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TESTO La forza della Parola

don Luca Orlando Russo

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (10/10/2010)

Vangelo: Lc 17,11-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 17,11-19

11Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. 12Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza 13e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». 14Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. 15Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, 16e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? 18Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». 19E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Questo brano ci presenta un'esperienza di condivisione fra dieci lebbrosi, ciascuno dei quali viene da un contesto sociale "normale": una famiglia, una moglie, dei figli, un'attività. Ma ecco che, irrompendo la malattia, dopo essere stati espulsi dalla società per necessità sono costretti a vivere insieme. Cercano di aiutarsi e di tirare avanti alla meno peggio.

All'interno di questo gruppo matura a un certo punto la proposta di andare da un certo Gesù di Nazaret che pare operi guarigioni. Si mette in moto una patetica carovana. Gesù è in viaggio verso Gerusalemme verso la sua passione. Questo incontro con i lebbrosi, incontro con la morte dell'uomo e con una morte collettiva, è già un'esperienza di passione. I lebbrosi si fermano a distanza per rispettare il protocollo che regola le relazioni fra sani e lebbrosi.

Nel grido "Gesù maestro, abbi pietà di noi!", è importante il titolo di ‘maestro'. Vuol dire che questi lebbrosi non lo conoscono diversamente da così. Non lo chiamano ‘profeta'; meno che mai gli danno il titolo di Messia. Sanno di lui quello che hanno sentito dire. Quest'uomo è un maestro, parla delle cose di Dio.

Luca sottolinea che Gesù "Appena li vide" senza stare lì ad accoglierli, a consolarli, a dimostrare loro quanto vuol loro bene, propone immediatamente di presentarsi ai Sacerdoti. Gesù va dritto, spara questa consegna a bruciapelo. Matteo nel cap. 8 ci aveva presentato un Gesù che si avvicina al lebbroso, senza paura, con compassione. Perché Gesù qui si comporta così? Innanzitutto perché va all'essenziale. Poi perché offre immediatamente, senza tergiversare, a questi sventurati il meglio che può offrire. Finalmente - questo è il motivo più importante - Gesù spara questa consegna senza contrattare umanamente e affettivamente con questa gente perché sa che la risposta che l'uomo offre all'amore dipende da quello che l'uomo ha nel cuore, e nel cuore di ogni uomo lavora lo Spirito di Dio. Gesù sa benissimo che questa sua consegna è assurda. Primo perché non sono guariti: come fanno a presentarsi ai sommi sacerdoti, se non sono guariti? Soprattutto quel samaritano, lo impallinano a distanza, senza neppure permettergli di avvicinarsi. E poi non arrivano dai sommi sacerdoti, perché saranno fermati alle porte della città! Non riescono manco ad avvicinarsi alle porte del tempio. Figuriamoci ai sacerdoti! Li bloccano fuori dalle porte di Gerusalemme. E poi, c'è la fatica del viaggio. Non sono mica due passi!

Ma c'è l'altra domanda: come mai i lebbrosi accolgono questa parola? La frase di Gesù - "Andate a presentarvi ai sacerdoti" - suona ai loro occhi come una promessa. Una promessa decisa e coraggiosa, franca, irruente. Cosa vuol dire: andate a presentarvi ai sacerdoti? Vuol dire: voi siete già guariti. Quando la parola di Dio promette, dice una cosa, per il fatto stesso che la dice, quella è già attuale.

Luca non dice che appena si mettono in cammino guariscono. Certo non guariscono prima. Non ci dice neppure che guariscono nel momento in cui si mettono in cammino. Dice: "mentre essi andavano", ‘nel loro andare vennero guariti'. È durante il viaggio che la guarigione si compie, cioè nel corso del loro obbedire alla parola ricevuta.

Dunque, i lebbrosi si saranno anche messi in cammino, borbottando, forse bestemmiando nel loro cuore, imprecando, con il cuore indurito dall'incredulità e la diffidenza. Ma man mano che procedono, queste resistenze si sciolgono. Quando queste resistenze si sono sciolte, allora la loro obbedienza alla consegna di Gesù diventa effettiva. All'inizio la loro è un'obbedienza disobbediente, un'obbedienza a denti stretti, un'obbedienza incredula. Obbediscono giusto il minimo indispensabile per mettersi in cammino, ma non ci credono. Quando l'ubbidienza diviene ubbidiente il dono del Signore irrompe: sono guariti.

Cosa fare? Nove decidono di andare subito dai Sacerdoti. Hanno dei buoni motivi? Sì, hanno dei buoni motivi. Il primo motivo è che la Legge lo prescrive. Quindi, andare a Gerusalemme significa ottemperare alla Legge.

Il secondo è che questa è stata la consegna di Gesù stesso. Se non vanno da Gesù, disobbediscono proprio a lui. A queste ragioni se ne aggiunge qualcun'altra, e cioè la paura che quell'uomo, nel riceverli e nel constatare che sono guariti, chieda loro qualche cosa in cambio.

Ma la vera motivazione è che sotto sotto la maggior parte di questi uomini muore dalla voglia di tornare a Gerusalemme, non per presentarsi ai sacerdoti, ma per tuffarsi nuovamente nel mondo e ricominciare a vivere. Non vedono l'ora di ricominciare a vivere. La lebbra ha sottratto loro cinque, dieci, quindici, venti ... anni. Adesso finalmente si spalancano le porte e non vedono l'ora di respirare la libertà, di tornare a vivere e di rifarsi, recuperare il tempo perduto. Tentare di vivere in fretta, recuperare in fretta tutti gli anni di cui la lebbra li ha defraudati. A tal punto sentono di aver diritto a questo da non riuscire a perdere due, tre, quattro ore, mezza giornata per tornare da quell'uomo e dirgli: "La promessa che ci hai fatto si è avverata, siamo guariti. Grazie". La paura che dire grazie voglia dire perdere tempo e andarci a rimettere qualche cosa, laddove Gesù chiedesse loro qualcosa.

La verità è che l'obbedienza alla Legge diventa l'alibi, il pretesto a cui questi lebbrosi guariti ricorrono per legittimare la loro ansia della vita e il bisogno di emanciparsi dalla gratuità.

Il Samaritano, invece, arriva da Gesù e loda Dio a gran voce! Riconosce che nel servizio a lui reso da Gesù vi è l'intervento di Dio. Perché nessuna parola a questo mondo può dire: "Va' dai sommi sacerdoti" e guarirmi strada facendo, se non viene da Dio.

"Tornò indietro lodando Dio a gran voce; e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo". Ora si può avvicinare. Si getta ai piedi di Gesù quasi ad abbracciarlo per ringraziarlo. E annota Luca, costernato: "Era un samaritano". Come dire che l'accoglienza del dono di Dio viene dai lontani, dai reprobi, invece che dai vicini. "I peccatori, i pubblicani e le prostitute vi precederanno nel regno dei cieli". Non perché Dio li privilegia, ma perché gli ultimi, i reprobi accolgono il dono del Signore, mentre i giusti non ne hanno bisogno e lo rifiutano.

Ma ciò che più conta è che nel suo ritornare da Gesù, il Samaritano fa esperienza di salvezza. Infatti, scopre un dono molto più grande della guarigione e lo scopre attraverso dei segni:

• Gesù, accogliendo il samaritano, rivela il volto di un Dio che non fa preferenze di persone, ma guarda al cuore.
• Gesù non si preoccupa di sé, ma della gloria di Dio.
• Gesù non chiede niente, né prima né dopo la guarigione.

• Gesù ha accettato che gli altri nove non torneranno indietro e non ce l'ha con loro, ma per loro si rammarica.

 

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