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TESTO Commento su Matteo 5,1-12a

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Tutti i Santi (01/11/2010)

Vangelo: Mt 5,1-12a Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 5,1-12

In quel tempo, 1vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

3«Beati i poveri in spirito,

perché di essi è il regno dei cieli.

4Beati quelli che sono nel pianto,

perché saranno consolati.

5Beati i miti,

perché avranno in eredità la terra.

6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,

perché saranno saziati.

7Beati i misericordiosi,

perché troveranno misericordia.

8Beati i puri di cuore,

perché vedranno Dio.

9Beati gli operatori di pace,

perché saranno chiamati figli di Dio.

10Beati i perseguitati per la giustizia,

perché di essi è il regno dei cieli.

11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.

La santità è una chiamata già fatta nell'Antico Testamento e che trova completamento con la venuta nella storia di N.S.G.C.

Già nella Bibbia troviamo l'imperativo "siate santi" perché Io sono santo (Kadosh - diverso, differenziato come giustificazione alla diversità come dovere esistenziale dell'Uomo).

La precisazione del Signore ad Israele è che esso sia diverso dagli altri popoli come Lui è diverso da tutti gli altri dei.

Il percorso di santità è un percorso individuale che va vissuto in un contesto collettivo, perché senza la relazione con l'altro non c'è possibilità di innescare questo importante percorso individuale.

La scoperta di sé e del proprio credo religioso sono interdipendenti, quasi un mutuo condizionamento, perché l'individuo è un valore assoluto.

Dio vuole che l'Uomo compi il suo progetto "irripetibile" ed individuale che però il suo individuale è strettamente correlato all'accettazione con l'altro, con il tu.

Se leggiamo bene i 10 Comandamenti vedremo che essi partono con un "Io sono..." e terminano con "degli altri", ossia si passa da un singolare a un plurale; nella osservanza dei primi dei tre Comandamenti, riservati esclusivamente a Dio, e dei restanti sette di matrice socio-relazionale c'è tutta la gamma di comportamenti che portano diritti diritti alla santità.

In fin dei conti Cristo stesso, come israelita, si professa osservante della "Legge". Egli assumendo la natura umana vive e condivide, come essere umano, ma non come peccatore, la fatica della quotidianità familiare, fino alla morte ed alla morte di croce dove la sua santità troverà la sua massima espressione prima nel perdono di chi lo ha innalzato sulla Croce e poi coll'ultimo respiro, nel completo abbandono in suo Padre, esclamando "tutto è compiuto".

Tutto si è compiuto nella volontà del Padre, nel servizio al prossimo, nel percorrere il suo cammino lastricato di tentazioni fino alla santità, alla santità della Resurrezione. Questo ci addita Cristo soprattutto con l'esempio dei suoi prima trentanni di silenzio, di vita familiare, di frequentazione al Tempio e di osservanza della Legge di Dio.

Semplice, talmente semplice che ci diventa estremamente difficile credere che si possa fare anche noi ogni giorno.

La santità non è eroicità, o meglio è eroicità oggi di fronte ad un imperante relativismo, ad un nichilismo che ci avvolge, ad un effimero che permea in ogni momento facendoci cedere nella facilità della tentazione.

"Io resisto a tutto tranne che alla tentazione" ed allora diciamo che dovremmo accogliere in pieno questa frase che sembrerebbe di primo acchito umoristicamente contraddittoria. Resistiamo sì a tutto, ma a tutto quello che non è tentazione per aiutarci a diventare santi.

Quante volte abbiamo sentito dire ah quella santa donna, oppure ah quel sant'uomo...per indicarne le eroiche virtù di sopportazione delle traversie umane familiari e sociali.

E allora ecco la nostra strada alla santità, la strada della vita quotidiana, dove anche tutti i Santi che oggi ricordiamo hanno camminato immergendosi completamente con anima e corpo avendo davanti alle loro azioni la Parola di Dio.

"La santità, scriveva l'amico Mons. Benvenuto Matteucci, Arcivescovo di Pisa, non è opera dell'uomo, ma dono di Dio che ci unisce a sé mediante i Sacramenti. Noi spesso siamo portati a considerare i Santi in termini sociologici, in senso culturale e storico; a considerarli in un ordine di interesse nostri intercessori. Ma celebrare la memoria dei Santi vuol dire celebrare Cristo e il suo Vangelo, la sua liturgia, la sua obbedienza a Dio Padre; significa affermare il primato dello Spirito in un mondo che segue la logica della carne e del sangue, significa rendere sempre "contemporaneo" N.S.G.C."

Il vangelo non è un'utopia, è una realtà sensibile e praticabile. Non vi è condizione umana che sull'esempio di Cristo, primo Santo, e di tutti i suoi Santi, non sia possibile santificare, poiché oltre all'aspetto puramente teologico della santità vi è un aspetto strettamente antropologico.

Il discorso delle "Beatitudini" presenta concretamente la speranza teologale che anima e deve animare ogni uomo nel suo percorso terrestre, nei suoi comportamenti essenziali che devono avere la capacità di ascolto della Parola e di servizio e attenzione al prossimo nella Chiesa e nella Comunità a partire dalla Famiglia.

"Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei Cieli" (Mt. 5,12), leggendo questo ultimo versetto delle Beatitudini nel vangelo di Matteo il nostro cuore dovrebbe già aprirsi alla gioia poiché il Signore non parla al futuro... Rallegratevi ed esultate, perché grande sarà la vostra ricompensa nei Cieli... ma con quel verbo indicativo presente "è" ci indica che già in questa Vita ci dona la Sua ricompensa che è la nostra salvezza nella visone eterna di Dio Padre-Dio Figlio-Dio Spirito Santo nei secoli dei secoli. Amen.


Domande:

1) Santità e Me stesso: come realizzo nella mia vita personale il mio rapporto di fede e coerenza personale con Dio e la sua Parola

2) Santità e Famiglia: come e quanto mi impegno perché il mio essere in famiglia sia vera espressione di comunione e testimonianza di amore?

3) Santità e Comunità: il mio agire, la mia presenza, il mio servizio nella Comunità civile ed ecclesiale sono "rappresentazioni" per il soddisfacimento del mio io o li vivo come vero impegno di sequela dell'Amore di Cristo?

 

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