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TESTO Servi inutili

mons. Roberto Brunelli

XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (03/10/2010)

Vangelo: Lc 17,5-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 5gli apostoli dissero al Signore: 6«Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.

7Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? 8Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? 9Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Due temi si intrecciano nel breve brano evangelico odierno. Il primo è quello della fede, anzitutto per ricordare come, a differenza dei beni materiali che si hanno o non si hanno, il bene sommo della fede sia qualcosa di impalpabile e oscillante; va e viene secondo gli umori e le circostanze; talora risplende, guidando i pensieri e i comportamenti, ma talaltra evidentemente si oscura, se pensieri e comportamenti non sono in linea con il vangelo. Di qui la domanda formulata un giorno dagli apostoli: "Signore, accresci in noi la fede!" La desideravano più solida, più chiara, rendendosi conto che con la fede si trova in Dio la forza necessaria ad affrontare le delusioni, le avversità e ogni altra tribolazione, così come il rischio di smarrirsi tra le mille tentazioni, interne ed esterne, della vita presente; con la fede si può superare l'egoismo e vivere l'amore autentico; solo con la fede si ottiene nella vita ventura la salvezza. Perciò, quanto più la fede è solida e chiara, tanto meglio; e dunque la preghiera degli apostoli dovrebbe divenire preghiera quotidiana di tutti i cristiani, consapevoli della comune fragilità.

Il secondo tema è introdotto dalla breve parabola di un padrone esigente e insensibile, che pretende da un suo sottoposto un servizio instancabile; e si conclude con espressioni inquietanti: il padrone "avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? Così anche voi, quando avrete fatto tutto ciò che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare".

Chiaramente quel padrone è Dio, e l'immagine che ne risulta contrasta con le innumerevoli altre espressioni di Gesù, il quale presenta Dio come un Padre, anzi il più amoroso e premuroso dei padri. Per capire, bisogna ricondursi alle concezioni religiose di coloro ai quali Gesù parlava: essi pensavano che, se un uomo osserva la Legge di Dio, Dio "deve" contraccambiare (dandogli benessere, lunga vita, vittoria sui nemici e così via). Con il suo raccontino, invece, Gesù spiega che il rapporto tra Dio e l'uomo non è come quello tra un datore di lavoro e i suoi dipendenti, oggi tutelati dal sindacato e giustamente pronti a scioperare se il padrone non rispetta il contratto; né come quello tra i due contraenti di un patto, in cui uno ha il diritto di reclamare se l'altro non fa la sua parte. Il rapporto tra Dio e l'uomo somiglia piuttosto a quello tra due amici, tra due sposi, insomma tra persone che si amano e per il bene l'una dell'altra fanno tutto il possibile, senza stare a guardare l'orologio, senza sbandierarlo ai quattro venti, senza esigere medaglie di riconoscimento.

Un impegno senza limiti e senza fine? Sì, perché non si può essere cristiani a intervalli; la fede e l'amore per Dio non possono conoscere "vacanze" durante le quali li si mette da parte, così come anche in vacanza il cuore batte, gli occhi vedono, e non si interrompe il respiro. Senza poi dimenticare che vivere "come Dio comanda" è nel vero interesse dell'uomo, e se l'uomo lo può fare è perché Dio stesso gliene ha dato la possibilità: gli ha dato l'intelligenza, il tempo, le forze. In questo senso "siamo servi inutili": l'espressione non ha l'apparente senso dispregiativo; vuole soltanto affermare il primato di Dio, dal quale nulla si può esigere perché, se viviamo "secondo Dio", a bene guardare ci limitiamo a rendergli - e solo in parte - quanto egli, con sommo amore, ci ha donato. Crederlo (per poi di conseguenza viverlo) è fondamentale; di qui la domanda, degli apostoli come di ogni cristiano consapevole, "Signore, accresci in noi la fede!"

 

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