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TESTO La Magia di un Incontro

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XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (10/10/2010)

Vangelo: Lc 17,11-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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11Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. 12Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza 13e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». 14Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. 15Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, 16e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? 18Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». 19E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Nel suo cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversa la Galilea e la Samaria e, come spesso succede, incontra dieci lebbrosi. Sia le regioni sia i lebbrosi dicono come Gesù entra in contatto con una realtà di totale emarginazione e abbandono. Infatti nelle due regioni convivevano tranquillamente giudei e pagani dopo la divisione del regno nel 931 a.C. In questo mondo segnato dal dolore e dalla prova entra Gesù con tutto il suo vigore e la sua forza. Bisogna anche dire che la malattia apparteneva ad un universo religioso, ed era considerata una punizione inflitta dalla divinità per i peccati commessi dall'uomo; per cui dalla malattia si poteva uscire solo con l'intervento salvifico di Jhwh. In tale contesto, la presenza di Gesù dice che siamo di fronte alla realizzazione dei tempi messianici. Ma perché tali tempi trovino la loro pienezza e un riscontro positivo nella vita dell'uomo, è importante rapportarsi al Signore con uno spirito di fede.

Infatti nel Samaritano che, anziché andare al Tempio a purificarsi, torna a Gesù bisogna vedere l'uomo che confessa di aver trovato nel Signore il punto di riferimento, il cardine della vita e la stella polare che illumina il suo cammino. Nell'atteggiamento del Samaritano è racchiuso il desiderio dell'umanità che non dovrebbe accontentarsi di assolvere solo ed esclusivamente ad alcuni precetti, ma, incontrato il Signore della Vita, rompe con una tradizione sterile e senza significato e si orienta ad una comunione piena e indissolubile. La fede, per quest'uomo guarito, è relazione personale con Dio, un legame stretto, dialogo profondo, capacità di uscire da situazioni che affondano la vita fino a renderla, spiritualmente parlando, priva di senso... insignificante. Nella presenza di Gesù, che viene in modo preponderante, è da marcare l'intenzione di sollevare l'uomo dalle sue miserie interiori, di liberarlo da una situazione di peccato, fino ad arrivare trasformare il nostro cuore di pietra in cuore di carne (cfr Geremia).

Allora, la fede diviene accoglienza della salvezza operata da Gesù. Tale salvezza non parte da una purificazione esteriore, ma ha interesse a pulire prima di tutto la vita interiore. Una volta che l'uomo gusta e apprezza come è bello stare in sintonia con se stessi e con gli altri, non si preoccupa delle varie vicissitudini presenti nella sua vita; ma la fede gli dice che in queste avversità hanno come compagno di viaggio lo Stesso Gesù, che non ha abbandonato l'uomo a se stesso e al proprio destino, ma si è fatto vicino, lo sostiene e lo cura con il suo immenso e sconfinato amore. La bellezza e la profondità della vita di fede è proprio questa: sapere che accanto a me c'è Qualcuno che mi sostiene e mi incoraggia, lo fa in forma gratuita... solo perché mi ama. Una volta visitati dalla Grazia di Dio, non bisogna stare inerti, ma è necessario rendere grazie al Signore che ha voluto visitare il mondo degli emarginati. Ecco allora che la fede diventa "Rendimento di Grazie". A Dio, che si fa presente in Gesù, si orienta tutta la vita, senza riserve o tentennamenti. In questo modo l'esistenza dell'uomo è la risposta vivente, la testimonianza autentica di ciò che il Signore opera nel mondo degli uomini. "Rendere Grazie" significa iniziare a diventare eucarestia in un mondo dove il bene tarda a venire fuori e a manifestarsi; ma per questo passaggio qualitativo è opportuno vivere (dell') l'Eucarestia. Allora l'uomo di fede trova il suo nutrimento e il suo sostegno nella celebrazione eucaristica, che non è semplice partecipazione a qualcosa che è stato trasmesso e ricevuto in modo freddo e distaccato, ma è convinzione che senza l'eucarestia non c'è possibilità di crescere, maturare e vivere la fede. Per il cristiano l'Eucarestia deve essere, come la Chiesa insegna, il punto nevralgico attorno a cui ruota tutta la vita, la base su cui costruire, ben consapevole che senza l'Eucarestia non si edifica né la Chiesa né la vita... nessun futuro senza Gesù Cristo. Allora, mentre si vive l'Eucarestia si sperimenta come, nel Sacrificio Eucaristico, Dio non smette di amare l'umanità, e nell'offerta del Figlio abbiamo la certezza che Qualcuno ci cerca in modo spasmodico. L'eucarestia diviene l'incontro che riscalda i cuori, scioglie i ghiacciaci del peccato e ossigena i tessuti dell'intero corpo. Il "Rendimento di Grazie" non è altro che un riconoscere come la quotidianità è un dono gratuito dell'amore Dio a cui bisogna aprire la propria vita, in questo modo "L'abisso del cuore aspira all'abisso di Dio" (Angelus Silesius).

È stata questa certamente l'esperienza del Samaritano che l'evangelista Luca oggi mette come icona da imitare.

Buona Domenica!!!

 

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