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TESTO Accresci in noi la fede!

mons. Gianfranco Poma

XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (03/10/2010)

Vangelo: Lc 17,5-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 17,5-10

In quel tempo, 5gli apostoli dissero al Signore: 6«Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.

7Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? 8Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? 9Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

La liturgia della domenica XXVII del tempo ordinario ci fa leggere solamente gli ultimi versetti (Lc.17,5-10) di un brano (Lc.17,1-10) con cui si conclude la seconda tappa del viaggio di Gesù verso Gerusalemme (Lc.13,22-17,11): si tratta della sintesi di ciò che Gesù chiede ai suoi discepoli come risposta alla proposta di entrare nel progetto del Padre che è di fare dell'umanità una famiglia raccolta attorno all'unica mensa, dove si sperimenta l'amore, la condivisione, la fraternità, dove i primi posti sono riservati agli ultimi, perché non sono i meriti che danno diritti particolari ai migliori, ma solo la gratuità della misericordia del Padre rende il cuore di chi si lascia amare capace di gustare la gioia e la bellezza della mensa comune. Così, il cammino verso Gerusalemme lascia intravedere "la grande gioia" (Lc.24,52) che è la meta alla quale Gesù vuole condurre i suoi discepoli., ma alla quale si arriva solo passando attraverso la croce. La seconda tappa del cammino che Luca ci ha fatto percorrere con Gesù in queste ultime domeniche ha precisamente questo scopo: annunciarci che siamo chiamati ad una vita bella quale solo l'amore ci fa gustare, ma occorre credere l'Amore, avere il coraggio di scelte radicali per liberarci dall'idolatria dell'attaccamento a noi stessi e alle nostre ricchezze che, illudendoci, conducono solo alla infelicità e alla tristezza.

Il brano con cui Luca chiude questa tappa del cammino ci cala nel vissuto della sua comunità, rendendoci partecipi delle difficoltà concrete che essa incontra nella sua esperienza di fede e ci educa in questo modo ad affrontare le nostre, senza paure, mostrandoci come proprio attraverso le nostre crisi passa l'esperienza dell'Amore che ci cambia la vita.

Certo, per una corretta lettura del brano, dovremmo poter conoscere esattamente le situazioni in cui si trova a vivere la comunità cristiana di Luca. E' importante comunque ricordare che il Vangelo non è mai riducibile ad un trattato teorico di morale, ma è la testimonianza di una comunità che vive la fede in un contesto concreto.

"Disse ai suoi discepoli": comincia così il cap.17 di Luca, rivolgendosi ai "discepoli" di Gesù, quindi all'interno della comunità e non più agli "scribi e farisei".

"E' inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per il quale avvengono. E' meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi. Se il tuo fratello commette una colpa, rimproveralo; ma se si pente, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: "Sono pentito", tu gli perdonerai". Questi versetti omessi, purtroppo, dalla lettura liturgica di questa domenica, sono di una importanza essenziale per illuminare il cammino di fede della comunità cristiana e sono di un altrettanto raffinata profonda precisione: la loro lettura richiede una particolare attenzione. Si parla di scandali come inevitabili: è indice del realismo concreto della vita della comunità cristiana. Lo scandalo è l'ostacolo in cui si inciampa e si cade: Luca parla di atteggiamenti precisi di alcuni che nella comunità con il loro comportamento ostacolano l'esperienza della fede di coloro che hanno un desiderio e un bisogno grande di sperimentare l'amore del Padre. E sottolineando la gravità del comportamento di chi è responsabile degli scandali, tanto da dire: "è meglio che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato in mare", insiste: "State attenti a voi stessi". Questo richiamo alla responsabilità rivolto alla comunità ("voi stessi"). collega la forte denuncia degli scandali e delle persone precise che ne sono la causa, con la risposta che la comunità credente è chiamata a dare: l'attenzione rivolta verso se stessi è la premessa necessaria perché la comunità affronti il problema nell'autenticità di una viva esperienza di fede. "Se il tuo fratello commette una colpa, rimproveralo...": il rapporto fraterno è la condizione normale ed essenziale di coloro che condividono la fede in Gesù. L'autenticità del rapporto fraterno permette la chiarezza costruttiva, anche dura, tra coloro che si amano: l'amore diventa richiamo, diventa perdono, che è l'amore al livello più alto, capace di fare nuova la persona che ha commesso anche il peccato più grave. Il perdono è il rapporto interpersonale più preciso, è l'amore senza limite: è l'Amore che caratterizza la vita della comunità cristiana, che muove il discepolo che ha creduto in Gesù che ha amato fino al dono totale di sé, che ha perdonato i suoi crocifissori. Solo chi si lascia perdonare da Gesù sa che cosa è il perdono e impara a perdonare.

"Accresci in noi la fede": chi partecipa della vita della comunità cristiana, condivide la fragilità, la complessità, il limite, sperimenta quanto sia impossibile alle forze umane vivere l'Amore di Cristo. La bellezza della esperienza da Lui proposta diventa solo un sogno se lasciato all'iniziativa umana, se la comunità cristiana diventa solo una esperienza psicologica o sociologica: "aumenta la nostra fede" è la preghiera che sgorga dal cuore di chi impara a credere e a vivere la fede nella concretezza della quotidianità della vita. Ma la risposta di Gesù è pure illuminante: non si tratta di avere una fede più grande. E' anche questa una illusione, pensare che una fede "più grande" produca effetti più grandi: solo una logica umana pensa di poter misurare gli effetti della fede. Gesù chiede solo la fede, l'abbandono in Lui: essenziale è credere, non credere molto. La fede opera come tale, al di là di ogni nostro desiderio di verifica. La fede cambia i cuori, sposta le montagne, sradica i gelsi.

E ancora: la logica della comunità cristiana non è quella del potere umano, di qualsiasi tipo si tratti, potere della ricchezza, potere dell'intelligenza, potere della forza, potere della politica. Luca in tutto il suo Vangelo ci parla della logica di Dio, che è la logica del capovolgimento dei valori: Dio fa grandi cosa in chi è piccolo, depone i potenti dai troni ed innalza gli umili. La logica della comunità cristiana è la fraternità, l'amicizia, il servizio: è ancora la logica della fede. La forza della comunità è il Signore risorto, il servo di Dio che ha offerto la sua vita per tutti gli uomini: il servizio nella comunità cristiana è la continua memoria del dono di Cristo al Padre perché tutti gli uomini vivano della vita di Dio. Servizio al Padre per i fratelli è l'esercizio dell'autorità nella comunità: ogni persona in diversi modi esercita un'autorità. Ognuno nella comunità deve sentirsi solo "servo" di Dio per i fratelli: il coraggio di abdicare ad ogni forma di dominio, della spogliazione dal proprio egoismo, di imporre se stessi agli altri, per essere servi gli uni degli altri, è la via che rende possibile la gioia della vita nuova in Cristo.

 

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