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TESTO Commento su Luca 14,1-6

Paolo Curtaz  

Venerdì della XXX settimana del Tempo Ordinario (Anno II) (31/10/2008)

Vangelo: Lc 14,1-6 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Tutti tacciono: davanti all'immenso buon senso di Gesù c'è poco da dire, meglio tacere per evitare di fare peggiori figure... Di nuovo, come qualche giorno fa', Gesù analizza lo stretto rapporto che esiste tra fede e abitudine, tra norma e libertà, fra regola e Dio. E questo rapporto, amici in ascolto, non riguarda i non credenti ma proprio noi che abbiamo conosciuto il Rabbì e vogliamo essere suoi discepoli fino in fondo amarlo e seguirlo. La fede riguarda più la dimensione dell'intuito, dell'emozione, dell'abbandonarsi, all'inizio, almeno. Poi, col passare del tempo, come ogni realtà umana, si organizza, si struttura, si abitua. È normale, è giusto: serve un contenitore per le emozioni, un percorso per la conversione. Il rischio, però, è quello di perdere di vista la ragione finale, concentrarmi sulla norma scordandomi la ragione per cui esiste. Così la fede, anzi peggio. Peggio, perché diamo un'aura di religiosità e divinità alle scelte che sono storiche, passeggere, penultime. Gesù richiama i farisei, e noi, al senso profondo del rispetto del riposo dello sabba. Quel precetto richiamava Israele al suo passato: gli schiavi, si sa, non riposano, i figli sì. Perciò le minuziose prescrizioni che giungevano a stabilire il numero dei passi che si potevano compiere di sabato avevano fatto perdere l'orizzonte del bene, la libertà del cuore. Guarire un malato era ed è un gesto di amore, che da gloria a Dio, non un lavoro che vìola il sabato!

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