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TESTO Gesù non è schizzinoso

don Roberto Seregni  

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XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (31/10/2010)

Vangelo: Lc 19,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 19,1-10

In quel tempo, Gesù 1entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». 9Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Zaccheo, uomo ricco e capo dei pubblicani, vuole vedere Gesù.

Non gli basta aver sentito parlare di lui, non gli bastano i pettegolezzi del mercato o le indiscrezioni dei soliti ben informati. E Luca, che ci fa rivivere uno degli incontri più emozionanti di tutto il Vangelo, non soddisfa la nostra curiosità e non fa trapelare nulla riguardo al motivo di questo desiderio.

La notizia è confermata: Gesù sta per passare da Gerico. Le folle si accalcano per le strade, curiosi di ogni tipo si riversano lungo il tragitto del Rabbì. Zaccheo non riesce a vederlo perché è piccolo di statura. A volte capita così pure a noi: abbiamo nel cuore grandi desideri, sogni, aspettative e poi basta poco, qualcosa che va storto, un inghippo e semplicemente lo scorrere del tempo e i desideri rischiano di intiepidirsi.

Zaccheo no. Zaccheo va fino in fondo. Zaccheo non ha paura di perdere la faccia e si arrampica su un albero, un sicomoro. Zaccheo si espone al ridicolo, non ha vergogna nel compiere un gesto indegno per il suo stato sociale. Il suo desiderio è effervescente e la sua statura non lo frena nell'incontro con il Rabbì.

Gesù è lì, tra la folla. Cammina lento agguantato da mille mani che strattonano la sua veste, che cercano una guarigione, che implorano un aiuto. Tutti urlano, svuotano sul Rabbì le loro pene, le loro miserie, le loro fatiche.

In questa confusione, nel mezzo della folla, Gesù si ferma, alza lo sguardo e incrocia gli occhi di Zaccheo. Lui, capo dei pubblicani e ricco, che era salito sul sicomoro per vedere Gesù, ora si sente trovato, scovato, raggiunto da quello sguardo che cambierà per sempre la sua vita.

Molte volte mi sono chiesto cosa Zaccheo ha visto in quegl'occhi.

Molte volte ho desiderato poter fissare i miei occhi nei Suoi, come Zaccheo.

Sappiamo solo che dopo quello sguardo nulla è più stato come prima.

"Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua". Sono queste le prime bellissime parole del Rabbì. Non è chiesta la conversione, non è chiesta pubblica accusa, non è chiesto di cambiare vita. Prima di tutto, Gesù si invita a casa sua, si fa bisognoso di ospitalità, pur di incontrare Zaccheo.

Mi piace immaginare il Rabbì che entra nella casa del capo dei pubblicani e la trova così come è stata lasciata. Non c'è stato tempo di riordinare, pulire, nascondere o sistemare. Gesù non è schizzinoso, entra nella casa di Zaccheo così com'è. Il maestro ci raggiunge come siamo e dove siamo, nelle nostre storie incasinate, nelle nostre sofferenze, nelle nostre piccolezze e fragilità, nelle promesse non mantenute, fra i grovigli delle nostre relazioni da rimettere in ordine.

Gesù vuole entrare nelle nostre case e nelle nostre vite così come sono, siamo noi che lo teniamo fuori o che neppure ci accorgiamo della sua presenza.

Gesù viene a farci visita, si invita a casa nostra, perché ha una cosa importante da dirci: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa".

Oggi la salvezza è per te. Per te che ancora piangi perché non hai saputo gestire la relazione con tuo figlio, e ora è lontano e non vi parlate più. Per te che non hai saputo leggere negli occhi del tuo collega di scrivania la stupidata che stava per fare, e ora ti senti in colpa per quella famiglia distrutta. Per te che non riesci a laurearti, che da anni sei fermo lì e ti senti scivolare nel vuoto. Per te che nemmeno riesci a dare un nome a quello che senti dentro.

Per te, fratello o sorella, oggi c'è un annuncio strepitoso: il Signore ti fa visita.
Puoi ripartire, puoi rialzarti, puoi farcela.
Sì, davvero. Lui sarà al tuo fianco. Sempre.

Buona settimana
don Roberto
robertoseregni@libero.it

 

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