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TESTO Commento su Luca 19,1-10

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XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (31/10/2010)

Vangelo: Lc 19,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 19,1-10

In quel tempo, Gesù 1entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». 9Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

PRIMO COMMENTO ALLE LETTURE

a cura di Daniele Salera

"È andato ad alloggiare da un peccatore". Così gli abitanti di Gerico sentenziano circa il fatto che Gesù è finalmente entrato nella casa-vita di Zaccheo. "Quanta ipocrisia, che cuore indurito!" diremmo oggi da osservatori esterni. Eppure in quegli uomini ciechi perché "auto-salvati" ci siamo noi... pensate alle tante critiche e pettegolezzi di cui si riempie la nostra bocca quando "facciamo la radiografia" di coloro che a diverso titolo ci sono accanto e magari sono anche fratelli o sorelle nella fede!

Dunque, bella questa storia... anzi bellissima, perché è il racconto di un miracolo, di una resurrezione (segna il passaggio da una vita secondo la carne ad una secondo lo Spirito, dalle opere di morte a quelle che provengono dai salvati), e ci dà anche l'occasione di fissare bene le idee su due punti in particolare:

1. Considerare come i tempi di Dio siano molto diversi dai tempi dell'uomo, soprattutto quando si tratta di convertirci e redimerci.

2. Ci aiuta a fare chiarezza su una domanda che spesso non trova risposta in noi: quanto dipende da Dio e quanto dall'uomo circa la nostra vita di santità, il nostro desiderio di compiere la sua volontà?

1: questa prima considerazione si sviluppa a partire dal testo di Sapienza 11,22-12,2 con cui si apre la Liturgia della Parola. Attraverso questo brano ci viene ricordato che il nostro è un Dio che "ha compassione e aspetta il nostro pentimento [...] corregge a poco a poco e ammonisce", dunque i tempi che relazionano la sua compassione con la nostra conversione sono "tempi lunghi", sono i tempi dell'attesa e della pazienza. Normalmente coniughiamo questa virtù con la sopportazione del male o di chi ci molesta, quasi mai la correliamo al tempo che passa e che cambia il cuore dell'uomo. Sì, abbiamo un Dio paziente, che attende, e questa è la lunghezza d'onda del suo amore: ci è dato, è presente, rispetta la nostra natura umana -pur volendola deificare- e così accade.

Anche per Zaccheo e i suoi contemporanei è stato così; quante volte incontrandolo i credenti e coerenti avranno detto "ma non cambia mai!", quante volte l'avranno giudicato e definitivamente classificato come "perduto". Ma il loro subitaneo giudizio non cambiava le cose, invece la sospensione del giudizio di Dio sì!

Quando dunque preghiamo il Padre Nostro e chiediamo che vengano rimessi i nostri debiti ricordiamo questa "lentezza" del giudizio di Dio su di noi per poi deciderci a rivivere una somigliante attesa della conversione del fratello quando subito dopo affermiamo "come noi li rimettiamo ai nostri debitori". L'attesa di Dio diventi così l'attesa anche nostra, di noi che vorremmo gli altri cambiassero subito, di noi che ci facciamo prendere dall'ansia, dal nervosismo e dall'angoscia quando sosteniamo relazioni difficili e pesanti o quando ci sembra che nulla cambi di ciò che non va.

2: pensiamo a ciò che accade nel racconto: Zaccheo ha sentito parlare di Gesù, sa che sta passando da quelle parti, vuole vederlo, ma c'è un impedimento oggettivo che è in lui ma in qualche modo non dipende da lui (la sua statura, è basso) e allora che fa? Si arrende? No, usa l'intuito e la fantasia: sale sul sicomoro. In più c'è un impedimento soggettivo: è un peccatore da tutti conosciuto come tale, è uno di quelli che non solo si trova in una condizione di peccato ma è anche odiato da tutti perché servitore del potere occupante nonché disonesto a discapito della gente comune. Quel Gesù era un uomo di Dio, può un uomo di Dio avere a che fare con chi è nel peccato? Circa questo secondo impedimento non c'è intuito o fantasia cui attingere: il peccato c'è, Zaccheo lo sa, ed esso coincide con la sua vita, anzi quasi è la sua vita perché intesse e condiziona le sue relazioni ed il suo sostentamento. Qui solo Dio ci può "mettere mano"... e così accade. Gesù "fa strike" su tutta la linea, come solo lui sa fare. Zaccheo, dopo quest'incontro non è più lo stesso: la sua vita, i suoi legami col passato e con la sua disonestà non ci sono più, sono svaniti nel nulla. Ma cosa è dipeso da lui e cosa da Dio perché si arrivasse a quest'esito? Zaccheo desiderava incontrare Gesù ed è salito sul sicomoro: dunque tu risveglia il tuo desiderio d'infinito, di vita bella, d'incontro personale e profondo con Cristo e trova il tuo sicomoro o anche ricordati di non separarti da quel sicomoro su cui già sei salito magari per altri motivi (quell'amico fedele che Dio t‘ha messo accanto, quel gruppo che ti aiuta a stare col Signore, quella Sua Parola che quando la leggi t'illumina, quel passare in chiesa da solo per contemplarLo prima di andare a lavoro o a lezione, quel colloquio col don che da tanto tempo stai rimandando, ecc.); il resto lo fa Lui, abbi fiducia perché lo farà benissimo, i Suoi tempi e le Sue strade non sono i tuoi (grazie a Dio)!

SECONDO COMMENTO ALLE LETTURE

a cura di Rocco Pezzimenti

1. Personaggio emblematico e modernissimo, Zaccheo "cercava di vedere chi fosse Gesù, ma non ci riusciva". Basso di statura, a significare che, da sé, non poteva arrivare a vedere, come tanti oggi e sempre. Come pochi è, però, mosso da un gran desiderio: Vedere, ascoltare, quasi toccare il Maestro. Zaccheo "era capo dei pubblicani e ricco" rileva il Vangelo, quasi a significare la sua distanza dalla grazia, come pubblicano, e la sua "impotenza" da ricco che non riusciva a vedere il Salvatore. Sembra essere in un momento cruciale della sua vita, ad una svolta, e si arrampica su un albero, mosso dal sincero desiderio di vedere.

2. Il Signore passa proprio lì sotto, alza gli occhi a mostrare che una simile curiosità andava, in qualche modo, ripagata perché, in questo caso, evidenzia una ricerca, un principio di fede. Zaccheo è premiato per questo suo ardire. Gesù lo invita a scendere. Il testo sottolinea "in fretta" perché deve fermarsi con lui. Che sollecitudine manifesta il Signore! Da parte sua il ricco pubblicano non perde tempo: "Scese subito e lo accolse con gioia". Come sempre, capita in tanti altri episodi evangelici, non mancano i mormoratori: "È andato ad alloggiare in casa di un peccatore!". Come sempre, invece di rallegrarsi, c'è chi insinua, chi pecca di presunzione.

3. Ci sarebbe da essere felici - diceva Ambrogio - per tutti; infatti, se si può salvare il capo dei pubblicani, chi può disperare della salvezza? Invece no, l'invidia porta ad ignorare la portata dell'evento ed a criticare persino la somma bontà di Gesù che con la sua misericordia apre il cuore del peccatore ad altro bene. Zaccheo, di fatto, resta sorpreso e si apre alla carità: "Signore, do ai poveri la metà dei miei beni e se ho rubato a qualcuno gli restituisco il quadruplo". I mormoratori, gli invidiosi, restano attaccati alle loro misere considerazioni, spesso peccaminose, mentre Gesù sentenzia: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa".

4. Era ricco, ma prima egoista, poi generoso. Non è la ricchezza il problema, ma il suo utilizzo. Zaccheo è diventato generoso perché si scosta dalla folla, cioè dal modo comune di pensare. Prende coscienza, vuole capire chi è Cristo e, una volta capito, sa di non poter più essere lo stesso. Dovremmo pregare per questo, perché, come ci ricorda oggi la lettera di San Paolo, il Signore "dia buon esito ad ogni vostra volontà di bene e all'opera della vostra fede".

5. Per capire tutto questo bisogna conservare, tramite la preghiera, una serenità d'animo veramente cristiana tanto che, ancora San Paolo, ci ricorda: "di non lasciarvi facilmente agitare nel vostro animo e spaventare da oracoli o discorsi" di vario genere. Opinioni fatue e fallaci che oggi, ancor più di ieri, tendono a farci reputare inutile il messaggio evangelico, con l'unico scopo di ingannarci sul vero senso della vita.

 

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