PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Umili per pregare

padre Gian Franco Scarpitta  

XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (24/10/2010)

Vangelo: Lc 18,9-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 18,9-14

In quel tempo, Gesù 9disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 14Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

La scorsa domenica ci si illustrava l'importanza della preghiera realizzata anche con la finalità della richiesta di grazie e di favori divini particolari, concludendo che anche queste intenzioni sono il costitutivo della vera orazione, a condizione che questa non si trasformi in una pretesa di automatizzazione fra richiesta ed esaudimento e che escluda ogni pretesa di essere esauditi a tutti i costi e sotto tutte le condizioni: possiamo chiedere al Signore le grazie di cui abbiamo bisogno ed esprimere anche i nostri desideri personali, ferma restando tuttavia la disposizione umile e dimessa a che la volontà di Dio abbia comunque la prevalenza sui nostri propositi.

Pregare per chiedere comporta poi la premessa del dialogo filiale e spontaneo con il Signore, dell'apertura libera e incondizionata nei suoi confronti, dell'intimità fruttuosa che consegue i suoi frutti quando accompagnata dalla contemplazione e dall'applicazione alla Parola. Insomma il vissuto dell'interiorità in generale.

Ed eccoci al punto fondamentale di questa liturgia, che ci pone davanti ad un interrogativo: Quale la vera e retta predisposizione per pregare come si conviene?
Le letture odierne rispondono immediatamente: l'umiltà.

Qualsiasi orazione, prolungata o momentanea, spontanea o premeditata, di richiesta o di lode al Signore deve essere caratterizzata da modestia, semplicità e umiltà fondamentali per acquisire ogni vantaggio spirituale che favorisce in noi la consapevolezza di non essere sufficienti a noi stessi e di dover dipendere sempre da Dio. L'umiltà è alla base della conversione e pertanto anche della vera fede perché predispone lo spirito alla sottomissione e al riconoscimento del nostro peccato, della nostra insufficienza e della necessità di doverci ispirare ed elevare verso Dio, Questi riconosciuto come il vero bene e il Tutto da cui dipendiamo e nel quale confidiamo; è la virtù che favorisce l'ingresso a tutte le altre prerogative spirituali e dischiude il conseguimento di ogni altro dono e di ogni altro vantaggio, quindi non si può pregare se non con un cuore umile, sottomesso e ben disposto, che orienta al meglio la nostra stessa orazione.

E' erroneo e sfacciato disporsi in preghiera omettendo di considerare davanti a Dio i nostri limiti, le eventuali mancanze e le pecche morali che ci caratterizzano, gonfi di vanità e altezzosità, come ora vediamo fare al fariseo di cui alla parabola evangelica: l'orazione che egli rivolge al Signore nel tempio di Gerusalemme è tutta protesa ad ostentare vanità, presunzione e orgoglio nel ringraziare di Dio di non essere come il pubblicano che gli sta accanto anch'egli in orazione; quindi esterna tutto il vanto e il falso orgoglio di osservare sterili pratiche esteriori che in realtà non hanno valore perché appunto intrise di superbia e di cattiveria: pagare la decima e altro. In definitiva, proprio mentre sta pregando si sta macchiando di peccato, soprattutto per le comparazioni e i pregiudizi gratuiti e illeciti verso terzi: "Io sono migliore di questo pubblicano"! Nella sua orazione presunta ma in realtà inesistente, il fariseo non considera neppure minimamente la possibilità di essere stato egli stesso manchevole verso gli altri né si sofferma sulle immancabili defezioni che certamente lo caratterizzano almeno in quanto essere umano; neppure si pone il problema se pubblicano presente debba essere aiutato nel cammino di conversione e nell'emendamento della sua vita, come pure non considera quali possano essere le cause per cui egli sia così carente; semplicemente lo giudica e ringrazia il Signore di non essere come lui, il che ostenta semplicemente una malizia e una cattiveria di fondo che contaminano la sua preghiera con il peccato.

Non è forse già peccato darsi alla maldicenza e al giudizio degli altri, senza una previa analisi e autocritica di se stessi? Non è forse peccaminoso il vanto di cose esteriori quando manca l'apertura di cuore, la generosità, l'altruismo che costituiscono il vero adempimento della legge di Dio? Ecco perché la preghiera del fariseo è vana e sfacciata e non può mai ottenere il consenso e i favori di Dio.

Diversa è la situazione del povero pubblicano, senza dubbio grande peccatore in quanto (così voleva la sua attività) aveva frodato tanta gente nella riscossione dei tributi disattendendo le disposizioni della Legge quanto alla decima e ad altre incombenze che gli erano richieste; è però cosciente del suo errore e della gravità del suo stato di manchevolezza: la sua è una preghiera che rifugge ogni vanità e che cerca piuttosto la riconciliazione con Dio, il riacquisto della familiarità con lui, il recupero dell'amore del Signore che egli sa di avere volutamente rifiutato. Si tratta di una preghiera umile e sincera, avente come prerogativa il timor di Dio e la consapevolezza di uno stato precario di salute spirituale che non può non essere ascoltata e accolta con benevolenza dal Signore, che di fatto lo fa tornare a casa giustificato e sereno.

Nessuno può mai pretendere di essere ascoltato da Dio quando la sua orazione è intrisa di altezzosità e di superbia e di spirito di prevaricazione sugli altri; quando si è invisi di falso orgoglio e di presunzione e soprattutto quando si considera il prossimo come metro di valutazione di noi stessi sempre pronti a riconoscere solo negli altri errori e defezioni non possiamo mai concludere di possedere uno spirito atto all'orazione né una predisposizione alla preghiera gradita al Signore. E' piuttosto la preghiera del povero e del contrito quella che guadagna le maggiori grazie e i benefici più esaltanti oltre che per se stessi anche per gli altri poiché " Il Signore è giudice e per lui non c'è preferenza di persone.

Non è parziale a danno del povero e ascolta la preghiera dell'oppresso (Sir 35, 15 - 16; I lettura)".
E ‘ in tal senso, la parola d'ordine è umiltà.

 

Ricerca avanzata  (54028 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: