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TESTO Dimmi come preghi e ti dirò in che Dio credi

don Roberto Seregni  

XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (24/10/2010)

Vangelo: Lc 18,9-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 9disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 14Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Il fariseo e il pubblicano. Due uomini che salgono al tempio a pregare. Due storie srotolate per essere afferrate dalle mani di Dio. Due modi diversi di stare davanti a Lui, agl'altri e a se stessi.

La parabola che oggi la liturgia ci consegna, ci fa fare un percorso molto importante: i due protagonisti sono presentati con lo stile della loro preghiera, con il loro modo di mettersi davanti a Dio, ma in realtà essi sono fotografati anche nel loro stile di vita, nel loro modo di porsi davanti agli altri e a se stessi. La preghiera di questi due uomini ci svela il loro mondo interiore e ci fa scoprire che lo stile con il quale stiamo davanti a Dio, dipende da quale idea di Lui, di noi e degl'altri, abbiamo nel cuore. Ricordo un amico gesuita che amava ripetere: "Dimmi come preghi e ti dirò in che Dio credi."

Ecco una prima fondamentale provocazione che ci viene da questa parabola: se la tua preghiera è stanca, ripetitiva, distratta, forse devi impegnarti un po' di più e magari cercare un orario o un luogo migliore per viverla in pienezza; oppure - e questo è il messaggio della parabola - ti devi chiedere se quel Dio che preghi è davvero quello che ha svelato Gesù oppure se è un puzzle di cristianesimo sbiadito, superstizioni e consuetudini che ti sei costruito al fai-da-te della religione.

Penso che sia davvero molto importante farsi onestamente queste domande, perché ho incontrato molte persone che si sono scoraggiate nella loro esperienza di preghiera, perché si rivolgevano ad un Dio che era il frutto delle loro proiezioni e dei loro desideri, ma che nulla aveva a che fare con il Dio di Gesù.

Ora vediamo più da vicino i due personaggi.

Il fariseo si rivolge a Dio sbandierando i suoi meriti - per altro reali - e si permette, forte della sua giustizia e rettitudine, di giudicare duramente gli altri. La sua preghiera è autoreferenziale, non attende nulla da Dio, non si apre alla relazione con Lui. Ha già i suoi meriti e gli bastano quelli. E' un uomo talmente pieno di sé e della sua bravura, che per Dio non c'è posto. Il fariseo è irreprensibile nel rispetto della legge, forse fa pure di più di quello che gli è chiesto, le sue opere sono buone, non c'è dubbio; ma ciò che non è buono è il suo modo di valutarle e di considerarle; ciò che non è buono è la sua presunzione e il giudizio tagliente sfoderato sul pubblicano.

Di cristiani così, purtroppo, ne ho conosciuti parecchi. Pieni della loro giustizia, della loro bravura, delle loro partecipazioni ai gruppi parrocchiali o agli incontri dei movimenti, da sentirsi in dovere di puntare il dito contro quei fratelli e quelle sorelle che forse - proprio da loro - si sarebbero aspettati una mano tesa, un sorriso, un riflesso del cuore del Rabbì di Nazareth.

Il pubblicano, invece, cosciente del suo peccato, della sua connivenza traditrice con l'invasore romano, si mette davanti a Dio con tutta la sua miseria e il desiderio del perdono. Sa che qualcosa deve cambiare e ne chiede la forza. Sa che da solo non può farcela, che ha bisogno del perdono di Dio.

Di cristiani così, per fortuna, ne ho conosciuti parecchi. Uomini e donne che si sono affidati alle mani di Dio; che hanno smesso di contrattare con Lui e si sono abbandonati, consegnati al suo abbraccio affidabile; che hanno smesso di vivere pieni di sensi di colpa e si sono fidati della potenza del perdono di Dio, della sua novità consegnata alle nostre mani; che hanno iniziato ad amare la Chiesa come comunità di peccatori perdonati che si accolgono, smettendo di puntare il dito, di giudicare, di escludere, di sognare la comunità perfetta (che, chissà perché, è sempre a propria immagine e somiglianza...).

Di cristiani così ne ho conosciuti tanti. Uomini e donne silenziosi, umili, granitici nella fede, profetici nello sguardo, incandescenti nella preghiera.

Coraggio, cari amici! Lasciamoci graffiare da questa Parola, mettiamoci nudi davanti a Lui, riprendiamo il filo della nostra preghiera e con umiltà ripetiamo la domanda sincera degli apostoli: "Signore, insegnaci a pregare!" (Luca 11,1)

Buona settimana

In libreria puoi trovare il mio "Vangeli in jeans" edito con Ancora.

don Roberto
robertoseregni@libero.it

 

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