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TESTO Ah, il buon senso di sé!

padre Mimmo Castiglione

XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (24/10/2010)

Vangelo: Lc 18,9-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 18,9-14

In quel tempo, Gesù 9disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 14Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

Che bella cosa, proprio una gran bella cosa!
Pronunciare belle parole: Abbi pietà di me!
Tornare a casa giustificato!
Sollevato. In pace. Gratificato.
Sazio di paternità e di consistenza!
Senza l'ansia del dovere fare,
senza l'affanno di dover dimostrare!
Riconoscente per tanto dono

Grato e sereno per il condono.

La parabola di domenica scorsa
si riferiva alla necessità di pregare sempre.

Costanti perseverare. Ed aver fiducia.

Oggi l'insegnamento di Gesù,

riguarda l'atteggiamento da assumere quando ci si rivolge a Dio.
Per essergli graditi bisogna esser sinceri!
Avendo una visione obiettiva di sé!

Pregare con semplicità e schiettezza, leali e franchi.

Protagonisti della storiella, raccontata per quanti,
presuntuosi, si ritenevano giusti, sono due uomini,
come due sono i fratelli della parabola del Papà buono
e due sono gli attori della parabola del ricco epulone.

Appartengono a ceti diversi, a due modi di essere e di pensare.
Diventano modelli rappresentativi
della vera e della falsa preghiera.

Ed ancora una volta Gesù provoca l'uditorio.

Primo personaggio: un fariseo, esibizionista e moralista,
certamente anche austero e pio,
senza vizi e tante virtù espresse in opere buone,
stimato per la sua osservanza e la sua religiosità,
separato dal volgo infame e peccatore. Prega.
Magari è vero quel che dice. Ma il resto?
Nulla chiede perché non ha bisogno. Cerca?

Niente s'aspetta, appagato da quanto possiede. O crede d'avere!

Null'altro che vanto per sé, esaltato! E per gli altri: disprezzo! Vuoto!

Secondo personaggio: il detestabile pubblicano,
a servizio degli appaltatori del fisco, usuraio ed aguzzino,
sanguisuga esattore delle tasse, considerato:
impuro, servo del potere romano e lontano da Dio!
Per questi motivi emarginato dagli eletti!
Pugni sul petto: appare disperato! Supplicante si rimette.
Angosciato chiede soccorso. S'abbandona al Giudice muto.

Niente esige, nulla pretende. Non sa neanche se cambierà in futuro.

Solitario grida aiuto!

Ambedue si recano al tempio per pregare.
Alla casa del Signore certo non si scende, ma si sale!

Luogo della Presenza di Dio. Come non avere timore?

Certo, rispetto ai nove, che guariti dalla lebbra non "tornano indietro",
questo fariseo ringrazia, facendo un passo avanti!
Ma comunque sempre vana rimane la domanda!
Non considera affatto che tutto è dono, grazia.
Altero e ritto, al cospetto di Dio, non chino,
non vede altro che se stesso. Narcisista.
Il suo idolo? Il suo ego! E l'umiltà?
Vanaglorioso s'adula! Vanità!

S'è dipinto da sé con l'aureola: assecondando magnifico autoritratto!
Si compiace d'essere "a posto"! Presuntuoso.
Osserva le tre opere che crede lo fanno giusto:
preghiera, digiuno ed elemosina!
Si priva quindi, pagando quanto deve.
Stabilisce lui la perfezione! Peccato delle origini!

Ignorando però l'amore per il prossimo e disprezzando gli altri.
E dunque? All'appello! Per ottenere quanto gli spetta.

D'essere creditore di Dio, egli pensa!

Il pubblicano invece, che si ritiene indegno,
non scorge altro che la sua povertà.

Non si paragona agli altri. Ignobile si considera, spregevole.
La sua preghiera riflette la sua vita, la sua persona.
A disagio e pentito, contrito s'umilia. Come la vedova!

Non presenta a Dio il conto da pagare per le sue prestazioni!
Non s'avvicina. Gli occhi rivolti verso il basso,
non gli consentono di vedere altro che polvere:

la sua miseria e il suo bisogno d'essere accolto e risparmiato.
Supplicando d'esser propizio al peccatore. Altro non dice.
La sua invocazione penetra il cuore del Padre!
Ed è giustificato, salvato come il lebbroso guarito!
Secondo la giustizia non equa del Signore!
Ora può scendere! Esaudito è stato amato.

Vivrà di dono. Di Dio il perdono!

Attenzione però a non disprezzare i farisei,
quei farisei che vogliono salvarsi da soli! Autosufficienza!

Si ricadrebbe nel loro stesso errore. E sarebbe sempre divisione,

che allontana, e fratelli non rende!

Certamente, il Maestro non critica il senso del dovere del fariseo.
Neanche approva il comportamento immorale del pubblicano.
Evidenzia solo chi si consegna ricevendo il dono.

Chi ottiene grato la giustizia del perdono.

PREGHIERA

Signore, donami saggezza,
per avere giudizi obiettivi e la giusta percezione di me,
e riconoscere umilmente il mio limite,

accogliendo in pace la fragilità della mia condizione umana.

Pietà Gesù Maestro,
per tutte le volte che, presuntuoso ed arrogante,
mi sono ritenuto giusto, santo, bravo, buono,

l'unico ad esserti fedele. Pietà per la mia superbia.

Pietà di me per tutte le volte che disprezzo gli altri e mi disprezzo.

Pietà di me esibizionista e narcisista, vanaglorioso ed altero,
vanitoso e presuntuoso.
Pietà di me indegno ed ignobile, spregevole e misero,
impuro e detestabile.

Pietà Gesù Giusto,

per tutte le volte che ho desiderato essere e sono stato ladro,
ingiusto ed adultero per il piacere di trasgredire,

per rabbia o per vendetta, per rimpianto o per tristezza.

Pietà Gesù Agnello,
per tutte le volte che ho giudicato secondo le apparenze,
detestando la debolezza altrui.

Pietà per tutte le volte che mi sono specchiato nell'altro per apparire migliore.

Pietà Gesù Verità, della mia ipocrisia.
All'esterno faccio apparire il bello,
nascondendo tutto il marcio che ho dentro.
Pietà per il mio autocompiacimento

e per tutto l'incenso sprecato per adularmi.

Pietà Gesù obbediente, della mia autosufficienza,

che mi fa credere d'essere l'unico artefice della mia salvezza,

attraverso preghiere, digiuni ed elargizioni, rinunce e mortificazioni,

dimenticandomi del comandamento dell'amore e disdegnando gli altri.

Grazie Signore per la tua grazia,

per il dono della fede che mi giustifica e mi salva.

 

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