggi che regolano i nostri rapporti al presente, le medesime condizioni di vita e le stesse normative prefissate e precostituite. Vengono considerate quindi le sole aspettative storiche, terrene, proprie dell'umano, senza considerare; che fra la dimensione divina del futuro e quella umana del presente vige una differenza sostanziale, un abisso insormontabile di distanza che prescinde anche dal nostro modo di pensare.

Il problema della conciliabilità fra la resurrezione e la prescrizione del Levirato insomma non si pone, perché al momento finale incontreremo un mondo rinnovato e scevro dalle intemperanze di cui il presente storico è caratterizzato, vivremo una dimensione che avrà del nuovo, dell'universalmente valido e del meraviglioso per la quale ci si dischiuderanno "cieli nuovi e terra nuova" (2 Pt 3, 13) che richiamano le promesse di Isaia e che delineano una situazione di benessere nella piena comunione con Dio che noi vedremo faccia a faccia e con cui instaureremo una comunione e una familiarità illimitata che sarà la nostra salvezza. Quindi non sussisteranno più le differenziazioni sociali che adesso ci distinguono e ci separano, non avranno più motivo di esistere legami di parentela e situazioni di comunicazione e di relazioni legali, ma tutti quanti saremo uno e ci riconosceremo gli uni gli altri, e anche coloro con i quali adesso non coltiviamo alcun contatto saranno a noi vicini e familiari. Ragion per cui nessuno porrà il problema del Levirato o di altra legge scritta e neppure vi saranno normative o legiferazioni orali o di altro stampo: al massimo saremo tutti fratelli.

Nella nuova terra scompariranno i criteri di divisione e di sezionamento che caratterizzano la nostra vita attuale; saranno superate tutte le barriere fra uomo e uomo e non avremo necessità di distinguerci neppure nei gradi di parentela e di consanguineità: davanti alla gloria di Dio tutti saremo simili a lui e fra i noi e ci riconosceremo immediatamente non più come marito, moglie, cognato, cugino, amico ecc ma semplicemente come figli di Dio.

Cosicché la risposta di Gesù oltre che a lasciare interdetti i miscredenti Sadducei, ci ragguaglia un'altra volta sull'amore di Dio che supera tutti i limiti perché prevarica le limitazioni che ci siamo costruiti, elude tutte le barriere perché pone come unica barriera la possibilità dell'odio che si oppone all'amore e alla gioia piena e allo stesso tempo ci interpella perché anche il nostro presente possa svolgersi tutto in direzione della gloria finale della resurrezione.

Certo, come illustra a suo modo il brano odierno tratto dal libro dei Maccabei, la resurrezione finale non necessariamente avverrà per la vita: coloro che avranno operato il male risusciteranno infatti per un giudizio di condanna e agli empi spetterà la giusta retribuzione per aver vissuto contro Dio e lontani dalle aspettative dell'Amore, ma nella volontà di amore salvifico divino si pone sempre l'obiettivo della salvezza e della gioia infinita per la quale la nostra speranza attende di diventare certezza e procura intanto di incamminarsi verso il medesimo traguardo di gloria.

 

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