PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Dio in Cristo cena con noi e noi con Lui.

padre Gian Franco Scarpitta  

XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (31/10/2010)

Vangelo: Lc 19,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 19,1-10

In quel tempo, Gesù 1entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». 9Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

L'amore di Dio abbraccia l'universo e si dispiega su tutta la creazione, poiché Egli lascia la sua impronta su tutti gli elementi creati. Oggetto di amore divino è ogni cosa esistente senza riserve né distinzioni mentre l'intera globalità del cosmo ci ispira la grandezza e l'ineffabilità di Dio e della sua grande opera. Attraverso la creatura, per via analogica e indiretta si giunge a conoscere il Creatore e la contemplazione delle cose ci aiuta a saggiarne la bontà e la grandezza e a scoprire in Lui un Dio di amore e di misericordia.

Questa è la contemplazione a cui ci conduce il libro della Sapienza nella Prima Lettura di oggi, il quale dopo averci illuminato su come Dio sia esaltante nell'amore, conclude: "Tu infatti ami tutte le cose che esistono e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l'avresti neppure formata. Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non l'avessi voluta? Potrebbe conservarsi ciò che da te non fu chiamato all'esistenza?" Ogni cosa sussiste perché interessata dall'amore di Dio che l'ha posta in essere e sempre da Dio viene sostenuta e salvaguardata senza che sia abbandonata al caso e all'imprevisto. Soprattutto l'uomo, considerato come la più nobile fra le creature, viene reso oggetto della predilezione divina: qualsiasi soggetto umano, anche fra i più reprobi e perversi, è destinatario della grazia del Signore perché sostenuto dal Suo amore alla pari di tutti i suoi simili; anzi, secondo la sua ottica che è ben distante dal nostro pensiero e dalle nostre impostazioni, proprio l'uomo infimo e peccatore trova posto fra le maggiori predilezioni di Dio poiché egli "non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva." (Ez 33, 11). Dio attende instancabilmente quindi il ravvedimento di coloro che hanno sbagliato, non si arrende alla refrattarietà che l'uomo è solito usare nei confronti della sua bontà, ma cerca con tutti i mezzi di recuperare alla comunione con sé tutti coloro che si sono smarriti con il peccato e per questo "correggi a poco a poco quelli che sbagliano e li ammonisci ricordando loro in che cosa hanno peccato." (Sap 12, 1-2)

E' singolare che Dio vada alla ricerca dell'uomo peccatore che si smarrisce vittima della propria presunzione e autoesaltazione e desta ancora più meraviglia come in tutto questo egli manifesti la sua vera gloria e ineffabilità che prescinde da ogni manifestazione di grandezza e di spropositato predominio e predilige piuttosto l'amore e la benevolenza nei confronti di chi si allontana dalla sua via: quale Padre misericordioso, Dio attente il ritorno dell'uomo alla comunione con sé e nel frattempo va alla ricerca di quella che egli considera la pecorella smarrita, il peccatore che cioè si disperde illudendo se stesso vittima del male.

Che Dio vada alla ricerca del peccatore è attestato in tutta la storia della salvezza, ma viene reso ancora più evidente nel Figlio Gesù Cristo, che in questo particolare episodio mostra risolutamente la suddetta paternità di Dio nel chiamare egli stesso il pubblicano Zaccheo mentre questi è intento a scrutare dal fusto di un sicomoro "quale fosse Gesù." Forse questo povero uomo, piccolo di statura era stato colto da curiosità improvvisa o da inquietitudine comunque controllabile; aveva certo sentito parlare di Gesù, restando stranito e stupefatto delle opere che si dicevano su di lui e era stato anche attratto probabilmente dal fascino degli insegnamenti che si raccontavano come scaturiti dalla sua bocca; tuttavia la sua tenacia nello sgomitare fra la folla e nel salire su un sicomoro è indice di qualcosa che va oltre la mera curiosità passiva; forse inconsapevolmente cerca una risposta allo stato di estremo bisogno che gli procura la condizione di peccato nella quale ha perseverato in tanti anni. Ma anziché dover continuare a cercare lui stesso Gesù, muovendosi come a tentoni, è lo stesso Signore che gli si fa incontro, intervenendo nella sua vita personale con eloquente confidenza appagando quelli che probabilmente sono sempre stati i suoi desideri più profondi: cosicché Zaccheo resta avvinto e affascinato da questo incontro, sperimentando in Gesù non già il semplice amico che si autoinvita a pranzo, ma il Figlio di Dio che attesta l'amore del Padre nelle parole e nelle opere e l'esperienza è per lui il motivo di una gioia foriera di rinnovamento personale di vita e apportatrice di restaurazione interiore in vista del collettivo:

il capo dei pubblicani Zaccheo, fino ad ora abituato a turlupinare il prossimo con la disonestà ben nota di coloro che riscuotevano i tributi, avvinto dal fascino innovativo che gli ha procurato quell'incontro: "Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto." E così, se la scorsa domenica osservavamo nel pubblicano parabolico al tempio di Gerusalemme una forte volontà di conversione trasparente dall'umiltà e dalla contrizione sincera che si dava nell'orazione, adesso osserviamo in un altro pubblicano una conversione radicale in atto, conseguenza della volontà di appagare un desiderio profondo insito già da sempre nel suo animo, che è quello di vedere Gesù.

La perseveranza nel peccato non può che apportate desolazione, sconforto e tristezza, per quanto a noi possa sembrare conveniente ed esaltante la via del male e del'errore e per quante illusioni di benessere essa possa portare. Il peccato, cioè la presunzione dell'uomo di procedere da solo forte di una presunta autonomia ed autosufficienza e quindi il discredito di Dio, ci mette in mostra nient'altro che la nostra pochezza e meschinità ma allo stesso tempo è occasione di riscoperta dell'amore di Dio che al peccato reagisce con la misericordia e con il perdono perché possiamo sperimentare l'amore che tutto vince e tutto convince piuttosto che la riprovazione e la condanna e solo il Dio di Gesù Cristo può ottenerci che la conversione dal male inizi e si accresca nella gioia.

Proprio come nel caso di Zaccheo, sarebbe il tempo allora che anche noi ci lasciamo avvincere dall'amore di Dio che tutti i giorni vuole fermarsi a casa nostra picchiando alla nostra porta, cenando con noi e noi con lui (Ap 3, 20).

 

Ricerca avanzata  (54027 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: