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TESTO "ESSERE ULTIMI DI TUTTI"

mons. Antonio Riboldi

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (21/09/2003)

Vangelo: Mc 9,30-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 9,30-37

30Partiti di là, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. 31Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». 32Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.

33Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». 34Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. 35Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». 36E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: 37«Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Quello che stupisce in Gesù Cristo, Figlio di Dio e quindi Dio, per mezzo del quale tutto è stato fatto e niente esiste senza la sua volontà, insomma il vero Signore dell'uomo, del mondo intero e della storia, è che abbia scelto una vita così umile e povera da non avere nessuna considerazione presso quanti allora "contavano": i farisei, i sadducei. Lui, Gesù, ai loro occhi valeva proprio poco, tanto da fare dire: "Cosa può mai uscire di buono da Nazareth", che era considerato un borgo di emarginati da ogni stima e valore? Vive nel più totale nascondimento a Nazareth per trenta anni, come se non esistesse. Ed era Dio che si era fatto uomo. La vera e sola gloria che dava luce a tutto il mondo. La sua stessa vita pubblica, anche se illuminata da prodigi, che manifestavano il suo potere su tutto, anche sulle malattie; la sua parola che a volte attirava tanta ammirazione, nello stesso tempo determinava tanta rabbia in quanti si credevano "grandi"...almeno agli occhi degli uomini. E chiuse la sua vita nel modo più ignobile agli occhi degli uomini, là dove si infrangono anche i minimi segni di una apparente gloria e stima, ossia come il più ignobile degli uomini, che meritava l'umiliazione della croce da collocare tra la spazzatura. La sua immensa gloria divina invece era proprio in quell'annientamento, dove Gesù una volta per tutte, seppelliva i sogni di gloria umana, di lotta per la gloria, che produce immense voragini di ingiustizie, sofferenze e umi1iazioni, per fare posto alla vera gloria dell'uomo nella santità dal Suo amore conquistato.

Viviamo un tempo in cui pare proprio che almeno tra noi, che diciamo di essere ricercatori di un benessere e di una fama e di un potere, che è la vera morte della dignità e bellezza dell'uomo, in cui sembra che la via tracciata dal Maestro non sia compresa...quando non si arriva a emarginare chi la segue.. perché dà fastidio..mentre è la testimonianza di ciò che veramente deve essere ognuno di noi agli occhi del Padre.

Così oggi Giacomo scrive ai discepoli di Gesù e quindi a noi: "Carissimi, dove c'è gelosia e spirito di contesa c'è disordine e ogni sorta di cattive azioni. La sapienza che viene dall'alto invece è innanzitutto pura, poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza ipocrisia. Un frutto di giustizia viene seminato nella pace per coloro che fanno opera di pace". E così descrive il mondo di chi non ha l'umiltà di Gesù e quindi la sua mansuetudine, ossia non ama essere l'ultimo di tutti e servo di tutti: "Da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che combattono nelle vostre membra"? Tramate e non riuscite a possedere e uccidete: invidiate e non riuscite ad ottenere, combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete: e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri" (Gc, 3,16 – 4,3).

Una immagine dei nostri tempi! Incredibile che non abbiamo ancora capito l'umiltà di Gesù: godere cioè di essere ultimo di tutti e servo di tutti.

Gesù, infatti, come narra il Vangelo di oggi, mentre i discepoli attraversavano la Galilea..istruiva i suoi discepoli e diceva loro: "Il Figlio dell'uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma una volta ucciso dopo tre giorni egli risusciterà". Essi pero non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli spiegazione. Come se la loro mente fosse inchiodata al sogno di grandezza terrena, che, sempre secondo chi seguiva Gesù, sarebbe presto o tardi avvenuta. Giunsero a Cafarnao. E quando fu in casa chiese loro: "Di che cosa stavate discutendo lungo la via? Ed essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Affiora qui la comune superbia che vorrebbe sempre conoscere il gradino più alto nella stima degli uomini, magari facendo degli uomini il loro sgabello. E succede, eccome, anche oggi!

Allora Gesù chiamò i Dodici e disse: "Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti". Preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse loro: "Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome accoglie me e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato". (Mc. 9,29-36).

Come sarebbe bello se tutti diventassimo bambini per conoscere quell'abbraccio di Gesù! E come sarebbe diverso questo nostro mondo se non ci fosse più il putridume della superbia, di sgomitarsi per essere i primi, considerando un castigo essere nell'ombra, ossia ultimi.

Ho visitato in questi tempi, la piccola, ma propria piccola cella dell'Abate Antonio Rosmini, che ora è sulla via della santità. Non riuscivo a capacitarmi come un grande sacerdote, colto, amato da Pontefici e scrittori, a cominciare da Manzoni, da Cavour ed altri, "un grande insomma", che proveniva da una famiglia molto ricca, avesse scelto quella povera e stretta cella, che aveva il sapore della pia cruda povertà. La sua vita si svolgeva tutta là.. Nel fondare la sua congregazione quella dell'Istituto della carità, ordinò ai presbiteri, che sono "il senato" della Congregazione, di vigilare soprattutto sulla povertà, che non doveva mai venire meno perché questa "è il muro di sostegno della Chiesa" e di vegliare perché nell'Istituto non ci fosse alcuno che coltivasse voglia di "carriera". Qualora scoprivano che qualcuno brigava per fare carriera questi doveva essere espulso dalla Congregazione. Non voleva insomma che noi fossimo i primi, ma gli ultimi e servi di tutti. Così fu S. Francesco di Assisi.. Così era Madre Teresa di Calcutta. Ebbi il dono non solo di incontrarla parecchie volte, ma di fare convegni con lei. Averla vicina, gomito a gomito, colpiva quel suo voler scomparire agli occhi degli uomini e nello tempo essere grande luce per gli uomini. Fecero grande fatica a scovarla di notte tra le vie puzzolenti e piene di ruderi umani a Calcutta per raccoglierli e riportarli alla dignità!

Ma come è difficile accettare di essere ultimi in una società di falsi e temibili primi. Ma se si vuole davvero essere sale della terra, quella è la via da seguire. Scriveva don Tonino Bello, altro esempio di grande umiltà: "Il fatto stesso di essere considerato tra i primi della classe, mi ha portato anche alla ribalta, con quel pizzico di antipatica saccenteria che mi ha fatalmente tenuto un tantino lontano da voi. Ho guardato la pastorale con gli occhi del colonnello che progetta a tavolino strategie più che con gli occhi del soldato semplice che si imbratta le mani nel fango della trincea. Vi chiedo perdono per questa scarsa condivisione esistenziale"...I poveri, gli ultimi, che non hanno appoggi terreni, né ricchezze economiche, né amicizie che contano, né risorse personali tali da imporsi alla pubblica attenzione, sono coloro che non sono difesi, da alcuno e per i quali nessuno è disposto a spendere una parola. Sono coloro accanto ai quali, come dice una canzone, "lungo la strada la gente chiusa in se stessa va". Se questi poveri di appoggi terreni ripongono in Dio tutta la loro fiducia e lo invocano, come dicono i salmi, allora sono davvero "i poveri del Signore". Gli ultimi che Dio prende tra le sue braccia, come bambini.

E chi non vorrebbe in fondo che la nostra terra fosse piena di bambini, ultimi e servi di tutti? Finirebbe il regno della superbia, trionferebbe la pace e la gioia dell'amore.

Mons. Antonio Riboldi - Vescovo -

E-Mail: riboldi@tin.it
Internet: www.vescovoriboldi.it

 

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