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TESTO L'audacia dei piccoli

don Elio Dotto  

XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (28/09/2003)

Vangelo: Mc 9,38-43.45.47-48 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 9,38-43.45.47-48

38Giovanni gli disse: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». 39Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: 40chi non è contro di noi è per noi.

41Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.

42Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. 43Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile.

45E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna.

47E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, 48dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue.

Nella nostra vita quotidiana sperimentiamo spesso l'inclinazione a ridurre ogni novità ed imprevisto alla ripetitività di un codice ormai noto. Ad esempio, ci sono persone che, quando visitano una città o una regione, paiono più preoccupate di verificare che tutto nella realtà corrisponda a quello che hanno visto sulla carta, anziché lasciarsi meravigliare dallo spettacolo di ciò che era sconosciuto: in fondo non si attendono nulla dalla realtà, il loro vero mondo è la carta. Ci sono poi persone che, quando ascoltano, sono più preoccupate di iscrivere quello che sentono nel registro del già noto, anziché cercare di comprendere quanto di sorprendente ci sia nella parola che ascoltano, o nella persona che hanno di fronte. Allo stesso modo, ci sono cristiani che, ascoltando una predica, sono più preoccupati di verificare che tutto corrisponda a quanto essi già sanno, anziché lasciarsi condurre ad una rinnovata meditazione e ricerca.

Gli esempi si potrebbero moltiplicare ancora; ma bastano questi per riconoscere quell'inclinazione strana che ci fa fuggire da ogni novità ed imprevisto. Come abbiamo potuto vedere, tale inclinazione opera – in un modo o nell'altro – in tutti i settori dell'esperienza; ma opera con particolare insistenza nel campo dell'esperienza religiosa. Qui essa assolve al compito di proteggere il credente dal carattere sempre avventuroso della fede. Si vorrebbe cioè in tal modo rimediare all'estrema insicurezza del credere: di quel credere che, anche quando è reale, è sempre accompagnato dal timore e dalla supplica.

Non è però possibile fuggire dal carattere avventuroso della fede. Il credente infatti è costituzionalmente uno che teme di sé – un insicuro – uno che attende sempre da capo in ogni circostanza di ritrovare quella fede che non può conservare attraverso una tecnica od un codice. Gesù, che conosce questa debolezza dei suoi discepoli, li chiama «piccoli». In favore di essi pronuncia – nel Vangelo di domenica (Mc 9,38-43.45.47-48) – parole di estrema generosità verso coloro che li accoglieranno, e insieme parole di allarmante severità contro coloro che di tale debolezza cercheranno di approfittare. «Chiunque vi darà da bere anche solo un bicchier d'acqua perché siete di Cristo, non perderà la sua ricompensa»; ma insieme: «Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che si metta una macina al collo e venga gettato nel mare». Così Gesù difende i suoi «piccoli».

Ma i «piccoli» devono rimanere tali sempre, e non devono in nessun modo difendersi da soli. E neanche devono avere paura degli altri, come accadde al discepolo Giovanni, il quale temeva l'opera di quello sconosciuto che operava nel nome di Gesù. Infatti, solo chi è capace di rischiare fino in fondo – al di là di ogni umana certezza – solo chi ha una simile audacia appartiene davvero alla schiera di quei piccoli che credono.

 

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