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TESTO Esaltazione della Santa Croce

don Roberto Rossi  

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Esaltazione della Santa Croce (14/09/2003)

Vangelo: Gv 3,13-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 3,13-17

13Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. 14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

Il 14 settembre si celebra la festa della esaltazione della Santa Croce. Oggi coincide con la domenica e la liturgia festiva assume questa festa e si lascia inondare dall'amore infinito che Gesù ci ha manifestato offrendo la sua vita sul legno della Croce. "Non c'è amore più grande di chi dà la vita per la persona amata"; "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio"! Questa festa ha origine nel ricordo di due avvenimenti distanti tra loro nel tempo. Il primo è l'inaugurazione, da parte dell'imperatore Costantino, di due basiliche, una sul Golgota e una sul sepolcro di Cristo nel 325, dopo che la regina Elena, sua madre, era stata guarita dal ritrovamento della Croce di Gesù. L'altro avvenimento, del sec. VII, è la vittoria cristiana sui persiani, che portò al recupero delle reliquie della croce, che essi avevano trafugato, e al trionfale ritorno a Gerusalemme di queste reliquie.

La celebrazione di oggi assume un significato ben più grande di tutto questo: è la celebrazione del mistero della croce che Cristo, da strumento di ignominia e di supplizio, ha trasformato in strumento di salvezza. La formulazione più profonda di questo mistero si ha nella seconda lettura di questa festa, tratta dalla lettera di Paolo ai Filippesi: "Cristo umiliò se stesso fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato un nome che è al disopra di ogni altro nome". Così pure Giovanni, nel brano evangelico, ci dà una lettura preziosa del mistero della croce, quella dell'amore di Dio: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna".

La glorificazione di Cristo passa attraverso il supplizio della croce e l'antitesi sofferenza-glorificazione diventa fondamentale nella storia della Redenzione. Cristo si sottomette volontariamente alla condizione umiliante di schiavo (la croce, dal latino "crux", cioè tormento, era riservata agli schiavi) e questo supplizio infamante viene tramutato in gloria eterna. Così la croce diventa il simbolo e il compendio della religione cristiana.

La stessa evangelizzazione, operata dagli apostoli, è presentazione di "Cristo crocifisso". S. Paolo afferma: "Predico Cristo e Cristo crocifisso", "Di null'altro mi vanto, se non della croce di Cristo".

Anche noi possiamo pregare con la liturgia: "Di null'altro ci glorieremo se non della croce di Cristo Gesù, nostro Signore: Egli è la nostra salvezza, vita e resurrezione. Per mezzo di Lui siamo stati salvati e liberati".

Ecco la nostra fede, ecco la nostra salvezza! Per questo ogni nostra preghiera, ogni nostra azione, inizia con il segno della croce. Esso ci aiuta a ricordare, a celebrare, ad accogliere, a vivere l'amore infinito di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, come ci è dimostrato da Gesù sulla croce.

Ecco il richiamo e la testimonianza forte del papa che continua a consegnare la croce a giovani. Nella croce si trova il senso vero della vita di ciascuno, e della storia del mondo. Per questo è il segno più grande della speranza. Diventa allora il segno e la forza della testimonianza cristiana che i giovani, come gli adulti, e la Chiesa intera sono chiamati a offrire al mondo in ogni epoca della storia.

Ogni croce o sofferenza che noi stessi viviamo e che l'umanità intera vive, sono la partecipazione alla croce di Cristo, per la salvezza del mondo. Dice S. Paolo: "Compio nella mia carne ciò che manca ai patimenti di Cristo, a vantaggio del suo Corpo, che è la Chiesa". Ciò che è stoltezza, diventa sapienza; ciò che è considerato disgrazia diventa grazia e benedizione.

S. Ignazio di Antiochia scriveva prima di subire il martirio: "Sono frumento di Cristo. Ora comincio ad essere discepolo... preferisco morire in Gesù Cristo che regnare sulla terra. Lui cerco, Lui che è morto per noi; Lui voglio, Lui che è risuscitato per noi... Concedetemi di essere imitatore della passione del mio Dio, per divenire partecipe della sua risurrezione".

Possiamo concludere con l'acclamazione: "Ti saluto o croce santa, che portasti il redentore..." È il canto pasquale che accompagna i fedeli mentre fanno l'adorazione della croce. Questo saluto oggi diventa una festa e una esaltazione che riguarda in primo luogo Colui che "umiliandosi per noi si è fatto obbediente fino alla morte e alla morte di croce. E Dio stesso lo ha poi esaltato perché ogni ginocchio si pieghi in cielo e in terra e ogni lingua proclami che Gesù è il Signore". Celebriamo quindi la gloria di Dio Padre, la nostra liberazione e tutto quel grandioso evento salvifico che noi chiamiamo redenzione, salvezza, riscatto. Tutto questo ci infonde speranza, luce e forza: anche noi indissolubilmente legati alla croce, alla sofferenza, veniamo esaltati perché redenti, perché anche noi siamo candidati alla risurrezione con Cristo.

 

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